Mentre mi chiudo la porta alle spalle, avverto il sapore salato delle lacrime poggiarsi sulle mie labbra aride, infiltrandosi fin dentro la bocca e mi vergogno di me stesso. Senza voltarmi, ma con la speranza di esser seguito da Clara, mi precipito giù dalle scale, lasciando appositamente il portone aperto. Spero cambi idea e scenda per abbracciarmi e dirmi che è stato solo un brutto scherzo, ma non è così e quando scorgo un taxi avvicinarsi, gli faccio segno di fermarsi e salgo, diretto dagli zii. Fa davvero freddo e quando, subito dopo aver pagato il tassista, metto piede fuori dal veicolo, i peli mi si rizzano sulle braccia semiscoperte. Non credo sia giusto tornare a quattro zampe dall'uomo che ha creduto fossi un assassino, ma in fondo ritengo essere l'unico posto in cui possa sentirmi realmente a casa. Così tra congetture, ripensamenti e freddo, poggio il dito sul piccolo campanello. Le luci al piano di sopra, precedentemente spente, si accendono e riversano il loro colore sul giardino di sotto. Il rumore di passi è sempre più acuto fin quando, sulla soglia si staglia la figura esile di Lara, in pigiama ( shorts e canotta larga).
<< Cuginetto, finalmente a casa>> urla entusiasta, gettandosi sul mio collo e quindi facendo cadere i borsoni per terra.
<< Sono qui perchè sono...>> non riesco a terminare il discorso che una voce familiare, distoglie l'attenzione di mia cugina che si volta e si copre le guance con le mani. Richard è in boxer sulla rampa di scale. Dall'aspetto di Richard, deduco l'assenza degli zii.
<< Lara, sono tornati i suoceri?>> sbraita, ubriaco fradicio.
<< Forse ho scelto il momento peggiore per ritornare>> sussurro, manifestando la voglia di andarmene.
<< Non ce n'è bisogno Gabriele, i miei sono in campeggio e quel coglione sulle scale è ubriaco>>
<< E innamorato>> strepita, ancora in cima alle scale, ridendo fragorosamente. E' proprio ubriaco.
Entro in casa e poggio i bagagli all'entrata. Non ho nè la voglia, nè le forze per restare un minuto in più fuori, in una città che non sento nemmeno mia, in balìa del gelo.
<< Gabry, domani mi racconti ciò che stavi per dirmi, prima che Rich ci interrompesse.>> mi dice, salendo le scale, lanciando sguardi di fuoco al fidanzato.
Così, resto sul divano e con la sola compagnia di un documentario sui serpenti, in tivvù. La voce del giornalista è come un'eco che rimbomba nelle mie orecchie e il suo aspetto mi fa rammentare il padre di Clara e di conseguenza lei. Lei, con i suoi occhi verdi, da pochi giorni a questa parte incupiti da agitazione e timore. Come posso esser stato così stupido da non accorgermi di nulla? Forse ha ragione lei quando dice che è avvenuto tutto troppo velocemente, ma non ce l'ha quando nega l'indifferenza che prova per quel ragazzo. E' stato lui la causa di ogni nostro problema e ne sono quasi sicuro, mi scervello, ipotizzo, metto in piedi piani che in realtà non hanno neanche delle buone fondamenta e piango, piango senza accorgemene fin quando non mi sfioro le guance e i polpastrelli si imperlano di lacrime. Mi alzo dal divano e cerco a tentoni lo scaffale delle patatine. Il pulsante della luce si trova dall'altra parte della stanza e non ho la voglia di fare venti mattonelle, quando ne posso fare dieci a tentoni. Lo so, sono strano ma ormai non ho più nulla da perdere.
Trovo un pacchetto mezzo vuoto di pringles al formaggio e proprio quando sto iniziando a rilassarmi, il frastuono di un letto che sbatte contro il muro e i versi di un orgasmo che diventa sempre più intenso ad ogni morso di patatina, mi fanno perdere la calma. Mi rialzo nuovamente dal mio giaciglio e dopo aver preso le chiavi, mi immergo nel freddo pungente di una notte d'estate newyorkese. Era inevitabile ritrovarmi di nuovo per strada e quella piccola speranza di rimanere in casa, è stata rimossa dal divertimento di mia cugina e Rich. Nella foga del momento, non ho neanche indossato una felpa e sto letteralmente gelando. Le mie gambe camminano ignare della meta e giungo dinanzi un vicoletto stretto, illuminato da lanterne postate alle pareti laterali. La strada è costeggiata da tavolini di legno, con sù boccali di birra e bottiglie di vino vuoti. Imbocco questo vicolo delle tentazioni ed entro in una piccola porticina, sopra la quale compare l'insegna "TAVERNA BUBBLES". Sono costretto ad abbassare la testa per entrare e mi ritrovo in un locale sotterraneo illuminato flebilmente, con uomini intenti a scommettere le loro fortune a biliardo o a poker. Ogni uomo ha una donna seminuda, che gli entra le mani fin dentro le camicie e si lascia toccare violentemente. Di tutti i posti che potevano esistere, ho scelto una taverna in nero. Avanzo e l'odore di droga e alcool si fa sempre più intenso, fin quando mi ritrovo in una piccola saletta popolata da prostitute e un uomo seduto di spalle. A causa dell'inebriante nube di fumo, distinguo solo una chioma bionda e una camicia rossa gettata per terra. Non è il posto giusto e non ho voglia di rimanere un attimo in più in questo covo di folli. Faccio per voltarmi e mi ritrovo due seni tondi di fronte agli occhi.
<< Ehi bell'uomo, quanto sei disposto a pagare per questo corpo>> mi dice una donna, dalla cui bocca fuoriesce puzza di alcool e di marcio.
<< No grazie>> le dico, voltandomi ancora una volta dietro, prima di uscire.
I miei occhi non credono a ciò che vedono. Quel ragazzo che ha accompagnato Clara a casa è qui, a spassarsela con delle donnacce. Mi volto nuovamente e la donna di prima è ancora piazzata lì, come in attesa di una risposta.
<< Questo bell'uomo trascorrerà qui la notte con te>> gli dico, facendole abbozzare un sorriso malizioso. Non ho neanche denaro con me, quindi spierò questo Nate con la scusa della prostituta e alle prime luci dell'alba me la darò a gambe levate.
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Quei 91 giorni #Wattys2017
RomantizmGabriele, sedicenne italiano decide di trascorrere le vacanze estive dagli zii, a New York. Qui fa la conoscenza di Clara, una ragazza italiana di diciotto anni per la quale perde la testa. Tutto va avanti per ben novanta giorni anche se con qualche...