Capitolo 13

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Era stancante continuare a pensare come mai Jack fosse scappato da casa mia quella mattina.
Passarono due settimane e non ebbi nessun messaggio, nessuna spiegazione. Niente di niente.
Ma in fondo non potevo arrabbiarmi, cosa mi aspettavo?
Ti aspettavi  il Jack che ti aveva soccorsa e portata a casa.
Non è vero.
Ti aspettavi il Jack che ha dormito con te.
Non è vero.
Ti aspettavi il Jack che ti piace.
Altrettanto stancante era lottare con la mia coscienza, avevo bisogno di staccare.
Mi alzai dal letto in cui mi ero rintanata da giorni ormai, e decisi di fare una telefonata.
"..."
Rispondi ti prego...
"-Pronto?
-Astrid!
-Elsa! Ma che fine hai fatto? Non ti si vede in giro da secoli.
-Non esagerare, sono passati solo pochi giorni.
-Sono stati anche troppi.
-Ti va di vederci? Al parco tra mezz'ora.
-Ci sarò tesoro."
Almeno lei mi capiva, lei poteva starmi vicino.
-Anna io esco!
Entrai nella camera di mia sorella e la vidi sommersa da libri e appunti.
-Che diavolo stai combinando?
-Algebra. Una parola una catastrofe.
-Fammi indovinare, insufficienza col professor Eric?
-Esattamente. Ma non è colpa mia, come fai a concentrarti se lui ha due occhioni azzurri enormi?
Mi misi a ridere, il professore di matematica di Anna era poco più grande di me, ed era davvero un bel ragazzo.
-Pensa ai numeri, io vado da Astrid.
-Divertiti tu che puoi.
Uscii di casa sorridente, era una bella giornata, in cielo non c'erano nuvole, eppure una leggera brezza scacciava l'afa di cui tutti si lamentavano.
Camminai verso il parco tranquillamente, godendomi ogni particolare che poteva offrirmi la piccola cittadina in cui vivevo.
Mi soffermai particolarmente sul dolce profumo delle ciambelle che si intravedevano nella vetrina di una piccola pasticceria.
Scommetto che ti sta venendo fame.
Sicuramente proporrò ad Astrid di mangiare qualcosa, stamattina non ho fatto nemmeno colazione.
Entrai nel cuore verde della città e subito mi parve di essere in un altro luogo.
Alberi, aiuole e fiori regnavano in quel piccolo pezzo di mondo che sembrava fatto su misura per quelle anime come me, bisognose del ristoro della solitudine o di qualche chiacchiera in tranquillità.
Non fu difficile individuare Astrid, la sua lunga treccia bionda era inconfondibile.
-Hey Els!
-Mi aspettavi da molto?
-No, sono appena arrivata, ma ho fatto il giro dal lato Ovest vicino al laghetto. Ci sono degli anatroccoli stupendi!
-Per te ogni animale è stupendo.
-Lo so, ma loro lo sono particolarmente.
-Non ti smentisci mai, sei sempre la solita.
-E ti dispiace?
-Per niente, sai che ti adoro così come sei.
-Oh lo so bene, come fai a non adorarmi?
Si mise una mano sul petto parlando in maniera teatrale e io scoppiai subito a ridere.
-Ti conviene smetterla?
-Perché? Sono riuscita a farti sorridere? Quale grande crimine...
Le diedi una leggera spinta sulla spalla e anche lei scoppiò a ridere con me.
-Ne avevo davvero bisogno.
-Lo so Els, lo so...
-Non lo facevamo da un po'.
-Mi dispiace, ne hai passate tante e dopo la festa non volevo mandarti in panico ancora di più.
-Ti ringrazio...
Mi voltai e vidi che un venditore ambulante di Gelati si era sistemato poco distante da noi.
-Conosco quello sguardo.
-Non ho fatto colazione.
-Come sempre... Non ho parole.
In realtà tempo fa hai fatto colazione... Quella preparata da lui.
-Tu vuoi dirmi che a te non va un gelato?
-Ovvio, ma a differenza tua io ho fatto colazione.
-Già, sei solo un pozzo senza fondo.
-Tu si che mi conosci.
Mi sorrise ed io ricambiai, stavo per alzarmi per andare a prendere i gelati ma lei mi fermò.
-Ferma, vado io. Non sia mai dovessi svenirmi in questi due metri non me lo perdonerei mai.
-E da quando sei così premurosa?
-Oh, ma da sempre. Allora, Menta e Limone?
-Mi conosci.
Prese i soldi e si diresse verso il gelataio.
Chiusi gli occhi e poggiai la testa alla panchina su cui ci eravamo sistemate prima ed inspirai a pieni polmoni quell'aria pura che profumava di viole e ciclamini.
Sorrisi instintivamente pensando a quanto fossero speciali quelle piccole cose, in fondo non serviva molto per essere felici.
Ad un tratto due mani mi coprirono gli occhi e subito mi drizzai andando in panico.
Ma il tocco era delicato, non voleva farmi del male.
-Indovina chi è...
Quella voce... Avresti dovuto capirlo dal profumo.
-Jack...
Mi ritrovai semplicemente a sussurrare, ma a quanto pare lui mi sentí ugualmente.
-Speravo di essere meno prevedibile.
Mi voltai verso di lui e lo vidi grattarsi la nuca con la mano destra.
Mamma mia...
Non potevo non ammettere l'effetto che mi provocava, e a riprova di ciò le mie guance si tinsero di un lieve rossore prima che mi imponessi di essere fredda e calcolatrice come al solito.
-Cosa ci fai tu qui?
-Cosa vuoi che faccia in un parco?
Il suo solito tono ironico era insopportabile.
In realtà ti è mancato.
-Sono venuto con Hiccup.
-Capisco.
Mi voltai e vidi Astrid che parlava con Hic mentre teneva in mano due coni, erano così belli insieme, felici.
Come vorresti esserlo anche tu.
-Senti Elsa...
Distolsi lo sguardo dalla coppia e mi voltai verso Jack.
-Si...?
-Mi dispiace per non essermi fatto vivo...
-Nessun problema.
-No senti...
Sembrava in imbarazzo, visibilmente a disagio. Dov'era la sua sicurezza?
-Ascoltami, non fa nulla.
-Hey... Guardami... Per favore.
Puntai i miei occhi nei suoi e immediatamente una scossa mi percorse tutta la spina dorsale.
-Mi dispiace Elsa, ho avuto un problema serio, ma mi dispiace.
Sembrava davvero triste e io gli credetti all'istante.
-Non è successo nulla Jack, va tutto bene.
Lui mise la sua mano sulla mia e la strinse leggermente. Il mio controllo tornò da dove era venuto, lasciando spazio alle gote arrossate e ad un lieve tremore.
-Elsa ecco il tuo gelat... Ops... Scusate ragazzi.
Tolsi immediatamente la mano da quella del ragazzo e mi voltai verso Astrid.
-Finalmente, pensavo di riceverlo già sciolto.
-Come sei pignola, intanto è arrivato.
Mi fece la linguaccia e iniziò a mangiare il suo cono.
-Hey Els!
-Hiccup!
Mi alzai e lo abbracciai, il rapporto fraterno con lui non poteva essere messo a repentaglio per un suo amico complicato.
-Non prendertela con Astrid, la sua distrazione è stata colpa mia.
-Cercherò di tornare alla mia tranquillità grazie al mio gelat...
Mi voltai verso Astrid per prendere il mio cono e lo vidi in mano a Jack.
-Menta e Limone?
-Dammelo.
-Sono i miei gusti preferiti.
-Sto aspettando.
Mi guardò e sulle sue labbra affiorò un sorrisetto quasi malvagio. Alzando un sopracciglio avvicinò il mio cono alla sua bocca e lo assaggiò.
-Hic, ora lo ammazza.
-Dovresti tenerla...
Cercai di contare fino a dieci, respirare, mantenere tono e dignità ma oramai era inutile.
-Cosa hai fatto?
-Volevo provarlo.
-COSA HAI FATTO?
Lo vidi quasi spaventarsi prima di far tornare quell'odioso ghigno sulle labbra.
-Dammi. Il. Gelato.
-Tieni tesoro.
Mi diede il cono e lo afferrai quasi con rabbia.
Mi voltai verso la mia amica, dovevo evadere.
-Grazie per il tempo passato insieme, ti scrivo io.
Me ne andai senza dire una parola mentre assaporavo i due gusti freschi.
Non doveva farmi arrabbiare, prendermi in giro davanti ai miei amici. Non doveva permettersi. Ma chi si crede di essere? Prima fa il dolce, poi sparisce, poi si scusa e poi fa il cretino.
Sai cosa Jack? Tu e l'altalena di emozioni che ti porti dietro avete chiuso con me. Chiuso.
Ci stiamo credendo tutti.
Buttai il tovagliolino oramai sporco e la solita maschera fredda riprese il suo posto, eliminando qualsiasi traccia di rossore sul volto.
Stavo per arrivare all'uscita del parco quando mi sentii chiamare in lontananza, ma non mi voltai nonostante il rumore inconfondibile di qualcuno che mi correva dietro.
Non mi voltai nemmeno quando sentii chiaramente il nome "Elsa".
Non mi voltai nemmeno quando Jack posò una mano sulla mia spalla dopo avermi raggiunta.
-Cosa vuoi?
-Elsa... È mezz'ora che cerco di fermarti.
-Hai qualche problema?
-Hey...
La mia voce era glaciale, quasi robotica, ma non potevo concedermi altro.
-Elsa...
-Dimmi Jack.
-Stavo solo scherzando...
-Certo, era chiaro.
-Non volevo farti arrabbiare. Io non ti conosco bene, so poco su di te. Non potevo immaginare che ti desse fastidio.
-Non potevi saperlo.
-Ma avrei dovuto essere più delicato... Ho fatto il cretino e lo ammetto, ma mi dispiace, non avrei dovuto. Non con te.
Mi stava scaldando il cuore, ma non potevo cedere così. Mi sarei solo fatta male.
O forse no
-Voglio portarti in un posto. Ora.
-Ho da fare Jack.
-No. Devi venire, devo farti capire molte cose. Non puoi fidarti di me se non sai tutto.
-Non importa.
-A me si. Tu non ti fidi di nessuno, ma con me stavi iniziando a farlo e non voglio buttare tutto all'aria. Voglio che ti fidi di me.
Mi guardava fisso negli occhi, era sincero, palesemente sincero e anche preoccupato che io fossi irremovibile.
E avrei dovuto esserlo.
Avrei dovuto andare a casa e toglierlo dalla mente. Me lo ero promesso.
E invece annuii con la testa e mi lasciai prendere per mano e farmi portare verso la sua macchina.
Io te lo avevo detto.

Angolo autrice.
Salve a tutti!
, sono tornata con più tempo, più idee e magari anche più sicurezze o incertezze... Non si sa mai dove ci porta la vita.
Mi dispiace davvero per la mia assenza, ma ho dovuto ricercare la mia pace interiore e senza di essa Elsa non poteva andare avanti con la sua storia.
Fatemi sapere cosa pensate del capitolo. Secondo voi quale segreto sta per svelare Jack?
E soprattutto, Elsa riuscirà a fidarsi?
Spero di scoprirlo presto con voi.
A presto!
Kat.

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