Capitolo 18

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-Non devi continuare se non vuoi.
-Mi hai chiesto tu di parlarti di lui.
-Elsa... hai le lacrime agli occhi. Non credo tu possa continuare.
-Ce la faccio.
-Allora riprendiamo dall'appuntamento...
-Sì...

Ero avvolta dal suo abbraccio e sembrava passata un'eternità prima che lui ricominciasse a parlare.
-Non farlo più...
-Che cosa?
-Tornare a come eri quando ti ho rivista da Astrid, non farlo più.
-Io oramai sono così Jack.
-No, tu ti stai imponendo di essere così, ma non lo sei.
-Devo esserlo.
-Non riesco a capire...
-Fammi raccontare allora.
Mi staccai da lui e mi alzai da quella panchina, prima di parlare cercai di prendere quanta più aria in corpo. Chiusi gli occhi e quando li riaprii puntai il mio sguardo sulle stelle.
-Quando ero piccola ho sempre sognato di diventare una violinista. Guardavo i concerti in televisione ed ero affascinata da quel mondo, la musica, i teatri... lo desideravo davvero tanto e i miei genitori erano fieri di questa mia ambizione. Iniziai con le lezioni di musica e subito capii di essere portata per quello strumento, ma i patti con i miei genitori erano chiari, per continuare con la mia passione non avrei dovuto trascurare i miei studi scolastici. Mi impegnavo davvero tanto, ho sacrificato molto in quel periodo, ma stavo per raggiungere ciò che avevo sempre desiderato. Arrivata all'ultimo anno di Liceo sapevo già cosa fare, avrei continuato col Conservatorio e sarei diventata una grande violinista.
Sorrisi amaramente, ricordare quei tempi mi lasciava spesso una nota acre in bocca. 
-A scuola ero una delle migliori e anche nella mia classe di strumento mi distinguevo da tutti. Questo mi rendeva arrogante e piena di me, e spesso anche molto egoista. Pensavo di poter fare tutto perché avevo passato gli anni della mia infanzia a lavorare duramente, quindi credevo che tutto mi fosse dovuto. Ero brava, e volevo il meglio, sempre.
Mi fermai un attimo cercando di mettere insieme le parole per raccontare di quel giorno... quel maledetto giorno.
-Siediti con me.
-Devo farlo in piedi...
Jack si avvicinò alle mie spalle e mi strinse da dietro lasciandomi un leggero bacio sulla testa.
-Continua...
-Era Maggio... la scuola stava per terminare e io avevo già finito le interrigazioni. Il mio maestro di violino mi aveva detto che ci sarebbe stato un concerto molto importante e che mi avrebbe presentata ad un suo collega che faceva il concertista e che sicuramente mi avrebbe aiutato ad organizzare il mio primo e vero concerto. Io ero emozionata e piena di gioia, non vedevo l'ora di presentarmi in quel teatro. Tornai a casa dai miei Genitori e gli raccontai tutto, ma la reazione non fu quella che mi aspettavo. Mi dissero che sarebbero dovuti partire per un convegno importante, loro erano entrambi medici, e che non avrebbero potuto essere lì con me. Impazzii, letteralmente. Iniziai ad urlargli contro dicendo che non capivano i miei sogni e che per me quell'incontro sarebbe stato fondamentale. Sono corsa in camera mia e mi sono chiusa là dentro, loro intanto dovevano già preparare le valigie e correre in aeroporto. Non li salutai nemmeno quando varcarono la porta di casa. Ero arrabbiata. Dopo 30 minuti mi arrivò una telefonata da parte di mia madre e io risposi, mi disse che stavano tornando indietro e che io ero più importante di qualsiasi convegno perché mi amavano ed ero la loro bambina, la loro piccola stella.
Le lacrime mi sgorgavano dagli occhi e sentivo un groppo in gola. Nessuno sapeva di quella telefonata, era la prima volta che riuscivo a parlarne e sentivo in testa la voce di mia madre pronunciarle.
-Respira... puoi fermarti.
-No... va bene.
Mi strinse più forte e mi riparava dal vento col suo corpo.
-...Io ero ancora furiosa e feci quello che mi riusciva meglio, la bambina viziata. Volevo che si sentissero in colpa e divenni cattiva, gli dissi che erano solo degli ipocriti e che non lo facevano per me, ma per una loro soddisfazione personale. Urlai contro il telefono dicendo che anche se fossero tornati... da me avrebbero avuto solo odio. E spensi il cellulare. Lo riaprii... solo quando era ormai sera e trovai diverse chiamate perse. Decisi di richiamarli, anche perché a quell'ora avrebbero già dovuto essere a casa. Quando una voce maschile mi rispose, rimasi di sasso. Non capii nulla, riuscii a percepire solo le parole "Mi dispiace molto signorina." Fu un attimo, chiamai il primo taxi disponibile e mi precipitai in ospedale. Era troppo tardi. Incidente frontale a causa di un camion che aveva tentato un sorpasso pericoloso.
Loro erano morti, entrambi. E l'ultima cosa che gli avevo detto era stata orribile e piena di cattiveria. Loro avevano fatto quell'incidente per i miei capricci, per tornare a casa, per colpa mia. Solo per colpa mia.
Ho ucciso i miei genitori Jack, e ne ho fatto pagare le conseguenze anche ad Anna che ha dovuto passare la sua adolescenza senza una madre e un padre. Sono una persona orribile e mi odio ogni giorno per quello che ho fatto. Non riesco a guardarmi allo specchio e l'unica cosa che sogno ogni notte è il loro corpo coperto da un lenzuolo. Ti prego... non odiarmi...
Non riuscii più a pronunciare nemmeno una parola, mi lasciai andare e piansi le lacrime che avevo trattenuto in tutti quegli anni, ma sapevo che dopo questa rivelazione se ne sarebbe andato. Sapevo che non avrebbe potuto accettare il peso che mi portavo sulle spalle. Sapevo che i miei sensi di colpa avrebbero allontanato anche lui.
-Non potrei mai odiarti.
Rimasi di sasso. Era ancora lì, mi stava ancora stringendo a sé e cercava di calmarmi.
-Sono un mostro.
-Non è vero.
-Provoco solo dolore.
-Non è vero.
-Dovresti andartene.
-Non è vero.
Mi voltai verso di lui e incastrai i suoi occhi nei miei.
-Perché?
-Perché sei come me. Perché non posso lasciarti da sola. Perché mi hai permesso di guardare sotto la tua maschera. E perché la tua fragilità, il tuo dolore e quello che credi essere un difetto, non fa altro che spingermi a volerti tenere per sempre fra le mie braccia per farti capire che ti stai sbagliando.
-Jack...
-Elsa.
-Non voglio che tu te ne vada.
-C'è voluto molto per fartelo ammettere.
Sorrisi e mi sciugai le lacrime cercando di pulirmi dal trucco.
-Vieni, ti porto a casa.
Mi tese la mano e io la afferrai intrecciando le dita con le sue. Mi sentivo bene, nel cuore avevo un peso in meno e un battito in più.

Spazio Autrice.
Non mi uccidete vi prego. Sono tornata dopo sei lunghi mesi.
Pensavo di abbandonare la storia, non avevo più idee e l'Università non porta poi così tanta ispirazione. Ma Elsa e Jack meritano un finale, non posso lasciare le cose incomplete.
Mi dispiace davvero tanto di essere sparita, ma ringrazio comunque chi ha letto questa storia e chi ha commentato. Sono arrivata a più di 4.000 letture e non avrei mai pensato di raggiungere un traguardo simile. Grazie davvero e vi chiedo ancora scusa.
A presto, Kat.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 18, 2018 ⏰

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