Capitolo 10: Una Bella Chiaccherata.

165 12 0
                                    

-Ci vado io!-
-No lo ha chiesto a me!-
-Non è vero smettila di metterti in mezzo Am!-
-Si invece e tu smettila di contraddirmi sempre Lia!-
-Basta! Andate tutte e due!- esclamò Jessika.
-Va bene- risposero in coro e a testa bassa Am e Lia, uscendo dalla stanza.

Qualcuno bussò alla porta.
-Avanti-
-Ci sono Amatis Jonson e Amelia Muller che vogliono vederla- disse Lylian.
-Le faccia entrare- continuò -Con quale onore siete venute a farmi visita?-
-Salve signor Corteus, siamo qui per Jessika- disse Am imbarazzata.
-Oh, non sta bene?- chiese il signor Corteus alle ragazze.
-Secondo lei?! È triste, ma siamo qui per un'altra questione. La sua punizione è finita o deve fare la carcerata per il resto della sua vita?!- disse Lia.
Corteus la guardò con la bocca aperta.
-Lia!- bisbigliò Am tirandole una gomitata.
-Che c'è?- le rispose sempre bisbigliando Lia.
Corteus si alzò in piedi e disse -Andate a chiamarla, e ditele di venire nel mio ufficio. Lasciatela venire da sola-
-Da sola?! Lei mette ansia non possiamo lasciarla da sola!- sbraitò Amelia.
Amatis la prese per un braccio e la trascinò fuori dall'ufficio del Preside
-Andiamo Lia...arrivederci signor Corteus-

-Vuole parlare con te, da solo...vuole che vai la senza nessuno- disse Am.
-Che stronzata- disse Lia.
Jessika stava camminando verso la fermata dell'autobus che l'avrebbe portata in cima alla collina, dove alloggiava Corteus.
Trovò subito posto. Era raro alle undici di sabato mattina trovare qualcuno sui mezzi pubblici. Le persone andavano ai mercatini o alle fiere, oppure partivano per farsi il weekend di vacanza, mentre i più sfortunati lavoravano.
"Vuole che vai la senza nessuno"...ma che senso ha! Ha proprio ragione Lia: è una stronzata. Mette ansia quell'uomo! E poi è strano! Chissà ch... Qualcuno interruppe i suoi pensieri.
-Hey! Che ci fai qui?- chiese.
-Jason! Corteus vuole vedermi...da sola- a pronunciare le parole "da sola" le venne un brivido che le percorse la schiena.
-Uuu che ansia! Ma sono sicuro che ti dirà che la punizione è finita e che stasera potrai venire a provare la mia pizza!- disse Jason emozionato.
-La fai tu la pizza?- chiese Jessika.
-No ma ti pare?!- le rispose Jason.
I due scoppiarono a ridere.
-Devo scendere- annunciò Jason -Fammi sapere come è andata- le disse.
Jessika annuì -Jason...-
Il ragazzo si girò.
-Grazie- continuò la ragazza.
Jason le fece un sorriso e la salutò con la mano prima di scendere dal pullman.
Dopo un quarto d'ora arrivò la sua fermata, nonché l'ultima.
Bene, ora devo solo entrare e...ma che razza di casa è mai questa?!
La residenza era simile alla casa bianca, se non fosse per il fatto che sopra la parte centrale, c'era una vetrata lunghissima e altissima che permetteva di vedere tutta la città. Ai lati invece c'erano due torri che ospitavano le stanze delle guardie provenienti da altre città.
-Jessika, il signor Corteus ti sta aspettando- disse Lylian con tono tutt'altro che gentile.
Che accoglienza! Se mi avesse accolto un toro imbestialito e fossi stata vestita di rosso sarebbe stato più cordiale come ricevimento. Che poi perché lei è qui? Alloggerà forse qui? Povero Corteus...
Salirono una rampa di scale e poi presero l'ascensore, che le portò nel piano più alto di tutta l'enorme residenza di Corteus: alla vetrata che permetteva la visuale della città.
-L'hai combinata davvero grossa Jessika- sorrise maliziosamente Lylian prima di continuare -Sei stata fortunata che non ti abbia sbattuto nella tomba. Avrebbe dovuto farlo: meno ce ne sono come te, meglio è per questo posto-
-Evidentemente non l'ha fatto perché a me il signor Corteus ci tiene, molto più di quanto tenga a lei, signora Lylian- disse Jessika col sorriso e stando tranquilla.
-Signora?! Sono una signorina non una signora!- urlò Lylian.
-Le signorine non urlano signora Lylian- le rispose Jessika.
Lylian stava per replicare quando l'ascensore si fermò -Entri dentro quella stanza signorina Russi- disse Lylian -Si diverta- continuò a voce più bassa.
La ragazza si diresse verso quella porta gigante.
Non succederà niente. Mi dirà che la punizione sarà finita e poi potrò tornare ad occuparmi di quello che stavo facendo sul mio mondo originario. Pensò.
Si convinse ad aprire la porta.
-Ciao Jessika, accomodati pure- disse il signor Corteus gentilmente.
La ragazza fece come gli era stato detto.
L'ufficio era grandissimo. Al centro c'era un tappeto di pelliccia finta, ai lati era tutto tappezzato da librerie contenenti moltissimi libri di legge e da qualche quadro. Vicino alla porta c'era un appendino. Verso la vetrata, c'era la scrivania, con sopra qualche foto, e la sedia girevole su cui Corteus era seduto. Dietro di lui, la città in un sabato mattina qualunque.
-Allora, ti chiederai perché ti ho fatto venire qui da sola- iniziò Corteus -per il semplice fatto che è meglio parlare con un po' di privacy. Senza avere nessuno tra i piedi-
Jessika non rispose.
-Dunque, come hai passato questa settimana?- chiese Corteus
Ma sta scherzando spero?! Come avrei dovuto passare la settimana? Felice? Bah!
-Potevo passarla meglio- rispose semplicemente Jessika ingnorando il suo pensiero.
-Hm...le tue compagne di stanza litigano ancora?- continuò a chiedere l'uomo.
Ma perché queste domande?! Cosa gliene frega a lui?!
-Si anche prima di farle venire qui stavano litigando- disse Jessika cercando di mantenere il tono di voce gentile.
-L'importante è volersi bene-
-Già...-
Nessuno parlò più per qualche minuto.
-Ho sentito dire, che hai dato ripetizioni di inglese ad Enea Jonson. È vero?- chiese serio Corteus.
-Ehm...- Jessika venne interrotta da Lylian che bussa ed entra senza aspettare il permesso di nessuno.
Mi ricorda Enea...Enea in versione femminile e 50 anni più vecchio. Al pensiero le venne un sorriso. Perché ora sorrido?! Tornò seria.
-Signor Corteus, hanno bisogno di lei nella sala congressi- disse.
-Arrivo...mi aspetti qui signorina Russi. Andiamo Lylian- e i due svanirono dietro la porta, lasciando Jessika da sola in quella stanza enorme.
Notò che sulla scrivania c'era una foto di un ragazzo e una ragazza che si abbracciavano. Era una foto in bianco e nero, si capiva che era stata scattata molto prima che nascesse Jessika. Vicino alla foto c'era una targhetta con scritto "Pablo Corteus".
Pablo Corteus...allora è questo il suo nome...Pablo...mi suona familiare...dove l'ho sentito? Chi me ne ha parlato? Qualcuno mi raccontò, una volta, di un certo Pablo... i suoi pensieri vennero interrotti da Corteus che rientra nella stanza -Scusa, lavorare è molto impegnativo. Stavamo dicendo?-
-Mi ha chiesto se...- Jessika non voleva parlarne quindi lasciò la frase in sospeso.
-Oh si! È vero che gli hai dato ripetizioni?- Corteus parlò come una donna sull'ottantina parlerebbe ad una sua coetanea dei fatti degli altri.
-Ehm...si, m-mi ha chiesto una mano e l'ho aiutato- Jessika optò per la sincerità.
-Ah bene. E tra voi c'è qualcosa?-
-Come scusi?-
-Voi due, siete amici o provate l'uno per l'altra qualcosa di più grande di una semplice amicizia?-
-Scusi ma non credo siano affari vostri...senza offesa- disse Jessika un po' accigliata per la domanda.
-Si hai ragione. Scusami Jessika- si scusò l'uomo -Tu sai che gli studenti non possono avere rapporti sessuali con altri studenti, vero?-
-Ehm...s-si lo so- rispose Jessika diventando leggermente rossa in viso.
Corteus la osservò un attimo come se cercasse di captare una sua qualsiasi emozione.
-Mi ricordi tanto mia figlia- disse Corteus con un velo di tristezza negli occhi -È proprio come te. Timida ma allo stesso tempo estroversa, crede nel vero amore, ha bisogno di persone che donano sicurezza al suo fianco. Suo marito all'inizio del loro matrimonio le è sempre stato di fianco e l'appoggiava, ma ora non si amano più come prima. Ed è brutto vederla così, senza quel sorriso smagliante ma soprattutto sincero-
-Si sta per caso dando la colpa del fatto che il matrimonio di sua figlia non stia andando bene? Perché se è cosi si sbaglia. Lei mi ha salvato l'anima e ha accettato di farmi scoprire chi sono i miei assassini, ma la cosa più importante è che lei fa in modo di governare questa città e l'Istituto non avendo preferenze su nessuno. Lei ama quello che fa ed è l'unico adulto in questo posto che si sia mai preoccupato per me e di me- non sapeva perché avesse detto quelle cose. Però era così. Le pensava ed era stata sincera.
-Anche questo ti accomuna a mia figlia: trovi del buono in tutti e cerchi sempre di far sentire le persone felici, a costo di privare te stessa della felicità...mi dispiace che a una come te sia stata strappata la vita per gelosia-
-Cosa vuole dire per gelosia?- Jessika era allarmata. Lui cosa ne sapeva.
-Niente...fa come se io non ti avessi detto niente- sembrava pentito.
-Lei sa qualcosa...lei sa come io sono morta! Perché non me lo ha mai detto! Mio fratello sta male perché non riesce ad accettare la mia morte a distanza di due anni e avrei potuto non portare a galla il passato, se solo lei mi avesse detto chi è il mio assassino! O assassina! O assassini!- Jessika era sull'orlo delle lacrime.
-Hai dei sospetti?- chiese l'uomo cercando invano di cambiare argomento.
-Non cambi argomento! Comunque si, Casper e Mandy sono i sospettati ma non può cambiare argomento come le pare e piace!-
-Hai ragione. Scusami-
-Chi mi ha uccisa?- chiese lei con un filo di voce dopo un attimo di silenzio.
-Non posso svelare la morte di una persona-
-Perché?-
-Perché cambierebbe il suo modo di pensare. Vedi, in questo mondo, devi essere consapevole di come muori, perché se te lo viene a dire un'altra persona, finiresti col tornare sulla terra con odio e fame di vendetta, uccidendo la persona che ti ha ucciso. Ti ritroversesti qua quella persona, e la tua anima finirebbe nella tomba insieme al tuo corpo, per aver violato la legge del nostro, e del vecchio mondo di cui tutti noi facevamo parte- disse Corteus con voce gentile ma dura allo stesso tempo.
-Però si è obbligati a sapere come si è morti se si vuole lavorare in futuro e avere un'identità- disse Jessika poco convinta.
-Si...- rispose l'uomo.

Come sono morta?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora