Capitolo 36

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La soglia che conduceva alle sue stanze era chiusa da due pesanti ante di legno scuro, intagliato a bassorilievo. Per aprirla ci voleva una certa forza, cosa che odiava, perché quando, alla fine della giornata, poteva ritirarsi nella sua camera, era così stanco che aprire quella porta era una sfida. L'arco ogivale che sormontava l'uscio era di scura pietra, pietra sulla quale ruscellava un rivolo di acqua perenne. D'altro canto i ruscelli all'interno del Castello di Diamante erano, e questo Dorian l'aveva imparato col tempo, come le vene all'interno di un corpo vivente. L'acqua dentro della struttura del palazzo era inscindibile dal palazzo stesso.
Dorian non seppe con precisione perché la sua mente, in un momento come quello, lo avesse portato a pensare a casa, a quel particolare ruscello sulla sua porta soprattutto. Forse i suoi pensieri erano ritornati alla soglia della sua tana perché era lì che desiderava di essere, ma non per le comodità o per gli affetti, non solo per quelli almeno, ma perché all'interno del suo castello si sentiva davvero un Alyon, un Alyon potente. Ma più stava lontano dalle Terre dell'Alba, più restava accanto ad Annabel Howard, più l'inanità dentro di lui cresceva.

Gli occhi della ragazza spesso lo guardavano severi, con freddezza e derisione quando lui giocava il suo ruolo con Yvonne. E' come se già sapesse, questo era ciò che rimbombava nella sua scatola cranica quando coglieva il blu della sua futura Ringil giudicarlo senza il minimo affetto ad incrinare la spietatezza del verdetto.

Aveva sperato, dopo quel bacio, di riuscire ad avvicinarsi a lei, ma era stata una speranza vana, lo aveva constatato dal primo mattino dopo l'accaduto. Che fosse imbarazzo o pentimento poco gli importava, lei sembrava avercela ancora con lui per averla abbandonata a Caius Boleyn e per essersi portato dietro Yvonne. Riguardo a quest'ultima Dorian non ci teneva molto a sapere chi le avesse rivelato degli spostamenti della sua concubina, anche se sospettava di Axel. Lui ormai era più un uomo di Annabel che suo.
-Smettila di guardarla così.- sussurrò una voce sensuale e stanca accanto a lui. Si domandava spesso se quella fosse la vera voce di Yvonne o se la plasmava a suo piacimento solo per attirare nella sua trappola ogni uomo esistente al mondo. Non che fosse difficile attirare gli uomini, questo Dorian lo sapeva. Da quando era divenuto Alyon, anzi, comprendeva sempre di più la debolezza del genere maschile e sempre meno il perché quasi tutte le cariche maggiori fossero distribuite fra di loro.

-Non dovrei? E' la mia futura sposa..- ridacchio amaro prendendo un sorso dalla propria birra. Nessuno della combriccola era venuto a sapere del bacio, e questo lo rendeva felice.

-Allora portala via dalle grinfie di Boleyn prima che lui abbia la possibilità di conoscere la tua Ringil prima, e meglio, di te. E poi, Cortes, manda via anche me.- Dorian l'osservò con sguardo truce. -Non riesci a fare ne l'una ne l'altra cosa, invece. Non riesci a dirle cosa fare o non fare e siccome lei preferisce il dottore all'Alyon, a quest'ultimo non resto che io. Com'è comica la vita..- ridacchiò spostando indietro i capelli color sabbia. C'era qualcosa di malvagio nel suo volto. Godeva della difficoltà in cui si trovavano altri.

-Mi sono dimenticato di dirti una cosa a quanto pare. Domani parti anche tu.-

-Cosa?- non era propensa a crede a quella decisione che Dorian aveva preso su due piedi.

-Mi hai sentito abbastanza chiaramente, io credo.- si strinse nelle spalle guardando il resto dei ragazzi ridere a crepapelle e bere come botti forate.

-Sei un uomo che non si soddisfa facilmente. Chi provvederà se io non sarò qui?-

-Forse dovrei cominciare a conoscere meglio la mia Ringil.- le disse ridacchiando ed accendendosi una sigaretta.

-Lei non verrà mai a letto con te.-

-Chi ti dice che non l'ha già fatto?- il suo divertimento aumentava così come diminuiva quello di Yvonne. -Torni da tua madre.-

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