Capitolo 31

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Forse aveva dormito per alcune ore, forse per dei giorni o magari per una settimana intera. Non era capace di dirlo quando si risvegliò, cosa che non fece altro che ricordarle che lei era stata contraria a quel tipo di coma indetto per cui Boleyn, da medico, si era tanto battuto. Si sentiva più morta che stanca, la bocca aspra e dal sapore cattivo, gli occhi impastati e la vista appannata, le braccia e le gambe le parevano flaccide come un palloncino sgonfiato. Le sembrava di aver dormito per anni interi. L'unico rumore all'interno della stanza era il ronzio di una stufa elettrica che doveva essere posizionata, a giudicare dalla provenienza del rumore, ai piedi del letto. In effetti le coperte e l'ambiente erano parecchio caldi, ma non l'opprimevano, sapeva che se solo avesse richiuso gli occhi, per un momento soltanto, si sarebbe riaddormentata all'istante. Non aveva fame, al contrario di quando si era risvegliata nella vasca da bagno, tempo prima, ma era afflitta da una gran sete. Avrebbe bevuto acqua di mare se solo l'avesse avuta a portata di mano. Ogni tentativo di mettersi a sedere le pareva superfluo ed impossibile. Sapeva che alzandosi avrebbe trovato il nulla, oppure coloro a cui Cortes aveva delegato il compito di carcerieri, e non impazziva all'idea di compiere sforzi in quello stato.

Fra tutto, l'ultima cosa a cui la sua mente viaggiò fu la ferita al ginocchio. Non le doleva, nemmeno un lievemente. In compenso sentiva la gamba ferita ancor meno di quella sana, come se glie l'avessero del tutto staccata dal resto del corpo.

-Sapevo ti saresti svegliata.- disse la voce di Caius da qualche parte nella stanza. Non sapeva perché, ma le risultò molto familiare, come se l'avesse sentita una miriade di volte in precedenza. Poi il volto pieno di lentiggini e gli occhi di Caius Boleyn entrarono nel suo campo visivo. Da quella prospettiva, la faccia dell'uomo pareva una grottesca giostrina per cullare i bambini nel mondo degli incubi. Annabel contrasse il volto in una buffa espressione di disgusto, cosa che fece ridere Caius, di cuore.

-Acqua.- bisbigliò, la lingua e la gola aspre come carta vetrata. Il suo medico personale glie ne allungò un bicchiere e l'aiutò a bere reggendole la testa. Il suo tocco, per quanto Annabel fosse disgustata da quella sensazione, le risultava buono e rassicurante.

Il fatto che fosse sveglia stava a significare due cose: che era guarita o che non si sarebbe mai ripresa. Ad ogni modo ci doveva essere una ragione se Caius aveva smesso di imbottirla di farmaci.

-Quanto?- chiese con voce raschiante. Arrivò ad appoggiarsi alla testiera del letto, le mani cominciarono a formicolarle, a causa dello smodato disuso, come se stessero ritornando a lei dall'ibernazione.

-Una settimana, circa. Posso però condividere con te un pensiero che è avanzato nella mia mente mentre ero qui a guardarti dormire: sono il medico migliore di questo pianeta. E non sto nemmeno esagerando. Potrai tenermi con te per sempre, giusto nel caso ti serva un cerotto.- ridacchiò sedendosi ai piedi del letto. Il suo volto si fece bianco e serio di colpo: -La ferita mi da fato delle grane almeno per un paio di volte. Ho dovuto farti un'antitetanica, ed ho cucito e scucito un paio di volte per la fuoriuscita di pus. Quando ti abbiamo trovata nella vasca abbiamo pensato che fossi morta. Per quel che ne sapevo quel balordo di Cortes poteva averti semplicemente spinta lì dentro per farla finita una volta per tutte; ma per fortuna io ho le mani benedette e sono riuscito a rattoppare l'emorragia. Adesso la ferita sta cicatrizzando, per fortuna, dalle tre giorni e potrai riprendere a camminare. Ma per favore, promettimi che non ti alzi di qui senza l'aiuto di qualcuno.-

-Poi farmi dormire per altri tre giorni.- lo provocò lei con sguardo gelido.

-Non ti fa bene assumere così tanti farmaci, alza il tuo livello di sopportazione ed è troppo facile cadere in dipendenze con delle medicine perché io possa arrischiarmi a prolungarne l'uso. Quindi gradirei che tu riprenda i tuoi sensi e cominci a praticare esercizi con la mente e le mani. E' come se tu fossi nata una seconda volta.-

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