CAPITOLO 17 - QUELLA SERA

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Voci lontane.

"Dottore, cosa facciamo?"

"Mettetela sdraiata e alzatele le gambe, ora le somministro qualcosa per farla riprendere"

...

Nel buio vidi la luce. Mi ci volle un bel po' per capire che era la torcia dell'infermiera. Poi sentii una calda mano stringere la mia. Conoscevo quella mano. "Meg, piccola come stai?". La voce di Calum. "B-bene, tranne il mal di testa Cal, grazie. Credo di essere svenuta."

"Cristo! Sta bene?" disse una voce altrettanto famigliare. Quella voce, quella chioma bionda. Voleva dire solo una cosa.

"A-Ashton. Non ci speravo." balbettai a bassa voce. "Ecco, io, ho saputo e sono corso subito... abbiamo fatto una piccola pausa tra una canzone e l'altra". Intanto si era avvicinato al mio lettino. "Io vado ad avvisare il pubblico che tra pochi minuti riprendiamo, ci vediamo tra non molto. Stammi bene. Poi ne riparleremo con calma, quando te la sentirai" disse Cal, dandomi un bacio sulla fronte.

"Ti va di parlare?" disse Ash, seduto da parte a me. "Non particolarmente... tanto quello che c'è da sapere lo sai. Sono stata una vera e propria deficiente a non aver sistemato subito le cose con Luke". Risposi fissando il soffitto con sguardo vuoto. "Io non penso tu sia stata una deficiente. Ti posso capire, deve essere stata una vera e propria tortura. Anche io nella tua stessa situazione non ce l'avrei fatta, devi credermi. Però ora devi guardare avanti e non al passato". Non capivo dove volesse andare a parare, so solo che rimasi colpita da quel gesto carino ed inaspettato. Non riesco nemmeno a descrivere il vortice di emozioni in quel momento. Non potrei trovare le parole giuste. Restammo in un silenzio ambiguo per quelle che parvero ore intere. "Io ecco... dovrei andare ora, il dovere chiama. Riposati. A dopo". Non sapevo cosa pensare... perché era tutto così maledettamente complicato?

Restai in compagnia di una simpatica ragazza dai capelli neri, anche lei svenuta, ma sicuramente non per la mia stessa situazione. Ero io la persona più sfigata del mondo. Guardai quella ragazza, finché la riconobbi, nello stesso istante in cui riconobbe me. La ragazza di Archie's. Il mondo era proprio piccolo. Ovunque mi girassi, sembrava tutto un deja vu. Mi raccontò di come, sul ritornello di Beside You, il suo pezzo preferito in assoluto, non ce l'avesse fatta a restare in piedi. Quanto la invidiavo... invece io, almeno in quel momento avrei voluto scordarmi di quei quattro ragazzi. Anzi, facciamo tre.

Mi decisi troppo tardi ad alzarmi da quel lettino scomodo. E dico così perché feci appena in tempo a lasciare l'infermeria, che sentii prima la voce di Michael annunciare, dopo quella che intuii essere una sorta di guitar-battle, la fine del concerto. E poi quella voce... quella che due ore prima mi aveva urlato contro, per buoni motivi: "Ringraziamo tutti voi! Abbiamo davvero amato Londra. Ritornarci è stato magico e lasceremo qui una parte di noi. Non vorremmo mai andarcene!" con voce emozionata. La folla andò in delirio e a me venne un groppo in gola, tanto per cambiare. Ero sicura che la stessa sensazione la stesse provando Luke, in quel preciso istante. Mi affacciai e cercai di farmi notare, arrivando in prima fila, non so nemmeno il perché. Dovevo solo nascondermi ed ecco che invece tornavo là. E accadde ciò che mi uccise definitivamente. Ciò che eliminò quel briciolo di vita che rimaneva in me quel giorno. Luke mi guardò con quegli occhi blu, palesemente lucidi, poi si rivolse al pubblico e urlò: "Mi mancherete, tanto" senza mai togliere quello sguardo da me.

[Robbers - The 1975]

"No mamma, non se ne parla. Se già prima non volevo tornare... mi ci vorrà un po' di tempo per riflettere sulla situazione." sbottai alla richiesta di mia mamma di tornare a casa, quella sera. "Ma se nemmeno mi hai detto cos'è successo?" rispose subito lei, esterrefatta. "Senti, ti spiegherò. Ora però continuare a parlare non mi aiuta, per nulla. Voglio tornare a quel cazzo di hotel!" urlai quasi. Lei proseguì con un gelido: "Fai quello che vuoi, allora. Non dirmi nemmeno dove alloggi, non mi interessa a questo punto." che, col senno di poi, potrebbe sembrare una frase terribile, detta da una madre a una figlia, ma in quel momento per era una liberazione. "Vieni con noi?" annunciò Calum dal finestrino di un auto oscurata. "No Cal... direi che non è il caso eh?" risposi d'istinto. "Ehi calma, ci sono solo io qui su, l'ho fatto apposta per te, dai sali" Come potevo rifiutare? Era Calum. Il mio migliore amico. Il mio faro nella nebbia che, nonostante fossi stata una cretina, voleva ancora starmi vicino. "Parliamone in un posto adatto... andiamo alla Tower Bridge. Di sera è unica, dicono" disse lui allungando il braccio dietro la mia schiena. Con lui non mi sentivo a disagio. "Si Cal, dicono bene, fidati".

Incredibilmente non parlammo di Luke quella sera. Ridemmo, scherzammo come deficienti, davanti allo sguardo severo dei passanti delle undici di sera. Qualcuno ci malediceva, ma ce ne fregavamo. Cal stava facendo tutto quello per me. Non voleva che pensassi ancora a quello che era successo. Era sempre un passo avanti quel ragazzo e mi resi conto di che persona meravigliosa fosse. Ammiravamo il Tamigi, quella sera. Quella sera dimenticammo il passato, quella sera guardammo avanti. Quella sera... capii che cosa fosse l'amicizia e solo grazie a questo sono qui davanti ad un pc a scrivere la mia storia.

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