CAPITOLO 20 - COME LA PRIMA SERA

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Ricordo poco di Edimburgo. Ero psicologicamente provata da quello che era successo sull'aereo. Non vi ho detto tutto infatti: dopo essere tornata al mio posto scomodissimo, passai la restante ora di volo con lo sguardo di Luke addosso. Mi  sentivo profondamente a disagio, perché sapevo che avrei dovuto parlagli, ma non ci sarei riuscita, mai e poi mai. E infatti venne lui, poco prima dell'atterraggio, tant'è che la hostess lo guardò malissimo. 

"Megan io non ce la faccio" mi disse sottovoce, con un velo di magone nella voce. "Luke, ti prego, non ora..." risposi con la poca forza che mi restava in corpo. "No, non mi interessa Meg. Io così non posso continuare, io ti ho amata, io ti amo". A quelle parole rimasi pietrificata. Non potevo certo dire di ricambiare. Dovevo metterci una pietra sopra, non potevamo continuare così. Ritirai le lacrime che minacciavano di uscire. Dovevo essere forte, forte ed impassibile.

"Signore e Signori, stiamo per atterrare". 

Ricordo poco anche del concerto. Nel backstage parlai praticamente solo con Cal, unica mia gioia. Appena lo vidi suonare il basso per le prove iniziali, lo presi per un braccio. Ci mettemmo in un angolo e mi sedetti con le mani attorno alle gambe. "Cos'hai? Sembri un fantasma..." "E' successo Cal, ancora una volta." "No, non ci credo Megan, avete scopato?" chiese lui allarmato. "Cosa? Calum sei pazzo? Io, no- voglio dire, no! Con Luke... no!" risposi io tutto d'un fiato, sapendo di essermi tradita da sola. "Cosa vuol dire 'con Luke no' ? Che lo hai fatto con un altro?" Rimasi in silenzio, allucinata. Non doveva andare così, non era di quello che volevo parlare in quel momento. "Dovevo capirlo... Ashton. Beh, mi stupisci ogni giorno di più Megan." disse freddamente lui, dandomi la schiena. "Forse quella sera non avrei mai dovuto farti da spalla su cui piangere." Si alzò e se ne andò, lasciandomi il cuore spezzato.

Fu un vero e proprio incubo. Per fortuna c'erano Angie, Andrew e Bryana, che in pratica erano diventati il mio confessionale. Raccontai a loro tutto, cos'era successo in quelle assurde settimane all'Acacia. Mentre scrivo questa storia, mi chiedo come sarebbero andate le cose se avessi agito diversamente, se non avessi fatto tutte le stronzate che ho fatto. 

La sera, ero nella camera d'albergo, molto più lussuosa della stanza 34. Giocavo a carte con i miei tre soci. Faceva un caldo allucinante, tant'è che avevo solo un reggiseno, quando Ashton, che assieme agli altri si era trattenuto al concerto per incontrare i fans, bussò alla porta. Minchia, ci mancava solo lui. Perché era tutto così complicato? "Arrivo Ash". Aprii la porta e quello che vidi fu assurdo. Ashton era sull'uscio della porta, appoggiato allo stipite, con le braccia conserte, e indossava solo un paio di boxer neri. Dio mio quanto era figo. Ero palesemente attratta da lui e lui da me, questo non potevo proprio negarlo, né a lui, né a me stessa. "Cosa è successo sull'aereo Meg?" disse lui, ma non in maniera aggressiva, bensì molto easy. "Eh Ash, ho fatto una cazzata con Luke... lo so me ne pento e vorrei sparire dalla faccia della terra. E' impossibile continuare in questo modo, altrimenti rischio proprio di andare veramente fuori di testa." dissi velocemente, cercando di concentrarmi sul suo viso e non su quello che c'era sotto. "Luke me ne ha parlato stamattina, appena siamo atterrati. Bel casino Meg... voglio dire, ti servirebbe qualcosa per liberare la mente, per distrarti da lui". disse lui in tono poco casto, lanciando palesi occhiate al mio corpo. In quel momento chiusi la porta dietro di me, di modo che gli altri non potessero sentirci. "Perché sei in mutande Ash?" chiesi io, tra lo scocciato e il curioso. "Beh, potrei farti la stessa domanda" rispose lui a tono. "Ashton Irwin, anche se abbiamo avuto quella COSA, non vuol dire che ogni volta che ci vediamo dobbiamo fare quella COSA". "Ma davvero? Il tuo sguardo dice il contrario" rispose lui, riferendosi alle mie occhiate verso la V del suo inguine, proprio come la prima sera. Non seppi ribattere, ero in trappola. E che bella trappola. "Comunque, stavo pensando... dopo Edimburgo, cosa hai intenzione di fare?" mi disse quasi in tono malizioso. Non ricordo bene quale fu la mia confusa risposta o di cosa parlammo dopo, so solo che non rimanemmo in quel corridoio per tanto tempo. 



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