Ghost Unconscious - Capitolo 1: Game

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"Questo ticchettio non la vuole smettere..." pensò il reporter mentre tentava di trovare l'uscita da quel luogo prigioniero delle tenebre.

Erano i topi che rosicchiavano qualcosa? Le pareti scricchiolanti? No. L'uomo sapeva benissimo di cosa si trattava, in quel posto non era solo, anche se... non aveva visto nessuno.

Esatto, più di due ore passate in quell'edificio a perlustrare tutte le stanze con la sua torcia e non aveva visto l'ombra di nessuno, tuttavia l'ammontare di sangue, cibo ammuffito sparso ovunque e la puzza nauseabonda di altri liquidi organici rendevano chiara la presenza di qualcuno lì dentro.

Anche i rumori sinistri lo confermavano, soprattutto quel ticchettio che presto si trasformò in un rumore graffiante.

"Sei videocamere, solo sei videocamere sono tutto ciò che mi serve per stanarlo." aveva pensato l'uomo tra sé e sé.

Tutto questo, almeno, era ciò che si aspettava all'inizio, ma le cose erano decisamente cambiate una volta che entrò lì dentro.

Il suo compito era quello di recuperare sei videocamere nell'edificio, in questo modo se qualcuno viveva davvero lì dentro allora era sicuramente rimasto intrappolato nelle immagini. Ma l'uomo non era uno stupido: che senso avrebbe avuto recuperare le sei videocamere in presenza stessa del soggetto che esse dovevano riprendere? Voglio dire, quel pazzo sarebbe potuto saltare fuori da un momento all'altro e perforargli il collo da parte a parte senza la minima esitazione, distruggendo le videocamere subito dopo.

Ma non era più lui a volerle recuperare, e per lui intendo il nostro intrepido protagonista, era proprio il pazzo che voleva che lo facesse.

Il ticchettio significava che il reporter si stava allontanando troppo dal punto in cui il killer voleva che recuperasse una delle videocamere, i graffi invece indicavano che si stava avvicinando ad una di esse.

Un gioco malato che l'uomo è riuscito da solo a comprendere nel momento in cui il picchiettio è cessato e, una fredda lama ha fatto presto strada nel polpaccio della sua gamba.

Non l'aveva nemmeno sentito arrivare, né l'aveva visto fuggire dopo l'aggressione, non c'era nulla che poteva fare per anticiparlo, perché nel buio lui non ci aveva vissuto come aveva fatto il pazzo osservatore lì insieme a lui. Lui era le tenebre stesse, un fantasma composto da ombre forgiato da fuoco e malizia: un killer fantasma.

Dunque il suo obbiettivo non era più quello di trovare l'uscita, ma fare ciò che il killer voleva e sperare che esso non lo uccidesse subito dopo aver completato il suo compito.

"Tic, Tic, TIC."

"Dannazione, ero sicuro che di qui mi sarei avvicinato al prossimo punto..."

Il tempo stringeva, l'uomo non sapeva ancora quanto tempo il killer gli avrebbe concesso, ma il buio non gli permetteva di muoversi come voleva e il ticchettio stava nuovamente aumentando di frequenza.

Lanciò un poderoso urlo che riecheggiò per tutte le stanze.

Era stato colpito nuovamente, ma questa volta non da una lama: il folle lo aveva calciato con forza nel polpaccio che gli aveva perforato poco prima, facendo sgorgare ancora più sangue dalla ferita che, presto, ricoprì totalmente l'amatoriale bendaggio che l'uomo aveva improvvisato.

Se voleva uscire vivo da lì doveva fare completamente affidamento su tutti i suoi sensi, la torcia non bastava più per salvargli la vita e, dopotutto, non sarebbe durata ancora per tanto.

L'uomo si alzò a fatica ma si rimise in piedi, aveva tratto vantaggio da ciò che era successo. L'urlo che aveva lanciato fu così intenso da echeggiare per più di qualche secondo e, grazie a quegli echi, riuscì ad identificare un corridoio che non aveva ancora affrontato prima.

Jeff the Killer: The Ghost CircleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora