Uovo 1.2

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"Siamo in viaggio da sempre qui dove niente si crea né si distrugge, tra realtà illusorie e infinite metamorfosi."
(da Metamorfosi)

Roma. Questa città dannatamente bella ma maledettamente caotica. Tranne che per un momento della giornata. Uno solo. Dove tutto si ferma e il respiro si blocca. Perché il tramonto a Roma è qualcosa che ti entra dentro e non ti lascia via di scampo.

Quei colori tendenti allo scuro sono quello che più si avvicina al mio essere, alla mia anima.

I colori hanno fatto parte di me un tempo. Da bambino. Quando il mio papà mi portava, come ogni padre con suo figlio più grande, al circo.

Sì, era il nostro rituale. Tutte le volte che qui a Roma veniva il circo, più o meno una volta ogni due mesi per due settimane, io sapevo che Lui  era tutto mio e quella era la nostra giornata per stare insieme. Al circo.

Questa cosa non l'ha mai fatta né con mio fratello Francesco, più piccolo, né con la più piccolina della famiglia, Sara. Con loro aveva altri rituali, altre usanze e a me stava bene così perché quella del circo doveva essere una cosa solo mia. Solo nostra.

Prima di entrare nel tendone di ogni circo diverso, c'era una frase che mi ripeteva sempre:

-La vita è un circo, tante persone che fingono di essere felici, e ti fanno stare bene, sì ma solo nel tempo di uno spettacolo.

Ed è per questo che, forse oggi ho poca fiducia nella gente. Forse è per questo che non voglio che la gente mi faccia stare bene solo nel tempo di uno spettacolo. Voglio che stia con me per uno spettacolo, due e per tutti quelli che farà in giro per il mondo perché io posso valerne la pena. Posso valere più di uno spettacolo. Ma fino ad ora ho solo trovato attori qualunque che sono durati anche meno di uno spettacolo.

Ho sempre amato i colori del circo. Tutte le varie attrazioni, e sono sempre stato attratto dalle personalità dietro quelle maschere e quei sorrisi stampati che indossano per la gente, per il pubblico.

Ma più di tutti, ho sempre amato la figura dell' equilibrista. Sì, quel pazzo che attraversa una corda sottile per stare in piedi. Per dimostrare di farcela, anche e soprattutto da solo. Per dimostrare che lo spettacolo lo si può anche fare senza alcun aiuto e farselo bastare. Tanto la gente poi va via dopo il tempo di uno spettacolo.

Quando sono in bilico sento che lì il mio equilibrio è massimo. E mi sento come una farfalla.

Quel minuscolo essere, che pur sapendo che durerà poco, vola libero e felice, sopra tutto e tutti perché lei, almeno, la sua breve vita la vive davvero.

Mi sono sentito farfalla sui cornicioni delle terrazze, sui bordi del marciapiede, sulle travi che i muratori montavano sulle impalcature..

Sì perché mio padre era  un geometra, di quelli che preferiscono la pratica alla teoria, uno che pensava fosse più facile progettare dal vivo che su dei fogli, e mi portava spesso al cantiere perché voleva che un giorno prendessi il suo posto. E ogni volta che mi vedeva camminare sulle travi, si avvicinava a me e diceva:

-Smettila di camminare lì sopra! Quelle cose non ti danno da mangiare e se cadi, il pubblico non ti accoglie a braccia aperte. Il pubblico si scansa sempre.

E io ritornavo ad osservarlo mentre parlava, a seguire i suoi progetti ma la mia mente era altrove, la mia mente era su quelle travi a farcela da solo e a voler continuare ad essere una meravigliosa farfalla.

Nonostante l'ostilità di mio padre nei confronti della mia passione per la figura dell' equilibrista, con i soldi della mia (devo dire non proprio modesta) paghetta, mi sono pagato, dall'età di 18 anni, il corso per diventare un professionista.

Come farfalle che sorridonoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora