-Muoviti che siamo in ritardo!
Anthony mi alza di peso dal letto, lanciandomi addosso dei vestiti che mi costringe ad indossare altrimenti salta la colazione. Sembra mia madre quando non volevo andare a scuola.
Indosso una misera canotta giallognola, una giacca marrone di pelle e dei jeans di ugual colore per non parlare degli stivali alla militare che sono scomodissimi.
Improvvisamente si avvicina e vuole toccarmi il livido fresco sul collo, ma indietreggio.
-Bisogna medicarti e anche in fretta.
Alla faccia della minaccia.
-Se riuscirai a guadagnartelo.
Aggiunge con voce cupa e profonda, prendendo un borsone, ovviamente di Gucci, trascinandomi per la collottola fuori da questa villa enorme e costosa da far schifo come il suo proprietario.
-Aspetta! Noce dov'è?
Non risponde e mi da uno spintone per farmi salire su una delle macchine più...più...ah vabbè, tanto lo so che a voi piacerà di sicuro:Si tratta bene il miliardario.
-Entra o ti ci faccio entrare io a forza.
Ringhia dietro di me, vedo che dal suo bracciale si è creato una sorta di guanto proveniente dalla sua armatura, il propulsore accesso e puntato verso la mia faccia. Deglutisco ed entro, sentendomi tremendamente bassa e con dei sedili illegali da quanto sono scomodi.
Odio le persone ricche perché si, magari possono anche essere state umili, ma hanno dimenticato cosa si prova.
E Tony...lui di certo non se l'è meritato.
-Con questa arriveremo entro cena.
Ed è l'alba, dobbiamo attraversare un paese intero.
Vedo che ha ancora il guanto tecnologico addosso e forse è una persona paranoica se pensa che io sia capace di scappare o di picchiarlo. Quando sta cosa con le ruote parte mi appiattisco al sedile da quanto va veloce.
Parte in folle, sta infrangendo chissà quante leggi stradali, ma è Stark quindi soltanto lui può.
-Jarvis dalle un caffè.
Dal cruscotto davanti a me esce un piccolo braccio metallico che tiene una tazzina di cappuccino appena fatto non so da chi e sopratutto da dove.
-Adesso fai pure il gentile?
-Non ci riesci proprio a recitare la parte della rassegnata, vero?
Esclama canzonatorio, premendo con rabbia sull'acceleratore.
Con una smorfia infastidita prendo quella tazzina e bevo, anche se è buonissimo non voglio dargli questa soddisfazione, nossignore.
-Mi dici ora dov'è il mio cane o no, signor permaloso?!
Stacca un secondo gli occhi dalla strada e lascivo passa lo sguardo sul mio corpo che offesa tento di coprire vedendo come lo stava fissando.
-Tanto non è granché.
Sbuffa indifferente, picchiettando le dita sul borsone davanti ai miei piedi.
Apro la cerniera e...
-Oddio!
Tutti i pezzi della mia armatura, della mia Iron Heart...sono qua. Ma sono come smontati pezzo per pezzo...la mia Noce.
Prendo l'elmo, la maschera, la parte più bella.
Tremante appoggio la fronte a quella fredda e senz'anima che tengo tra le mani, cerco di non piangere vicino a lui, ma Anthony scoppia a ridere.
-Non è morta, sta ancora lì dentro! Una volta tornati a New York vedrò di disintossicare quel cane dall'armatura perché, credimi o meno, in questi mesi usandola l'hai quasi uccisa.
Guardò Tony che fa un sorrisetto pragmatico, come per dirmi che ha ragione.
Stringo la testa alla pancia, come un bimbo, passando le dita sulle scanalature incise.
-Quindi era questa che stava cercando?
-Si. E tu me l'hai rubata, mi hai mentito più volte. Ma risponderai delle tue azioni alla Stark Tower.
È così banale.
-E mi torturerai e bla,bla,bla.
Schiocca la lingua sul palato, scuotendo la testa.
-Non nego il fatto che vorrei ucciderti a suon di pugni, ma non alzerò un dito contro di te.
-Disse colui che quasi mi strozzò.
Digrigna i denti e all'improvviso allunga una mano e mi afferra il collo, stringendo fortissimo fino a farmi quasi vomitare. Mi tira fino a farmi posare la testa sul cruscotto, stringendo con una facilità inumana.
-Ti ricordo che sono oltre l'essere arrabbiato Athena, perciò vacci piano altrimenti a New York non ci arrivi.
Tossisco e molla la presa, facendomi boccheggiare come mai in vita mia, mentre l'ossigeno corre, fugge nei polmoni graffiando la gola per minuti interi. Vedo che sta accostando in una stazione di servizio, ottimo.
-Stai bene?
Dice quando siamo usciti entrambi dall'auto.
Abbasso lo sguardo appena incontro i suoi occhi, sentendo un brivido scorrere lungo i lividi più il segno delle sue dita sul collo ormai divenuto di un rosso/violaceo unico.
-Si.
Dico abbassando la cresta, quello che voleva Anthony.
Mentre si dirige verso il piccolo negozio, io corro in bagno, ansimando davanti allo specchio dopo la vista di numerosi lividi causati in maggioranza dalle catene, poi da quelle manacce venose e gigantesche di Stark.
Accendo il lavandino e trovo poco sollievo passando le mani bagnate sulle parti lese, ma almeno rinfresca.
Esco vedendolo tornare verso la macchina, e per paura resto a distanza di sicurezza senza che dica nulla a riguardo.
-Tieni, mangia.
Quasi schizzinoso mi lancia addosso un sacchetto che prendo sbadatamente, aprendolo e annusando il forte, dolce odore di una ciambella.
Titubante alzo lo sguardo e lui sta già mangiando la sua, con tutto lo zucchero sparso per la barbetta curata il che mi fa ridere il modo in cui si è conciato, però reprimo l'ilarità.
Non ho mai riso per davvero, non rido, non riderò mai, sopratutto per causa sua.
La chiamate pena? Ah beh, è la mia vita, delicati mi raccomando.
-Guardati!
Urla lui, indicandomi mentre ride a crepapelle.
Stranita mi specchio sul vetro dell'auto e vedo che mi sono sporcata tutta la bocca, ma non vedo cosa ci trovi di tanto divertente. Lo osservo con un fremito di rassegnazione al cuore mentre si piega sulle ginocchia asciugandosi le lacrime. È davvero dolce quando fa così, perciò involontariamente l'angolo delle labbra trema e leggermente e si alza, creando l'idea di un sorriso.
-Sei così adorabile, fatti pulire.
Deglutisco e mi irrigidisco quando si avvicina e con un fazzoletto mi pulisce la bocca, come se fossi sua figlia il che potrei benissimo esserlo.
Torno a respirare quando si allontana, alla fine riusciamo a tornare in machina per riprendere il nostro viaggio, ma non la smette di trattenere le risate!-Ancora?
Chiedo stufa marcia, e la sua risposta è così idiota che...argh...Sì lo so: faccio troppo vittimismo, però amen.
Quando, dopo troppe ore, arriviamo davanti alla Stark Tower, inizia la pacchia.
Se Anthony Stark sa esattamente come spegnere la mia parola o autostima non sta a me combattere per rimanere ciò che sono.*ho sonno gli errori vabbè. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.
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G O O D O L D D A Y S [ANTHONY STARK]
Fanfic"Another coffee, beautiful lady?" "Yes, why not!"