9:no,ti prego no!

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Il risveglio dopo una serata del genere poteva sembrare solo un incontro di boxe tra il mio mal di testa e i postumi della sbornia.
La testa girava ed io avevo bisogno di prendere un aspirina, così cercai di alzarmi, ma un braccio bloccava i miei movimenti e il braccio non era mio, non ricordavo cosa fosse successo nel post serata così lanciai un urlo agghiacciante nel tentativo di far scappare quel tizio dal mio letto, si girò a guardarmi come se gli avessi sussurrato il buongiorno all'orecchio,lo guardai, mi guardò, gridammo all'unisono, era Jason, tutto nudo, nel mio letto, cosa cavolo ci faceva tutto nudo nel mio letto? No,ti prego dimmi di no, non potevo essere andata a letto con lui, era mio amico, l'unico che avessi, mi guardava scioccato e schifato come se la colpa di tutta la situazione fosse mia.
<<Cosa cazzo è successo Lory!>>
<<E io cosa ne so, direi che è abbastanza ovvia la situazione, siamo nudi!>>
<<Io non ricordo nulla, tu?>>
<<Nemmeno io!>>
<<Bene allora facciamo finta di niente e lasciamo stare le cose così, ora alziamoci e andiamo al lavoro!>
<<Ok,va bene!>>
Ci preparammo velocemente, Jason fu costretto a mettere la roba del giorno prima,assicurandomi che nessuno se ne sarebbe accorto e che al lavoro aveva un cambio.
Lato positivo era che Jason aveva la moto e saremmo arrivati prima al lavoro, lato negativo era che non potevo mettere la gonna, così optai per un completo giacca e pantalone blu navy con i bottoncini dei pantaloni e della giacca laccati oro e una canottierina in seta rosa cipria, una shopper nera e un paio di open toe nere, il mio solito filo di trucco molto naturale ed ero pronta.
Uscimmo di casa in perfetto orario, dopo aver preso le mie agoniate aspirine.
Arrivammo in anticipo, quindi andammo al solito bar per la solita colazione, come ogni mattina la mia era già stata pagata da Matt, ma la cosa mi metteva a disagio, non potevo arrossire in quel modo tutte le volte che il barista mi diceva è già stata pagata, non so neanche perché provocasse in me quella reazione, però era davvero carino, mi sentivo importante per una colazione?? Ero decisamente una sempliciotta,molte ragazze se corteggiate da uomini avvenenti preferivano arrossire su un anello di diamanti 200 carati, c'era decisamente qualcosa che non funzionava nel mio cervello.
Entrammo in ufficio indisturbati, e io che pensavo di essere sotto i riflettori critici di una massa di snob dediti solo a una cosa, la moda, infatti a nessuno importó di vedere me e Jason arrivare insieme, tanto meno nessuno si interessó alle nostre mise, anche perché nessuno aveva mai avuto da ridire sul mio stile, cercavo sempre di seguire le ultime tendenze.
Andammo ognuno nel proprio ufficio, una volta che mi fui sistemata mi accorsi che non c'era nessuna lista sulla mia scrivania per gli impegni della giornata,ma solo un post-it con su scritto vieni nel mio ufficio, chiaramente Matt aveva uno strano modo di comunicare con i suoi collaboratori, ma poco mi importava avevo voglia di vederlo, ma soprattutto voglia di sapere cosa volesse da me.
Bussai nel suo ufficio e dopo una flebile risposta di ok entrai, era seduto alla scrivania con un completo grigio tortora, camicia bianca leggermente sbottonata che lasciava intravvedere un frammento di pelle con un po' di peluria,fisico muscoloso e tonico, insomma era come stare davanti a un dio greco, la sua bellezza mi accecava, quando arrivai al volto capì inevitabilmente che era adirato, mi fece un cenno severo con la mano per indicarmi di accomodarmi, così feci.
<<Buongiorno signorina Stuart, credo che lei non abbia ben capito la fortuna che ha a lavorare in questa sede di VOGUE, vorrei che prendesse in considerazione il fatto che sono un uomo tollerante, ma non troppo e che avere relazioni interpersonali o sessuali con i propri colleghi non è appropriato, tenendo conto che il contratto che lei ha firmato le vieta categoricamente di averne, per questa volta l'avverto semplicemente, la prossima volta si reputi licenziata!>>
La mia faccia lasciava trasparire un sincero sbigottimento, come faceva a saperlo? Mi spiava? Questa era una cosa che non potevo tollerare, va bene non sapevo di questa strana clausola contrattuale, ma certamente non avrei permesso a quell'uomo di invadere i miei spazi personali.
<<Signor Simons, mi rincresce informarla che per quanto il mio comportamento sia stato inappropriato non si ripeterà più, ad ogni modo mi consideri già licenziata, poiché non permetto a nessuno tanto più al mio capo di invadere la mia vita privata!>>.
Mi alzai incazzata e con il fumo che mi usciva dalle orecchie, uscì da quell'ufficio come un treno raccattai la mia roba e me ne andai senza neanche spegnere il computer, sinceramente non mi interessava più di tanto lo avrebbe fatto qualcun altro.
Presi un taxi e invece che andare a casa mi feci portare al molo traghetti per Staten island, arrivati al molo pagai il tassista, scesi dirigendomi al molo dello Staten island ferry e salii sul primo disponibile.
Non fu un viaggio particolarmente lungo, ma ebbi modo di pensare a dove volessi andare e c'era solo un posto dove sarei potuta andare in quel frammento di America, così lo chiamava mia madre, ed era proprio da lei che volevo andare, da quando era morta non ero più stata alla sua tomba per farle un saluto, forse per paura, forse per non sentirmi giudicata dalla foto sulla sua lapide, perché mia madre anche da morta sapeva essere una presenza scomoda.
Arrivai al cancello del cimitero con un mazzo di begonie, le sue preferite, e andai diretta alla sua lapide come se fossi stata lì il giorno prima, sapevo esattamente dove era stata sepolta, anche se il cimitero era immenso, questo perché avevo scelto io il luogo del suo riposo eterno ,l'avevo fatta seppellire li perché era l'unico posto dove sorgeva una quercia secolare, albero che se curato può vivere per sempre, un modo carino di regalarle l'eternità.
Una volta davanti alla lapide mi inginocchiai mettendole i fiori nel vaso, la tomba era curatissima segno che qualcuno se ne era preso cura, forse il custode vedendola abbandonata a se stessa si era fatto carico di pulirla,  ma poco mi importava non era certo la lapide pulita a ricordarmi mia madre, ma ben altre cose alcune belle altre brutte, non era colpa sua se in vita era stata una donna debole, si era sempre sottovalutata a tal punto di scegliere uomini che la svalorizzavano ancora di più, mentre se si fosse guardata allo specchio avrebbe visto la donna che vedevo io da piccola, una donna di una bellezza travolgente e un sorriso che le illuminava il viso.
Aveva sempre avuto un eleganza che non si addiceva al luogo dove viveva, era una signora, una di quelle persone che si curava prima di tutti e poi se aveva tempo anche di se stessa, aveva perso la vita per una stupida lite con il suo compagno che come mio padre era un incallito bevitore, le aveva spaccato il cranio con lo scovolo in ferro battuto del camino, ed era rimasto li inginocchiato al suo capezzale ridendo senza capire realmente cosa avesse fatto, fino al mio rientro da scuola mia madre era rimasta stesa sul pavimento della cucina in una pozza di sangue, senza vita, avevo dovuto chiamare la polizia per far arrestare quel bastardo che dopo averla uccisa si era comodamente seduto in poltrona a guardare la partita dei Red socks, con la polizia arrivarono anche gli assistenti sociali, che mi portarono via dalla mia casa e da quella scena raccapricciante, non piansi mai, non avevo bisogno di elaborare il lutto poiché era prevedibile che una donna debole come lei che permetteva ad un uomo di picchiarla brutalmente potesse fare quella fine.
Una lacrima rigo il mio viso e iniziai a piangere tutte le lacrime che non avevo mai versato, sfinita dal mio dolore mi addormentai al fianco della sua lapide.
Durante il sonno dal quale non riuscivo a svegliarmi mi parse di essere presa in braccio da due braccia possenti, forse solo un sogno.

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