-Dovrei?
Il taccuino tra i denti storti e una penna bic dietro l'orecchio che gli cadde tra i piedi poco dopo, lo scienziato si sistemò più avanti, a gambe accavallate. I mocassini lucidissimi, senza nemmeno una macchia di terra, senza un segno d'usura e le sue mani tremanti. Era emozionato. Astrid schiacciò la schiena contro la poltrona. Aveva un'opprimente voglia di evaporare.
Hoffmann sfogliò le pagine, il pollice che scattava sul pulsante della penna nervosamente.-Tu non immagini quanto sia importante per me averti qui davanti a me. Dopo tutto questo tempo.
Astrid alzò la voce ringhiando come una belva incatenata. Se solo fosse uscita da quella gabbia lo avrebbe mangiato vivo. Chi era quell'uomo? Che cosa voleva da lei? Perché avrebbe dovuto ricordarsi di lui? Non le piaceva e non solo perché era legata e costretta su una seduta in una stanza che sembrava insonorizzata e blindata, ma l'aura emanata dal dottore era spaventosamente familiare e niente di ciò che i fantasmi della sua infanzia le rimandavano era legato ad una sensazione di agio o un'emozione positiva. Tutto richiamava dolore, paura e solitudine.
Hoffman fece un piccolo sobbalzo al suo ruggito.-Fury mi ha ingaggiato per occuparmi della tua stabilità mentale. - rispose freddamente.
-Non ha risposto alla domanda.
Le mani di Astrid diventarono roventi.
Hoffman drizzò la schiena. Interessate al cipiglio della paziente, le algidi iridi del dottore si erano messe a brillare, incolori come un vetro opaco, usurato dalle intemperie. Sorrise e mentre le pieghe del volto si incavavano nelle guance perfettamente levigate, Astrid sentì come una pressione nel petto, un dolore come di tanti spuntoni che si spingevano nei nervi che prese a pizzicarle anche le braccia, e si univano alle pulsazioni sofferenti sotto lo stomaco.-Cosa ricordi della tua infanzia?
“Non dargli ciò che vogliono” le aveva ordinato il Capitano, ma non aveva contato che anche lei desideva trarre qualcosa.
-Cosa dovrei ricordare?
-Non so... Hai sogni ricorrenti, visioni, ogni tanto ti sembra che ciò che vedi ti ricordi qualcosa che non conosci?
Astrid irrigidì i muscoli.
-Linguaggio del corpo denota tensione alla domanda. Positivo.
L'uomo sfilò un paio di occhiali dalla tasca del camice. Scribacchiò qualcosa su una pagina e pensò, battendo la cima della penna sul blocco.
-Credi di aver subito traumi emotivi? Come perdite improvvise di persone care o esperienze che possono averti turbato profondamente?
Astrid si cucì le labbra.
-Non sei di molte parole, eh?
-Non so niente. Non ricordo nulla.
Hoffman assunse il fatto e scrisse ancora.
-Cosa sta scrivendo? Che cosa sta succedendo? Mi vuole spiegare qualcosa?
La sedia emise un rumore metallico. Dalla gabbia partirono apruzzi di una polvere che si annidò in nuvole dense e ricoprirono il corpo in surriscaldamento della giovane spegnendo le fiamme sul nascere. Astrid guardò la scena atterrita.
Un angolo della bocca di Hoffmann stirò un accenno di compatimento.-Sono qui per capire se sei mentalmente lucida e preparata per essere presentata in un aula di tribunale. Il tuo avvocato, se mai ne avrai uno, dovrà tenere conto di una certificazione che attesti la tua sanità mentale.
-Io non sono pazza.
-Non l'ho detto. Devo assicurarmi che tu non lo sia.
-Non sono pazza! - urlò lei, tirando le braccia verso di sé in un gesto automatico.
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Neve E Cenere | MARVEL ❶
FanfictionAstrid non è un'eroina e non si aspetta che il mondo la acclami. È anarchica, polemica, insubordinata, curiosa ed impulsiva. La rabbia e il fuoco scorrono nelle sue vene come il sangue per i comuni mortali. Dopo la sua cattura, si trova a dover sceg...