8-L'unico diverso

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Dopo poche ore si era sparsa la voce, nella casa, che la verità era stata svelata.
Le scelte ormai erano due: Tenerlo in casa o ucciderlo.
L'unica persona che trovava entrambe le alternative crudeli, era Pietro, che non appena saputa la notizia, era corso a cercare Giovanni.
L'aveva trovato sul letto della sua camera, con le ginocchia al petto, singhiozzando.
Sapeva bene cosa stava provando: La consapevolezza che la sua vita stava per finire, e la sensazione di impotenza che ti uccideva da dentro.
Aveva provato le stesse identiche sensazioni anni prima, ma ora anche il ricordo cominciava a sbiadire.
Bussò alla porta, entrando, cercando di fare il minimo rumore.
Non aveva intenzione di fargli del male, e voleva farglielo capire.

-Giova, sono io.- disse dolcemente, mentre si avvicinava al letto -Voglio aiutarti...-

Nessuna risposta. Rimaneva semplicemente immobile a singhiozzare.
Pietro abbassò la testa, sentendosi deluso da quella mancanza di fiducia.

-So cosa provi...- sussurrò sedendosi accanto a lui -Anch'io inizialmente ero così-

Chiuse gli occhi per qualche secondo, accarezzandogli poi la testa con fare rassicurante, come se fosse un bambino.

-Non ti mentirò su ciò che succederà...-era doloroso dirgli una cosa del genere, ma era giusto -Probabilmente morirai. Ma non farà male, non ti accorgerai di nulla-

A quelle parole Giovanni alzò leggermente il capo.
Ormai sapeva che la sua sorte era segnata.
Che senso aveva negare la realtà?
Molte volte aveva pensato alla morte, e molto volte l'aveva desiderata.
Era incoerente, perché adesso ne aveva paura.
Voleva semplicemente vivere.
Per quanto il mondo fosse orribile e contro di lui, non voleva morire.

-Mi hai mentito...- sussurrò dopo poco.

-Mh?- Pietro si girò verso di lui.

-Tu sei un vampiro...non un umano come me...tu non hai seguito un annuncio... tu...-

-Io ero come te- disse freddamente bloccandolo a metà della frase. Si alzò,  dandogli le spalle -Io ho seguito quell'annuncio per scappare da mio padre-

Giovanni spalancò gli occhi quando lo sentì.
Erano così diversi, eppure la loro storia era simile.
Quasi uguale.
Entrambi scappavano, alla ricerca di una vita migliore.

-Lui abusava di me- disse tutto d'un fiato, mentre stringeva i pugni-Se sono ancora in questa casa è grazie a Giorgio-

Giovanni si sedette, mentre ascoltava attentamente le parole dell'altro.

-Mi ha aiutato. Era in pena per me- Si morse il labbro. Era evidente che provasse a trattenere le lacrime-Così ha deciso di tenermi con sé per sempre. È un dono concesso solo ai purosangue, quello di trasformare i mortali-

Pietro si girò, e sorrise tristemente, sotto lo sguardo attento dell'altro.
Quest'ultimo, però, si sentiva distratto. Era come se qualcuno gli avesse dato un pugno in pieno petto.
Gli mancava il respiro.

-I purosangue in questa casa sono Luca, Giorgio e Andrea. Gli altri sono nobili. Io sono stato trasformato.- disse con un sospiro -Quando un vampiro nobile o trasformato ti morde...è come se ti facesse calmare per qualche minuto... Ma i morsi dei purosangue hanno effetti... particolari...- aggiunse quando notò il suo malessere.

Giovanni si portò una mano alla gola, deglutendo a fatica.

-Ho bisogno di stare un po' da solo- sussurrò dopo poco Giovanni-Troppe informazioni... tutte in una volta-

- Oh... perdonami...- annuì Pietro, capendo la situazione. -sai dove trovarmi se hai bisogno-

Uscì dalla camera, mantenendo lo sguardo su Giovanni.
Quando fu solo, quest'ultimo prese un respiro profondo, cercando di calmarsi.
Provò un forte calore in tutto il corpo, mentre il dolore aumentava, e colpiva stomaco e testa.
Maledì mentalmente tutti i presenti in quella casa, sentendosi costretto poi a distendersi.
E più il dolore aumentava, più lui si sentiva strano.
Non aveva mai provato nulla di simile, era anche abbastanza sicuro che non fosse normale.
Si portò una mano alla testa, scoprendo che la temperatura stava aumentando.
Mentre la vista si faceva appannata, si alzò dal letto, barcollando, cercando di raggiungere la porta, che sembrava sempre più lontana.
Sapeva bene che c'era una sola persona in grado di aiutarlo, e per quanto il pensiero lo nauseasse, non aveva alternativa.
Senza forze, riuscì ad arrivare fino al salone, dov'era sicuro che lui si trovasse.
Era come se tra i due ci fosse una specie di collegamento.
Non capiva come o perché, ma c'era.
Lentamente aprì la porta, e lo vide, accanto al fuoco, mentre teneva un libro tra le mani.

-Andrea...- sussurrò il suo nome a fatica -Aiutami...-

Blood fault ||Camperkiller||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora