Ventuno

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Quel calore che emanava il suo corpo grazie al nostro contatto mi provocò un leggero sorriso.
Quella sua voce era la mia medicina per ogni cosa, le sue labbra -a contatto con le mie poche volte- la mia felicità e le sue braccia rappresentavano per me una seconda casa. Gli occhi iniziarono a perdere la vista trasformando quest'ultima da chiara a sfocata, le lacrime iniziarono a rigarmi il viso una dopo l'altra.
La mia testa era poggiata sulla sua spalla e usciva dall'incavo del collo del riccio che iniziò a stringere la presa. Quell'abbraccio, quel nostro contatto, mi
a mente tante cose -quali brutte e quali belle-.

Il ragazzo interruppe il nostro legale tra i corpi e -fissandomi con quegli occhi colore nocciola dai quali le pupille si ingrandivano ogni volta che mi guardavano- avvicinò il suo pollice alla mia guancia per ascigarmi le lacrime leggere -ma intese- che continuavano a contornare il mio viso. <Ci sono qui io> sussurrò con voce roca al mio orecchio <e non intendo lasciarti andare> finí per far formare un luminoso sorriso sulle mie labbra.

Anche il riccio incurvò le sua labbra per rassicurarmi. Il suo pollice continuava a toccare il mio zigomo roseo, un gesto dolce, pieno di affetto, colmo di verità e fiducia.
Lo faceva con calma, senza fretta. Accarezzava la mia guancia senza premere troppo il dito sulla pelle, non voleva provocare nessun danno; come un figlio, non voleva sgualcirlo.
Il suo profumo mi rilassava, non è quel genere di ragazzi che mettono profumi costosi, no, lui sapeva di un profumo casalingo. Un profumo suo, molto conosciuto ma suo allo stesso tempo, sapeva di cannella misto anche a un pizzico di mirtilli. Amavo quell'odore, era spesso familiare e mi rimaneva addosso a lungo a seguito di abbracci con il riccio.
Era paragonabile a quella pausa tra la primavera e l'estate afosa.

Abbandonammo le colazioni oramai fredde e -dopo aver pagato ugualenge tutto- ci dirigemmo a teatro dove le prove aspettavano me, Finn e Jack.
Noah e Wyatt ci accompagnarono alla nostra meta. <Possiamo vedervi?> ci implorò nuovamente il nano.
Mi vergognavo al quanto espormi dvanti alle persone e ancora non capivo la mia passione per la recitazione.
Continuavo a rifiutare la loro presenza mente Finn faceva nettamente al contrario conginaundoo ad accettarli.
Alla fine cedetti e -controvoglia- li portai dentro l'edificio indicando loro dei posti poco visibili ma con una visuale perfetta.

Era il giorno più importante.
<Margaret...> sospirò il ricco e risposi di rimando <Lo so Jackson... so cosa vuoi dire... ma prima parlo io...> respirai a fondo <Vuoi davvero farlo? Lo vuoi con tutto il cuore? Perché se è come penso io allora dovrò dire... addio. Addio piccolo paese, addio canto degli uccelini mattutini, addio a te, famiglia.
Addio Fontana che mi ha regalato milioni di emozioni, addio piccole cose che hanno fatto di me la mia infanzia...>

My favorite mistake was you/ ~Finn WolfhardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora