La prima volta che mi hai parlato mi sono resa conto di quanto alcune volte la vita ti si fionda addosso senza pietà,senza freni, senza scampo
Quando sei entrato nel locale quella sera ho avuto l'impressione che il tempo si fosse fermato. Tutto scorreva a rallentatore e perfino le parole che uscivano dalla mia bocca sembravano stanche e con poco senso. Ho capito fin da subito che quella sera avrei dovuto affrontarti. Ero con alcuni miei compagni di corso, festeggiavamo la fine della sessione invernale. Avevamo addosso un'allegria insolita e io, per l'occasione,avevo lasciato la malinconia a casa. Durante tutta quella settimana, dopo il nostro incontro per strada, avevo cercato il modo esatto per raccontare alle mie coinquiline quanto fosse successo. Cercavo la parole giuste, mi ripetevo che avrei dovuto raccontarlo. Anche solo per farle divertire, per vedere la faccia che avrebbe fatto Marica ascoltando il mio assurdo racconto. Eppure non ci riuscivo mai: entravo nella sua stanza e le dicevo '
'ehi,sai mi è capitata una cosa''
Lei distoglieva lo sguardo dai libri e mi guardava preoccupata, poi sussurrava con fare sarcastico: '' me lo dici da circa tre giorni, è molto probabile che questa cosa non ti sia mai accaduta oppure che tu l'abbia sognata data che ogni volta che entri in questa stanza vieni colpita da un'amnesia temporanea''
Io ridevo di gusto e tornavo in camera mia.
Quando ti ho visto, assieme ad i tuoi, mi sono chiesta come avrei potuto spiegare ai miei compagni di corso che solo una settimana prima avevo incontrato Ghali in un bar e non mi ero fermata a chiedere una foto ma anzi, ero fuggita. Nutrivo,dentro di me, il desiderio incontrollabile di razionalizzare la tua presenza nella mia vita. E nonostante tutto ciò che è accaduto dopo il nostro primo incontro, ancora non riesco a darmi delle risposte. Sembravi felice, sereno. Avevi quell'aria stupita che ti porti sempre addosso, quando gli occhi ti brillano ma hai paura che tutto possa finire da un momento all'altro. Portavi una felpa bianca della Sto Clothing, i dread racconti in un codino, i calzini bianchi in bella vista. Ogni tanto controllavi il cellulare e per qualche breve secondo ti rinchiudevi nella tua torre,fra i pensieri. Poi qualcuno ti chiamava e tu alzavi lo sguardo, sorridevi e ribattevi. Come se quella fosse la tua situazione ideale, come se quei ragazzi fossero la tua famiglia.
Quando mi hai guardata quella sera ho ripensato a quando,da bambina, mi ostinavo ad andare sugli scogli senza le scarpe adatte.
Anche a costo di ferirmi i piedi e le ginocchia,sentivo la necessità del contatto con la natura. Anche se faceva male, anche se avrei potuto mettermi le scarpe e stare sicura.
Quando mi hai guardata quella sera ho pensato tu fossi la scogliera più pericolosa che avessi mai visto e che io avevo solo una gran voglia di correre al riparo e di mettermi le scarpe giuste per affrontarti oppure, come solo dopo avresti ribadito tu, per fuggire
Le voci confuse dei miei amici quando ti hanno visto, l'entusiasmo, il locale che si muoveva tutto intorno a te, io seduta al tavolo. Riuscivo solo a pensare di voler andar via. Cosa mi stava succedendo? Cosa accedeva attorno a me? Chi eri tu, in realtà? Perchè avevi quell'aria famigliare e pericolosa di un dirupo? Ti muovevi lento, come se avessi tutto il tempo del mondo. Io invece mi sono alzata di scatto e ho raggiunto l'uscita.
Il freddo di Febbraio investì la mia pelle, mi dissi che quella sera l'avrei ricordata per sempre.
La prima volta che ho sentito la tua voce credevo provenisse da una radio,da un cellulare, da una qualsiasi fonte mediatica
''A che gioco stai giocando?''
Eri dietro di me. Ho sorriso leggermente, ho pensato che in quel momento avrei potuto benissimo darti del pazzo e far finta che non mi fossi accorta di nulla. E' stato quando mi sono girata per guardarti negli occhi. E' stato allora, che mi sono persa. Quando avrei potuto far finta di non conoscerti e comportarmi da maleducata. Per allontanarti, lasciarti andare alla deriva.
Una serie di dettagli: il modo che hai di inumidirti le labbra mentre parli, il fatto che non sai mai dove mettere le mani, gli occhi che diventano due fessure quando ridi, il tono di voce basso e rilassato.
Quando ti ho sfiorato la guancia con le dita e tu hai socchiuso gli occhi.
''dimmi qualcosa'' ti ho sussurrato. Eri immobile, di fronte a me.
''dammi un valido motivo per andare via''
''Tu non mi conosci'' ho ribattuto buttando via la cicca con fare distratto
''Non è abbastanza'' hai risposto secco. Ti eri fatto serio, per te non era un gioco.
''Fai sempre così? Insomma, incontri una tipa per la strada poi ti avvicini e credi che per lei sia esattamente ciò che è per te? Perchè sei ....''
''Tu sospiri''
''Come?'' ti chiesi,senza capire
''Tu sospiri molto. Voglio capire perchè lo fai''
Ti ho guardato stranita,mi sono chiesta da quale cazzo di pianeta fossi arrivato
''Perchè sono stanca di sentire tutto, troppo. Di avvertire le sensazioni. Sono stanca di arrivare a casa la sera stremata dai sentimenti. Stanca di non sentirmi stanca fisicamente ma dal punto di vista emotivo. Sospiro per un milione di motivi, dio santo. Perchè non riesco mai a scegliere il paio di scarpe giusto e mi ferisco sempre le caviglie camminando, perchè odio quando finisce il gelato in frigo, perchè penso le cose al contrario rispetto ad ogni essere umano di mia conoscenza. Sospiro perchè tu sei di fronte a me e invece di comportarmi da persona sana di mente e farti i complimenti per la tua musica, ti sto dicendo queste cose.''
Ripresi fiato.
Tu mi hai teso la mano e hai detto:
''Piacere, sono Ghali''
''Ci sono cose. Piccole cose non dimenticherò,che sono niente e invece restano più forti di tutto''
