IX(a)

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Tu, misterioso spirito gentile,

fammi la guardia come un carceriere:

che non nasconda piú, vanesia e vile, verità vergognose e voglie vere.

Abbiamo visto sorgere il sole dal balcone della mia casa a Milano, mentre fuori pian piano si stiracchiava la città. Ogni tanto ti guardavi intorno e mentre parlavi tiravi giù le maniche della felpa per nascondere quel tatuaggio che non ti è mai piaciuto troppo.

''Ghali?'' ti sussurrai guardando la finestra della casa di fronte

''Ehi'' 

''Dove sei?''

Mi guardasti interdetto ma la tua risposta non tardò ad arrivare.

''Sono qui, con te''

''Dove sei con la mente?'' specificai avvicinandomi a te. Le nostre braccia appoggiate alla ringhiera si sfioravano appena. Era un sensazione tanto bella quanto pericolosa.

''Ci credi al destino?''

''No, non ci ho mai creduto. E' molto lontano dalla mai visione delle cose. Tu ci credi scommetto''

''Uno il proprio destino deve costruirselo, è quello che provo a fare ogni giorno''

''Perchè mi hai fatto questa domanda?''

Sentimmo una porta sbattere e mi resi conto che ormai si erano fatte le sette del mattino, qualcuno in casa era sveglio. Il cuore iniziò a battere all'impazzata all'idea che le mie amiche ti avrebbero incontrato lì a quell'ora del mattino. Ero eccitata all'idea, mi rendeva piccola ed ingenua. Una sensazione che solo tu sei riuscito a farmi provare.

Tu sorridesti perchè ti accorgesti del mio stato di agitazione e dicesti ''respira, non è un problema  per me. Non sono una spia o il Papa, sono solo un ragazzo che per vivere fa il cantante''

''Promettimi che se qualcosa ti crea imbarazzo o fastidio, me lo dici. Io non..''

''Francesca, smettila di avere paura del fatto che sono famoso. Sei l'unica ragazza che io abbia mai incontrato ad avere queste reazioni'' affermasti serio. Non era un rimprovero, era una richiesta. 

''Va bene, allora rendiamo questo incontro divertente. Rientro in casa io e vado a preparare il caffè come se niente fosse. Tu resta qui per ora''

''Mi sento all'asilo'' dicesti ridacchiando. Mi piaceva la forma che prendevano le pieghe dei tuoi occhi quando ridevi. 

Arrivata in cucina salutai Marica con un mugugno, fingendo di essermi appena svegliata. Lei era girata verso il lavello a sistemare delle tazze e poi si voltò verso di me 

''C'è profumo di...di...pasta al pomodoro?'' 

''Sì..''

''Fra che cazzo hai fatto? Hai il jet-lag?''

''Preparo il caffè?'' dissi cambiando discorso in maniera divertita

''Io non ho più parole per te, davvero. Ah, ti ha risposto poi?''

''Chi?''  chiesi fingendo indifferenza

''Come chi? Oddio mio. Mi spieghi perchè stai usando la caffettiera grande poi? Siamo solo io e te'' esclamò Marica accasciandosi sulla sedia. Continuava a guardarmi come se avessi degli evidenti problemi. Ti immaginavo ridere nell'altra stanza.

Aprì il mobile e presi tre tazzine. Le riposi sul tavolo trattenendo una risata. 

''Fra? Mi spieghi cosa cazzo ti sta prendendo stamattina? Ti sei fumata una canna? Tu non fumi nemmeno Cristo! Non stai bene. Stai allucinata?''

''Hai dormito bene stanotte? Ti senti con i nervi saldi?'' le chiesi ormai con le lacrime agli occhi 

''Ah lo chiedi a me? E tu senti di averli ancora i nervi? Perchè a me non sembra proprio!''

Il profumo del caffè segnalò che era ora di mettere fine al mio divertente teatrino.

''Il caffè è pronto'' urlai per fare in modo che tu mi sentissi. Marica alzò la testa di scatto e sussurrò:

''Ma cosa cazz...''

Sentivo i tuoi passi avvicinarsi. Guardai negli occhi Marica per una frazione di secondo prima che la tua figura riempisse la nostra piccola cucina.

''Ciao'' mormorasti tu entrando. Sembravi quasi imbarazzato. Guardai Marica cambiare espressione una dozzina di volte prima di dire, indicandoci:

''Voi state male, state veramente male''

Scoppiammo in una sonora risata e io mi resi conto di quanto bene mi stesse facendo la tua presenza tra le mie mura domestiche.

''Io sono Marica comunque, avrei preferito che non ci incontrassimo con me con un pigiama addosso. Però, sai, ce l'hanno data così e così ce la teniamo'' disse indicandomi con fare sfottente.

''in effetti, non è il massimo sulla piazza. Io sono Ghali'' ribattesti tu

''Ed è per questo che sei venuto a mangiare un piatto di pasta alle cinque del mattino proprio da me giusto?'' ti incalzai sarcastica

''Dobbiamo andare in studio'' annunciasti tu 

''Allora è vera questa cosa che usi il plurale per tutto'' disse Marica 

Io sorrisi e aggiunsi ''Ghali, dobbiamo chi?''

''Io e te. Se non ci sbrighiamo faremo tardi.'' 

Mi resi conto che in quell'insolito stato di euforia ero totalmente convinta di dirti di sì. Avrei potuto dirti: sì, Ghali, portami dove vuoi. Ti guardai per dei secondi infiniti, lì, fermo nella mia cucina a scherzare con una delle persone più importanti della mia vita e pian piano iniziava a svanire il terrore per lasciare posto ad un'infinita sensazione di tenerezza. Non avevo idea di quello che si stava creando fra di noi eppure per me non eri più un buco nero ma forse un faro, qualcosa di luminoso.

''Allora?'' chiedesti irrequieto 

''Devo conoscere gente?'' 

''Preferirei poter far conoscere ai miei amici la persona che mi ha ospitato per quasi metà giornata,sì''

''I tuoi amici..'' sussurrai 

''Nessuno di loro è cannibale. Questo posso assicurartelo'' scherzasti tu

Marica si intromise per urlarmi teneramente nell'orecchio un ''ti vuoi muovere cretina?''

Capì di non avere molta libertà di scelta e mi diressi a dare una sistemata al mio aspetto. Sospirai profondamente chiudendomi la porta alle spalle: quella fu la prima volta che sentì il tuo profumo nella mia camera.

Dopo svariati minuti persi a fissare il vuoto mi infilai un vestito e dei sandali alla svelta, raccogliendo i capelli in maniera disordinata. Mi guardai allo specchio: ero pallida, con le occhiaie tipiche di una studentessa, i capelli disordinati ma c'era una luce nei miei occhi, uno sfondo di possibilità. Avevo paura e tu lo avevi capito. Bussasti due volte alla mia porta prima di dirmi:

''Esci da lì, fai un respiro profondo e vieni con me''

Mentre pronunciavi quelle parole canticchiai fra me e me: ''ma tu vuoi essere libera o schiava come gli altri?''

E io, che prima di incontrarti non conoscevo nemmeno il significato del termine, avevo voglia di libertà

La prima volta\ GhaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora