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La prima volta che ti ho vista ho pensato che tu fossi strana
Avevi le cuffie alle orecchie, ti specchiavi nella vetrina di un negozio, giocavi con i tuoi capelli. Ad un certo punto ti sei voltata e hai sbuffato, hai controllato l'orario poi ti sei seduta sui gradini e hai aperto un libro. Ogni tanto ti mangiucchiavi le dita e sospiravi. Ti ho vista mentre ero dall'altra parte della strada. Sembrava ci separassero chilometri.
La prima volta che ti ho vista mi son sentito bambino, più del solito. Avrei voluto avere una pallone per rincorrerlo dall'altra parte della strada. Per avvicinarmi, per capire se avessi davvero la pelle così bianca o tu fossi trasparente. Per capire se tu fossi vera.
La prima volta che ti ho vista ho avuto paura di te.
Erano le 14:30 del 31 Gennaio. C'era un freddo boia e i ragazzi mi stavano parlando del nuovo singolo. Uno di loro ha alzato il volume della voce. Ho sperato fosse abbastanza per farti alzare lo sguardo dal libro, per farti guardare dall'altra parte della strada. Una parte di me moriva dalla voglia di capire per quale assurdo motivo tu mi spaventassi a tal punto da voler rientrare nel bar da cui son venuto fuori.
Mi spaventava la bolla che ti portavi addosso. Mi attraeva il fatto che tu ancora non sapevi chi fossi, che tu non ti fossi ancora rivelata, che eri ancora trasparente. In quello stato di transizione tu non sapevi ancora di avere me dall'altra parte della strada. Non sapevamo ancora nulla l'uno dell'altra.
Tu solo una ragazza per strada, io solo un ragazzo fuori dal bar.
Speravo solo che tu non mi conoscessi eppure morivo dalla voglia di incontrare il tuo sguardo. Ho pensato ''vi prego, raga, alzate la voce. Fatela distrarre. Nessuno suona il clacson adesso?''. Poi è successo qualcosa, in una frazione di secondi. Ti sei alzata e hai attraversato la strada. Svelta, senza guardare, senza paura della morte. Mi sono girato di scatto verso i miei compagni e ho acceso una sigaretta. Proprio nell'attimo in cui sei passata accanto a noi, qualcuno ti ha telefonato. Solo dopo avrei saputo che dall'altra parte del telefono c'era la tua coinquilina.
Ti sei fermata proprio accanto a noi e ci hai messo qualche secondo a realizzare che ti stesse squillando in cellulare. Lo hai cercato a lungo in borsa e quando finalmente lo hai trovato, hai risposto. Hai detto ''capo,dimmi...si, guarda io sono in via Salandra. Sto per tornare a casa perché in biblio non c'erano posti. Forse prendo un caffè al volo. Si tranquilla'' poi hai riso e hai intonato ''sto nella mia bolla,sto nella mia bolla''. Hai cantato come se fosse un'abitudine, come se in cuffia ci fossi io. Per qualche secondo mi sentì onorato, quasi felice.
Poi è successo l'impensabile. Hai superato la mia persona,senza nemmeno guardarmi e sei entrata nel bar. Ho buttato la cicca e ho pensato ''quindi è questo il punto? Sei tu la star?''. Mi sono specchiato nella vetrina del bar e ti ho vista al bancone. Seduta su quella sedia scomoda con il libro di anatomia tra le braccia. Hai chiesto il caffè e ti sei raccolta i capelli in maniera disordinata con una matita.
Ti sei voltata e mi hai guardato. Hai socchiuso gli occhi e mi hai fissato in maniera interdetta e poi hai bevuto il caffè tutto d'un sorso. I ragazzi continuavano a chiamarmi per riportami alla realtà. Hai appoggiato la tazzina sul bancone,lasciato una mancia al barista e sei scappata via. Il tuo braccio mi ha sfiorato la giacca e io ho pensato che tu fossi strana.
La prima volta che ti ho vista ho avuto paura che fosse l'ultima.