III

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''Facevamo finta di niente. Parlavamo di tutto fuorché di quello. Ma l'abbiamo sempre saputo, e che adesso non dicessimo nulla era un'ulteriore conferma. Avevamo trovato le stelle, tu e io. E questo capita una sola volta nella vita''

Mi hai scritto il tuo numero in fretta, pescando nella borsa il primo scontrino che ti è passato fra le dita. Sei scattata appena hai visto quelle due ragazzine avvicinarsi a me per chiedermi una foto. Hai pescato una penna dalla borsa e senza nemmeno chiedermi scusa mi hai mollato lo scontrino tra le mani e te ne sei andata, come a dire ''io con questa cosa che sei famoso non voglio averci nulla a che fare''. Lì per lì non ero preparato alle tue reazioni, alle tue fughe improvvise, ai tuoi confini. Ricordo perfino il rumore che facevano le tue scarpe col tacco mentre risalivi i gradini per rientrare nel locale; quando ho aperto la porta per cercarti era già andata via. Ci misi un po' a realizzare di avere il tuo numero e di non conoscere il tuo nome. Mi era capitato spesso di passare notti con tipe incontrate ad una serata in discoteca e di non ricordare minimamente il loro nome, il mattino seguente. Mi rigirai lo scontrino tra le mani e mi resi conto che era di un supermercato: avevi comprato del cioccolato. E' stata la prima cosa che ho saputo di te, ancor prima di conoscere il tuo nome. Appena rientrato nel locale venni investito da una nuova ondata di fan e presi a bere e a fumare con poco controllo. I miei amici ridevano e le pareti della stanza avevano smesso di avere una forma definita. Tutta appariva morbido. Mi chiesi se essere famosi significasse non avere confini, non avere limiti. Io che con i limiti e le porte sbattute in faccia ci ero cresciuto. Mi chiesi se il muro che avevi eretto tra di noi non dicendomi nemmeno il tuo nome fosse reale e soprattutto mi resi conto di quanto tu fossi certa del fatto che non ti avrei mai scritto o telefonato. In quei giorno così veloci e luminosi, dopo l'uscita di Cara Italia, dove tutti avevano una buona parola per me, per il mio progetto musicale, per il video, tu eri stata la prima persona a ricordarmi di quanto fossi umano. Mesi dopo mi avresti detto che ricordarsi di essere umani non significa necessariamente esserlo fino in fondo, eppure quella sera, mentre ti vedevo scrivere il tuo numero di cellulare, mi son sentito uno come tutti, un ragazzo come tutti. Mi guardavi come fossi il primo tipo a caso incontrato al caffè in università, come se mi avessi per sbaglio incrociato nel supermercato sotto casa mentre facevi la spesa, come se fossi il tipo che  sta sempre in disparte in un gruppo e che ti viene presentato dal caro amico di una vita. Tornato a casa, quella sera, telefonai a mia madre.

''Ciao mà''

''Ciao habibi, va tutto bene? Sei stanco?''

''Va alla grande, sta andando tutto alla grande''

''Però?'' mi chiese con sospetto

''Però, cosa?''

''C'è un però, Ghali. Sono tua madre, posso interpretare ogni tuo sospiro''

''Te la ricordi la sensazione che provavamo il giorno prima di andare a trovare papà in carcere?'' mi resi conto di quanto fosse pesante come domanda e mi pentii subito dopo aver pronunciato quelle parole. Lei non disse nulla,perciò continuai: ''Insomma, quella trepidazione mista a paura. Tu che provavi a rendermi le cose più semplici e divertenti, perchè secondo te ero troppo piccolo per capire tutto. Eppure io capivo, ogni singola cosa.''

''Ghali, cosa c'è che non va? Sto iniziando a preoccuparmi. Ti hanno chiesto qualcosa durante le interviste, in questi giorni? Qualcuno ti ha turbato? Non devi rispondere per forza a tutto se non...''

''Nulla di tutto questo. Scusami, sono solo un po' stanco. Buonanotte mamma, a domani''

Riattaccai e mi stesi sul letto. Infilai la mano nella tasca e ritirai fuori il tuo scontrino. Sorrisi leggermente perchè non avevo la minima idea di come salvare il tuo numero in rubrica senza sapere il tuo nome. Erano le quattro del mattino e scriverti in quel momento sarebbe stato patetico ed inutile. Soprattutto non avevo la minima idea di come avviare una conversazione con te. Mentre mi lasciavo trasportare da quei pensieri confusi, ricevetti un messaggio da Amed che mi ricordava di dormire almeno un po' prima della giornata seguente, durante la quale avrei avuto un'altra intervista e sarei dovuto passare in studio per parlare di un nuovo pezzo con Charlie. Mi rigiravo nel letto senza ottimi risultati così alle prime luci dell'alba mi affacciai sul balcone. C'era Milano, c'ero io e tu non c'eri ancora. O forse c'eri già ma eri sulla porta, sul punto di suonare il campanello. 

Quella è stata la prima notte insonne a causa tua, la prima in cui mi son risentito bambino

La prima volta\ GhaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora