Thomas

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Quel giorno Thomas aveva appena finito di lavorare e, stanco e affamato, si diresse alla cucina. Lì si sedette di fianco a Chuck con una mela in mano. Ah, Chuck, il suo primo vero amico all'interno di quella gabbia enorme. Era come un fratello più piccolo per lui, gli voleva un gran bene. Strizzò amichevolmente la spalla paffuta dell'amico e addentò la sua mela. Alzando gli occhi dal cibo, Thomas iniziò a scrutare la Radura. Cosi scorse Newt. Era seduto da solo, gli occhi rossi, la fronte corrugata. Un piede che picchiettava contro il terreno erboso e secco della Radura, lo sguardo perso nel vuoto.
Thomas lo osservava, non lo aveva mai visto così. Newt era uno dei pochi, nella Radura, che gli piacevano davvero. Vederlo in quello stato fece divampare in lui un sentimento nuovo, forse il più forte tra tutti quelli provati da quando avesse memoria, persino più forte del panico e della paura iniziale. Preoccupazione. Preoccupazione per qualcuno. Preoccupazione per Newt. Anche Chuck si era accorto che qualcosa non andava.
"Che hai che non va? Non prendertela, ma sembri uno che sta di sploff".
"Non va neanche una singola cosa in tutto l'Universo".
Rispose Newt, sprofondando di nuovo nel silenzio pieno di ansia che lo aveva accompagnato fino a quel momento. Quella frase infastidì Thomas. Ma non avrebbe senso essere infastidito... infastidito da cosa, poi? Capitava a tutti di avere dei momenti no. Beh, magari la loro situazione era particolare: rinchiusi in un gigantesco labirinto apparentemente senza soluzione e via d'uscita, con dei mostri quasi imbattibili pronti a tutto pur di fare fuori quanti più Radurai possibili. No, decisamente non andava nemmeno una caspio di cosa in quell'Universo di sploff. Eppure... per Thomas qualcosa andava bene. Newt andava bene. Questo forse... significava che lui non andava bene a Newt?
Il ragazzo scosse la testa ed aprí la bocca per porre un'altra domanda, ma il biondo sembrò recuperare un momento di lucidità dei suoi pensieri e lo precedette.
"Prima la ragazza con quel biglietto. Continua a parlare nel sonno e a ripetere il tuo nome, Tommy"
Cos'era quella sfumatura nella sua voce? Disprezzo?
"I Medicali stanno facendo di tutto, ma senza successo. Fidatevi, in questa storia del cacchio c'è sotto qualcosa di davvero brutto".
Thomas addentò di nuovo la sua mela, con la fronte corrugata, e Newt fece un lungo sospiro.
"Vaffancaspio, però. Non è questo quello che mi sta davvero tirando scemo."
Thomas perse interesse nella sua mela e riportò la sua attenzione sul delicato viso del ragazzo di fronte a lui. Il piede aveva ricominciato a battere per terra e si passò le dita tra il suo ciuffo biondo. Thomas non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Non sopportava di vedere così l'amico.
"E allora, cosa?"
Domandò Chuck, risvegliando Thomas dai suoi pensieri e facendogli abbassare lo sguardo di colpo, quasi come se non avesse dovuto guardare il ragazzo di fronte a lui. Gli occhi di Newt si fecero più limpidi e finalmente il suo sguardo si spostò sulle Porte del Labirinto, riacquistando lucidità.
"Alby e Minho... sarebbero dovuti rientrare ore fa."
Thomas spostò a sua volta lo sguardo alle Porte, accorgendosi che l'amico aveva ragione. Beh, non che di solito avesse torto, anzi. Eppure rimase abbastanza sconvolto. Newt, il Newt pieno d'iniziativa, il più forte del gruppo per volontà e dovere, era preoccupato così tanto da stare male? Questa cosa non prometteva bene. Sentì l'amico alzarsi con uno sbuffo e girò lo sguardo: si stava allontanando con la testa bassa, i capelli che gli ricadevano sul viso, la sua camminata leggera. Thomas non ci pensò due volte.
"Hey Chuck, aspettami qui"
Lanciò la mela mezza mangiucchiata al suo piccolo amico, che ricambiò con un gridolino schifato, e raggiunse di corsa Newt. Lo affiancò silenziosamente e vide che il ragazzo lo stava fissando di sottecchi, con un'espressione quasi... meravigliata? Non disse niente. Nessuno dei due disse niente. Thomas lasciava che Newt lo guidasse, ovunque volesse andare. Lo avrebbe seguito sempre e dovunque, questo Newt doveva saperlo. Thomas fu meravigliato quando il ragazzo cambiò direzione all'improvviso, dirigendosi verso il bosco. Entrarono nella macchia verde e camminarono per qualche metro, finché non arrivarono al grande muro di pietra grigia. Thomas notò che li si trovava un grande albero, illuminato da alcuni raggi di sole, al contrario della maggior parte dell'altra vegetazione.
Newt si sedette sotto a quel grande albero, appoggiando la schiena al tronco largo e robusto. Chiuse gli occhi. Per un brevissimo secondo, sembrava in cerca semplicemente di pace, come se non ce la facesse più a gestire qualsiasi cosa.
Per un fottutissimo secondo.
Thomas non sapeva che fare. I rumori degli altri Radurai che lavoravano erano attutiti dalla folta vegetazione. Gli unici rumori che sentiva erano il lieve vento che sventolava le verdi immense foglie degli alberi e il delicato respiro di Newt.
Sembrava così indifeso, ma forte. Così puro. Delicato e leggero. Proprio come la brezza, che in quel momento gli stava scompigliando leggermente i capelli ed accarezzava la sua pelle candida. Sembrava così bisognoso di protezione. E in quel momento Thomas seppe che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
Newt aprí gli occhi e lo fissò.
"Beh, hai intenzione di stare lì a guardarmi per tutto il tempo?"
Thomas si sentì avvampare. Il ragazzo scoppiò a ridere e con la testa fece cenno ad una grande radice accanto a lui. Thomas si sedette e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi sulla sensazione del vento sulla pelle.
"Non l'ho mai fatto vedere a nessuno, sai?"
Thomas aggrottò le sopracciglia, confuso.
"Cosa?"
"Questo posto. Cacchio, non che gli altri non l'abbiano visto: per forza, siamo rinchiusi in questa schifo di Radura. Però non ho mai detto a nessuno che vengo qui, quando devo pensare o semplicemente rilassarmi. Beh, nessuno tranne te, ora."
Thomas si sentì stranamente importante, e ne fu felice. Aprì gli occhi.
"A volte penso che chiunque ci abbia messo qui sia un bastardo pezzo di sploff."
Disse. Newt rise e annuì col capo. Thomas adorava la sua risata.
"È esattamente quello che penso io."
"Siamo costantemente osservati da quelle... Scacertole. Non abbiamo un attimo di libertà, un posto per stare da soli. Non abbiamo una famiglia. Dobbiamo preoccuparci solo di mandare avanti questo posto, trovare una caspio di uscita, ed ora che è arrivata quella ragazza con quel biglietto abbiamo un altro problema. Grandioso."
Thomas girò lo sguardo verso il ragazzo biondo. Aveva richiuso gli occhi. Osservò le sue labbra schiudersi per parlare.
"Cacchio. È la cosa migliore che tu abbia mai detto, Tommy."
Newt sospirò. Thomas distolse lo sguardo, con una strana sensazione nello stomaco.
"Newt?"
Thomas girò la testa verso il ragazzo.
"Si?"
"Non preoccuparti per Minho ed Alby. Sono forti. Lo sai."
Newt annuí col capo, girando la testa verso di lui.
"Faranno in tempo."
E a Thomas venne un'idea.
"E se... mandassimo una squadra nel Labirinto a cercarli?"
Non avrebbe mai dimenticato l'espressione che aveva visto sul volto di Newt in seguito. L'espressione del ragazzo passò da pacifica ad orrore puro.
"Sei fuori di testa, testa di sploff?! Non possiamo. C'è il rischio di perdere solo tantissime persone. Non dirlo più."
Thomas guardò il ragazzo con un'espressione interrogativa, ma Newt si limitò a rigirare la testa e chiudere gli occhi.
Newt era terrorizzato dal Labirinto.
Qualunque cosa gli fosse accaduta la fuori - magari legata a quello che gli era successo alla caviglia - doveva essere stata davvero terribile. Così, per farsi perdonare, si avvicinò di più a lui, mettendogli un braccio intorno alle spalle. E con sua sorpresa, Newt posò la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi. Thomas poteva dire, per la prima volta in mezzo a tutta quella sploff, di stare bene. Di stare veramente bene. Li, con Newt, non gli serviva nient'altro. Passarono li il resto delle ore, abbracciati, in silenzio. Non c'era bisogno di parlare per comunicare tra di loro. Tutto ciò fino al tramonto. Ad un certo punto Newt saltò in piedi, seguito a ruota da Thomas, ed insieme corsero verso la Porta Occidentale. Chuck era già lì ad aspettarli.
"Ancora nulla?"
Gli chiese Newt. Il panico gli si leggeva negli occhi. Thomas pensò che fosse stupendo il legame che si era creato fra quei ragazzi.
Chuck scosse la testa, mortificato. Restarono per un'altra decina di minuti in un silenzio ben diverso dal precedente, carico di tensione e ansia.
"Ma dove sono?"
Sussurrò Newt con una voce sottile e testa.
"Caspio, Newt. Mandiamo qualcuno fuori a cercarli..."
Newt lo guardò negli occhi, le guance rosse. Gli avrebbe urlato addosso. Però fece un respiro profondo e ricominciò.
"Non possiamo. Ci arrivi? È contro le regole al cento percento. Specialmente con le fottute Porte che stanno per chiudersi."
Thomas si strofinò le mani sudate contro i pantaloni. Era in ansia. Chuck prese un respiro enorme.
"Newt non lo sta dicendo. Quindi lo farò io. Se non tornano, significa che sono morti. Minho è troppo in gamba per perdersi. È impossibile. Sono morti."
E con passo lento, il giovane ragazzino si avviò verso il centro della Radura. Thomas non poteva credere a quelle parole. Non poteva. Morti?, non era possibile. Newt si avvicinò a lui.
"Quel pive ha ragione. È per questo che non possiamo uscire. Non possiamo permetterci di peggiorare le cose, cacchio."
La sua voce era un sussurro spezzato. Le lacrime incominciarono a salire agli occhi di Newt, e Thomas fu certo di non aver mai visto una persona così triste in tutta la sua vita, nonostante gli fosse stata rubata la memoria. Gli si spezzò il cuore a vederlo così. Voleva abbracciarlo, come prima, sotto a quell'albero. Il ragazzo posò una mano sulla spalla di Thomas, ma poi la lasciò cadere lungo il fianco. Thomas avrebbe voluto riprendergli la mano tra le sue ed attirarlo a se.
"Le Porte si chiuderanno tra due minuti."
Disse Newt con voce atona. Un rombo secco accompagnò questa triste affermazione. Le Porte si stavano chiudendo.
Newt si girò ed incominciò ad andarsene. Ed in quel momento Thomas fu certo di vedere un guizzo, un movimento, proprio in fondo al corridoio. Per un attimo fu colto dal terrore che fosse un Dolente. Invece, aguzzando la vista, scorse due figure. Una in piedi, e l'altra sdraiata. Il sudore si raggelò sul suo collo. Erano Minho e Alby.
"L'hanno preso!"
Gridò Minho dal fondo. Ogni suo passo sembrava l'ultimo.
"Newt!" Urlò Thomas. "Li vedo! Sono li in fondo!"
Al grido, Newt si girò incredulo e incominciò a correre verso di lui. Le Porte si chiudevano. Non ce l'avrebbero mai fatta.
Thomas guardò indietro, il viso di Newt, che aveva già capito tutto.
"Non farlo, Tommy! Non farlo, cacchio!"
La sua voce urlava pietà. E Thomas fu tentato di correre da lui ad abbracciarlo. Ma poi il suo sguardo cadde su Alby e Minho. Doveva aiutarli. E così si mosse. Corse dentro al Labirinto, ed i muri si chiusero alle sue spalle. Il suo ultimo pensiero, però, era diretto al ragazzo dai capelli ramati e dallo sguardo sofferente.
Mi dispiace tanto, Newt.

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