Giorno 5: Newt

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Quella mattina alcuni raggi del sole riscaldavano il volto di Newt, che si svegliò completamente riposato. Il ragazzo sbattè le ciglia soffici per un paio di volte, prima di rendersi conto dell'assurdità. Non poteva sentirsi riposato. Non dopo i soliti incubi che gli tenevano compagnia ogni notte. Seduto sul letto, si sentiva spossato. Incominciando a comprendere, restò lì seduto, incredulo.
Teresa irruppe nella camera come un tornado benevolo, spalancando di botto la porta.
"Buongiorno, caro Newtie! Oggi è una bellissima giornata, dovresti vedere che sole c'è fuori! Ti ho..."
Ma la ragazza si bloccò, notando l'espressione di completo smarrimento sul volto del ragazzo biondo.
"Hey, tutto bene?"
Disse, avvicinandosi a Newt e sedendosi sul letto affianco a lui, guardandolo con occhi preoccupati.
"Non ho sognato stanotte."
Teresa alzò le sopracciglia.
"Beh, sai, capita di non sognare. È normale."
Newt scosse la testa, chiudendo gli occhi.
"No Tess, non capisci. Non ho sognato. Niente incubi. Niente di niente. Non ho mai passato una notte senza sognare da quando sono arrivato qui, e stanotte... nulla."
I due ragazzi rimasero in silenzio. Newt stava cercando di bilanciare la situazione. Era un modo del suo cervello per dirgli che finalmente poteva andare avanti? Che poteva smettere finalmente di provare tutto quel dolore inflitto dagli incubi? Ovviamente i ricordi ci sarebbero stati, per sempre. Ma i sogni, quelli lo distruggevano completamente ogni volta. Teresa sembrò leggergli nella mente.
"Pensi che quindi sia una cosa positiva?"
Newt spostò i suoi caldi occhi marroni in quelli più scuri della ragazza.
"Penso... penso di sì. Penso proprio di sì."
Fu come se parte del peso incombente che provava su se stesso, in quel momento si alleviasse. Teresa gli sorrise, un sorriso vero e carico di gioia a cui Newt non potè non rispondere, per poi saltargli addosso ed abbracciarlo.
"Oggi dobbiamo assolutamente festeggiare! Quando sono entrata in camera volevo proprio dirti che sono andata in una pasticceria a prendere delle brioche e qualche biscotto per entrambi, visto il casino dell'altra volta nella tua cucina."
La ragazza arrossì appena, ricordandosi di quando aveva mandato a fuoco le padelle. Newt però scoppiò a ridere. Si sentiva quasi leggero. Quando scese in cucina con Teresa, trovo sul tavolo due brioche. Era tutto così strano: sapeva esattamente che cosa fossero e ricordava vagamente il loro sapore, eppure sembrava tutto così lontano. Non ricordava neppure l'ultima volta che ne aveva mangiata una. Teresa gliene porse una delle due, che Newt scoprì poi essere alla nocciola.
"Wow Tess, sono deliziose, caspio."
La ragazza ridacchiò sulla sua brioche alla marmellata di lamponi. Al secondo morso però, Newt spalancò gli occhi.

Si trovava in una sala mensa enorme, bianca splendente. E sopratutto, vuota. Tranne che per se stesso, di soli otto anni, seduto ad un tavolo bianco ed immacolato, con davanti a se un altro bambino dai capelli scuri e la carnagione rosea. Entrambi avevano un vassoio colmo di pietanze per la colazione.
"Come procedono le lezioni?"
Newt iniziò a giocherellare con i suoi cereali immersi nel latte.
"Non male, direi. E a te, Tommy?"
"La Dottoressa Paige dice che ho un bel cervello. Mi piace la logica, ed i problemi di matematica."
Il bambino biondo storse il naso.
"È molto meglio leggere, o scrivere, sai? La matematica è noiosa, non ci capisco niente."
Il piccolo Thomas scoppiò a ridere di gusto, prima di porgergli la sua brioche.
"Assaggia questa. È molto meglio di quei cereali immersi nel latte."
Newt inclinò la testa di lato, corrugando appena la fronte in un'espressione curiosa. Non ricordava di averne mai assaggiata una. Forse, quando era molto più piccolo, con sua mamma...
Senza pensarci due volte, prese la brioche e ne staccò un piccolo morso. Subito il dolce sapore cremoso della nocciola gli riempì la bocca. Sorrise.
"Si, decisamente meglio."
Porse la brioche a Thomas, che lo guardava compiaciuto e divertito.

Il ragazzo biondo scosse la testa, incredulo. Ma che cosa gli prendeva oggi, dannazione? Spostò lo sguardo dalla sua colazione a Teresa, la quale, non curante di tutto il resto, si stava preparando un caffè.
"Tess, devo chiederti una cosa."
La ragazza si girò incuriosita.
"È possibile... iniziare a ricordare il passato? Intendo, che qualunque cosa ci avesse fatto Wicked, adesso stia iniziando a perdere gli effetti?"
Teresa all'inizio rimase stupita. Poi, versando il caffè nella propria tazza, si sedette lentamente.
"È una bella domanda, alquanto interessante. Sai, non c'è giorno in cui non pensi minimamente a Wicked, a tutto quello che ha fatto e che ho fatto. Ad esempio, io non ho mai perso i miei ricordi. Non ho subito le stesse operazioni, se così possiamo chiamarle, che avete subito ad esempio tu, Chuck od Alby. Sono entrata nel Labirinto perfettamente cosciente della mia vita e degli obiettivi di Wicked. E seppur fossi uno dei piani d'azione principali per il progetto, a quell'epoca non mi venne detto nulla se non lo stretto necessario. Ho iniziato a capire veramente le loro intenzioni quando... beh, quando sono venuti a prendermi nella base del Braccio Destro."
Le guance di Teresa si erano colorate di un rosso scarlatto, che più dall'imbarazzo era dovuto all'umiliazione di ciò che aveva fatto, mentre giocherellava con i suoi capelli corvini.
"Ormai ero cresciuta, ed hanno deciso di spiegarmi il modo in cui volevano operare. Pensavo di star facendo la cosa giusta, di riuscire a salvare la maggior parte di gente possibile, ma questa è un'altra storia. Riguardo alla domanda che mi hai appena posto, molti degli scienziati erano convinti che un giorno, non prima di quattro anni però, si, avreste potuto recuperare la maggior parte dei vostri ricordi. Se vuoi sapere di che parere sono io, ti direi che non è un'opportunità da escludere. Ma non saprei dirti se riuscirai a recuperare tutti i ricordi precedenti al Labirinto, o soprattutto quando. Mi dispiace, non hai idea di quanto sia frustrante non poter essere d'aiuto."
Newt fissava la ragazza davanti a se, confuso. Era possibile che quello fosse un suo ricordo? D'altronde, non poteva essere nient'altro. Un brivido elettrico di felicità gli percorse la schiena: avrebbe potuto ricordare la sua vita. Anche se non tutta, sicuramente la maggior parte. E quello, in confronto allo sconfortante nulla assoluto della memoria a cui ormai era abituato, era assolutamente un privilegio. Magari tutto si sarebbe sistemato.
Teresa approfittò di quel silenzio carico di pensieri per guardarlo negli occhi.
"Suppongo quindi che il tuo cervello stia iniziando a ricordare."
Newt diede un altro morso alla sua brioche, annuendo.
"Probabile. È una sensazione strana, come se una mano invisibile mi stesse ponendo davanti agli occhi scene passate di cui ignoravo completamente l'esistenza."
La ragazza accennò un sorriso.
"Bene così."
I due ragazzi finirono la colazione parlando fra di loro del più e del meno, finché Teresa decise di chiamare al telefono Alby e Chuck per andare a fare un giro nel parco e magari fermarsi lì per pranzo.
Tre ore dopo, tutti e quattro i ragazzi si trovavano nel salone a casa di Newt. Chuck, seduto comodamente sul divano, stava passando in rassegna vari canali sulla televisione, borbottando poiché non riusciva a trovare un programma che gli piacesse. Intanto, Teresa era in cucina a preparare panini al prosciutto e formaggio per tutti. Alby e Newt, seduti sulle poltrone, parlavano fra di loro del primo anno nella Radura, cercando di ricordare i momenti più esilaranti. La ragazza dai capelli corvini arrivò saltellando in sala, reggendo un cesto da picnic e mostrandolo a tutti con un sorriso smagliante.
"Bene ragazzi, ho finito di prepararvi i panini! Possiamo andare."
E proprio quando si stava avvicinando alla porta, la televisione emise un rumore assordante, mentre sullo schermo comparvero ad intermittenza i colori blu, bianco, nero e rosso. Tutti e quattro si portarono le mani alle orecchie, girandosi sbalorditi e confusi verso la televisione. Lo schermo diventò completamente nero, con un pallino rosso al centro, dal quale prese vita un'ologramma. Davanti a loro adesso c'era una donna di mezza età dai lineamenti duri, in uniforma da lavoro ed orecchini in perla, i capelli raccolti in una crocchia ordinata sulla nuca. Newt e Teresa la guardavano, confusi ma pronti a reagire in caso di pericolo. Alby e Chuck, invece, si rilassarono nonostante non fossero particolarmente contenti.
"Potete rilassarvi, non vi farò del male."
La donna aveva una voce professionale, dalla quale non trasparivano emozioni. Poi rivolse un cenno ai due ragazzi.
"Alby, Chuck, buongiorno. Voi due, invece, dovete essere Newt e Teresa. Mi chiamo Dottoressa Jane Pearce, e sono a capo del Dipartimento dell'Istituzione della Sanità e Socio-Amministrativa di Denver. Si, se non lo sapevate ci troviamo esattamente in questa città. Ho il compito di informare ed aggiornare i "nuovi" arrivati. Giusto perché ne veniate a conoscenza, ognuno di voi al momento del suo arrivo è stato schedato e possedete una vostra cartella nell'Ufficio Informazioni contenente tutto ciò che avete fatto in vita. Sono qui perché, trascorso un mese circa, avete il diritto di diventare veri cittadini di questa città. Come potete notare, in questo mondo possediamo tecnologie quasi più avanzate di quelle presenti sulla terra. Anzi, dopo gli ultimi avvenimenti di cui siete benissimo a conoscenza, laggiù sono rimasti in pochi e soprattutto quasi tutti i dispositivi tecnologici sono andati distrutti, quindi possiamo affermare di possedere ormai più tecnologia. Ma chiudendo questa parentesi, per diventare dei cittadini in piena regola, dovrete recarvi, nel limite di una settimana partendo da oggi, presso l'Ufficio Diagnosi, dove sarete testati, schedati ulteriormente e vi sarà assegnato un lavoro in base ai risultati dei test. La nostra comunità deve progredire, e se non altro è un modo per continuare a dare un senso a tutto. Sono sicura che a questo punto del mio discorso, sarete pieni di domande e dubbi; potrete per questo recarvi nella Zona 4, dov'è presente la nostra Base Operativa. Vi riceveranno alcuni tra i nostri esperti, in sede privata, pronti a spiegarvi tutto. Bene, penso di essere stata abbastanza chiara."
La Dottoressa Pearce si fermò, prendendo fiato dopo quella sfilza di informazioni.
"Ovviamente, ho lasciato sottinteso che è obbligatorio presentarsi all'Ufficio Diagnosi. Ognuno deve avere un lavoro. Se entro una settimana non avrete effettuato i vari test, vi saranno fatti effettuare lo stesso con la forza. Adesso penso di aver concluso definitivamente. Vi auguro una buona giornata."
Nella stessa velocità con cui era comparso, l'ologramma si spense e sulla televisione comparve un programma di cucina cinese. Newt e Teresa erano a dir poco sbalorditi, mentre Alby scosse la testa.
"Questa volta si sono davvero impegnati con l'effetto sorpresa, cacchio."
La ragazza si girò verso di lui.
"Tu e Chuck eravate a conoscenza di tutto?"
Chuck si grattò la nuca.
"Si, ma Tess, non potevamo dirvi nulla. La prima cosa che ci hanno detto quando ci siamo recati all'Ufficio Diagnosi era appunto che si sarebbero dovuti occupare solamente loro dei nuovi arrivati, e questo comprendeva anche la conoscenza di tutto il Sistema."
Newt corrugò la fronte.
"Quindi mi state dicendo che sia te che Alby avete un lavoro?"
Il ragazzo più grande prese la parola.
"Non esattamente. Chuck sta andando in una specie di scuola; penso si possa definire così, anche se non ricordo come funzioni esattamente. Io invece sì, lavoro: sono il dirigente in un'azienda che si occupa di costruire case. E, sapete, devo dirvi che non mi dispiace per niente."
Teresa alzò le mani, completamente sbalordita.
"Okay. Okay. Tutto ciò è a dir poco assurdo. Pensavo che almeno con la morte avrei provato un po' di tranquillità, di pace. Ed invece mi ritrovo dall'altra parte ad affrontare delle cose assurde tanto quanto il Labirinto e Wicked. Quella donna... come aveva detto di chiamarsi? Dottoressa Jane Pearce. Per essere la direttrice di un'Istituzione che si occupa della parte sociale di questa città, non mi infondeva per nulla sicurezza."
Newt non capiva dove volesse andare a parare, anche se si stava facendo un'idea.
"Tess, che cosa intendi?"
Dal canto sua, la ragazza scosse la testa e sollevò le spalle.
"Non lo so. Lasciate stare, sto farneticando. Penso che sia solo questione di abitudine alla fine, giusto?"
Rivolse un sorriso poco convinto a Newt, prima di prendere il cestino dal picnic che aveva lasciato cadere a terra.
"Bene, domani io e Newt andremo a questo Ufficio Diagnosi. Intanto, pensiamo a goderci questa bella giornata di sole."
Teresa uscì di casa sorridendo forzatamente, seguita da Chuck ed Alby.
E mentre chiudeva la porta a chiave, Newt pensava. Quella situazione era davvero strana ed il suo istinto gli diceva che tutto ciò non prometteva nulla di buono. Ma erano morti, dannazione: cosa sarebbe potuto capitare di peggio?

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