Thomas

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Scusate davvero se ho impiegato tanto a pubblicare questo capitolo, ma è stato un periodo davvero difficile per me. Spero comunque che sia valsa la pena dell'attesa. Grazie a tutti💓


Poche ore prima, Thomas aveva incontrato il loro capo, Alby, che si stava ancora riprendendo dalla Mutazione. Beh, quell'incontro non aveva di certo aiutato Thomas. Si sentiva confuso, troppo confuso, e spaventato. Caspio se era spaventato. Mentre scendeva le scale del Casolare con Newt, tutto quello che riusciva a focalizzare nella sua testa era il viso contratto dal dolore del loro capo, le vene sporgenti, gli occhi rossi ed i momentanei momenti di pazzia incontrollata. Non se lo sarebbe mai dimenticato.
"Hai fame, Tommy?"
Una voce delicata lo risvegliò dai suoi cupi pensieri e solo allora Thomas si rese conto di essere fuori dal Casolare, e che Newt gli aveva appena posto una domanda. Adesso il ragazzo biondo lo guardava preoccupato, con un sopracciglio alzato come per chiedere se andasse tutto bene. Solo dopo alcuni secondi il moro si accorse della domanda posta.
"Fame? Dopo ciò che ho visto, ho voglia di vomitare. No, non ho fame."
Newt lo guardò, abbozzando un sorriso. Thomas non riusciva a capire come facesse ad essere così dannatamente bel... cioè, affamato.
"Be, pive, io ho fame eccome. Andiamo a cercare qualche avanzo del pranzo. Dobbiamo parlare."
Quelle frasi non turbarono nè sorpresero Thomas.
"In qualche modo sapevo che avresti detto qualcosa del genere"
Riuscì a dire il moro prima che Newt lo prendesse per mano trascinandolo in cucina, dove nonostante i brontolii di Frypan riuscirono a procurarsi qualcosa da mangiare. E senza rendersene conto, i ragazzi si ritrovarono a mangiare sotto al loro albero. Fu Newt ad interrompere il silenzio, dopo vari minuti.
"Ecco cosa faremo ora, Tommy. Per oggi starai con me. Abbiamo delle cose a cui pensare. Domani, la Gattabuia. Poi sarai tutto di Minho e voglio che per un po' ti tenga alla larga dagli altri pive. Capito?"
Thomas annuí. Non poteva sperare in un programma più bello. Sarebbe stato assieme a Newt per un giorno intero e non vedeva l'ora di restare da solo nella Gattabuia. Non ce la faceva più, quel posto lo stava stressando in modo assurdo: la solitudine poteva diventare la sua migliore amica, per quel che lo riguardava.
"Va benissimo. Quindi Minho sarà il mio istruttore?"
"Esatto. Ora sei un Velocista. Minho ti insegnerà tutto. Il Labirinto, le Mappe, tutto. C'è un mucchio di roba da imparare. Mi aspetto che ti faccia un gran culo."
Thomas quasi scoppiò a ridere per la frase finale. Tipica di Newt. Avrebbe dovuto aspettarsi una frase del genere. Sorrise al ragazzo biondo, che accennò a sua volta un ghigno sul volto. I due ragazzi rimasero seduti a terminare il loro pasto, finché Newt non arrivò all'argomento preciso di cui voleva parlare. Si girò verso Thomas, guardandolo dritto negli occhi.
"Thomas" esordì il biondo. "vorrei che tu accettassi una cosa. Lo abbiamo sentito troppe volte per negarlo ed è ora di parlarne."
Il moro deglutì.
"Lo so, Newt. Tutti hanno detto che le cose stanno per cambiare. Ma davvero, io non so..."
Newt sbuffò, quasi irritato da tutta quella situazione.
"So che non ricordi nulla, Tommy! Smettila di dirlo... non dirlo mai più. Nessuno di noi si ricorda niente, siamo stufi di sentircelo ripetere da te. Il punto è che tu hai qualcosa di diverso..."
Il biondo si avvicinò a lui, scrutandolo da vicino.
"... ma cosa? Perché da quando sei arrivato tu, tutto sta per cambiare? Che diamine...?"
Thomas però non lo lasciò finire, girandosi completamente verso il ragazzo che gli stava difronte.
"Newt, caspio, pensi che non lo sappia? Che non ci pensi ogni dannatissima notte? Che non provi a trovare delle risposte? Sono appena arrivato, dannazione! Come hai detto tu, ognuno di voi si è sploffato nei pantaloni la prima settimana. Beh, non credi che tutto quello che faccio sia il mio modo di provare ad integrarmi in questo posto di sploff? È difficile. E so che tu, ognuno di voi, può capire, perché ci siete passati tutti. Bene, provate ad essere più umani e a tornare a quelle sensazioni, a come vi sentivate la prima settimana. Perché io ancora, di questo maledetto posto, so poco o niente. Non so perchè Gally mi voglia apparentemente uccidere, o perché Alby e Ben mi abbiano visto durante la Mutazione. Questa cosa mi sta facendo uscire di testa, cacchio."
Thomas prese un'enorme boccata d'aria. Aveva detto tutto d'un fiato, si era sfogato ed ora stava meglio. Non poteva più tenersi tutto dentro. E da una parte voleva ringraziare Newt per avergli permesso di sfogarsi una volta per tutte, ma non ne aveva il coraggio. Così il moro chiuse gli occhi e si lasciò andare all'indietro, appoggiando la schiena contro il mastodontico muro della Radura. Finché sentì una mano sul suo ginocchio sinistro. Thomas aprì gli occhi per trovare il biondo con lo sguardo a terra, mentre si sistemava il suo ciuffo di capelli.
"Tommy... scusami. Forse non avrei dovuto metterti così tanta pressione. Il fatto è che ho davvero bisogno che tu apra la mente e che mi dica qualsiasi cosa, davvero. Anche le più insignificanti. Tutto quello che pensi. Potrebbe esserci d'aiuto. Quindi, se qualcosa ti sembra familiare, è arrivato il momento di dirlo."
Thomas si soffermò a pensare: in effetti qualcosa da dire ce l'aveva. Poteva fidarsi di Newt? Sapeva di sì. Così si fece coraggio e provò a parlare.
"Ecco..."
Il moro esitò, avendo paura delle conseguenze. Newt lo incitò con lo sguardo, delicatamente.
"Beh, non sono certo di nulla. Ma quando sono arrivato qui, in effetti, ho avuto la sensazione di esserci stato prima."
Rivolse uno sguardo preoccupato al biondino.
"Non è successo a nessun altro, vero?"
Newt scosse la testa, le sopracciglia corrugate.
"Ehm, direi di no, Tommy. La maggior parte, come già sapevi, ha passato la prima settimana a sploffarsi nei pantaloni e a piangere fino a farsi schizzare gli occhi."
"Già."
Thomas strinse gli occhi, incrociando le braccia al petto. Tutta quella situazione era assurda, e c'era dell'altro. Newt sembrò intuirlo.
"So che c'è dell'altro, Tommy. Avanti. Sai che puoi dirmi qualsiasi cosa."
Il biondo gli prese la mano. Un brivido percorse la spina dorsale di Thomas e lo spinse a parlare.
"Già. Tutto mi sembrava familiare e sapevo di dover essere un Velocista."
"Interessante, cacchio. Bene, continua a cercare quelle sensazioni. Sforzati di riflettere, trascorri il tempo libero a passare in rassegna i tuoi pensieri, pensa a questo posto. Scava in quel tuo cervello e fa saltar fuori ogni cosa. Provaci."
"Okay."
Il moro chiuse gli occhi, intento a concentrarsi, finché una risata non lo scostò dai suoi pensieri. Aprì gli occhi, stranito.
"Non adesso, cretino."
Newt continuò a ridere. Sono così divertente?; pensò Thomas, che però sentendo la risata del ragazzo biondo non poté fare a meno di sorridere.
"Intendevo da ora in poi, in qualsiasi momento libero o di lavoro. Pensaci. E dimmi qualunque cosa che ti sembri anche solo lontanamente familiare. Okay?"
"Si, okay."
Annuì Thomas.
"Bene così. Per cominciare, faremmo bene ad andare a trovare qualcuno."
Annunciò il biondo, alzandosi da terra ed incamminandosi vero il Casolare. Thomas inarcò le sopracciglia, seguendo a ruota il ragazzo.
"Chi?"
Chiese, ansioso dalla risposta.
"La ragazza. Voglio che la guardi fino a farti sanguinare gli occhi, per vedere se si innesca qualcosa in quel tuo caspio di cervello. E poi voglio che tu mi dica tutto quello che ti ha detto Alby. Tutto."
"Okay"
Disse il moro sospirando. Thomas non riusciva a soffocare la preoccupazione riguardo ai pensieri di Newt. Si era aperto con lui e lo trovava davvero simpatico. Se gli si fosse rivoltato contro, non sapeva se sarebbe riuscito a sopportarlo.
I due ragazzi arrivarono al Casolare, e la ragazza sembrava dormire tranquillamente, anche se molto probabilmente era in coma. Però aveva un bell'aspetto, non era pallida e sembrava davvero in ottima salute.
"Ciao, Clint. Come sta andando?"
Iniziò Newt, a suo agio. Il Medicale, che si stava occupando della ragazza, annuì tranquillo.
"Sta bene, ma parla nel sonno tutto il tempo. Pensiamo che tra poco si sveglierà. Abbiamo trascritto tutto quello che diceva, anche se la maggior parte delle cose era impossibile da capire."
Clint porse a Newt un bloc-notes giallo, dall'aria vecchia. Il ragazzo biondo lesse un paio di righe prima di riporgere l'oggetto al Medicale. Thomas moriva dalla curiosità di sapere che cosa ci fosse scritto.
"Ah, e poi..."
Continuò il medicale. Scrutò Thomas, indeciso. Newt scosse la testa.
"Tranquillo, lui può sentire tutto quello che sento io."
Un brivido caldo riempì il cuore di Thomas. Era grato a Newt più di chiunque altro all'interno di quel posto schifoso.
"Beh... Ripete sempre il suo nome. Di continuo."
Ammise infine il Medicale. Thomas per poco non cadde a terra. Perché in qualche modo doveva centrare sempre lui? Che caspio aveva di sbagliato?
"Grazie, Clint."
Disse Newt, scambiandosi un'occhiata con il ragazzo che lasciò velocemente la stanza.
"Prenditi una sedia"
Disse poi a Thomas, che fece come gli era stato detto. Il moro fu ancora più grato a Newt per non aver fatto commenti strani o per non aver dubitato di lui. Si mise a sedere, guardando fisso la ragazza e cercando di concentrarsi, ignorando le domande di Newt. Si soffermò su qualsiasi particolare della ragazza difronte a lui: la sua pelle, i capelli, gli occhi chiusi. Cercava di scavare nel buio della sua mente, finché lo sentì. Un guizzo di riconoscimento, sempre più concreto.
"Io... io la conosco."
Thomas fu certo di vedere Newt fare un salto allucinante.
"Cosa? Quando? Come? Chi è?"
Thomas si stropicciò gli occhi.
"Non lo so. Ma la conoscevo, da prima di tutto questo."
Era frustrante. Non riusciva a ricordare nemmeno chi fosse lui stesso, figuriamoci sapere chi fosse un'altra ragazza.
"Beh, continua a pensare, cacchio. Non perderla. Concentrati."
"Ci sto provando, quindi taci."
Thomas si avvicinò ancora di più al volto della ragazza.
"Non riesco proprio..."
Teresa.
Thomas si alzò di scatto, facendo cadere la sedia. Aveva sentito...
"Che succede?"
Chiese Newt, preoccupato. Thomas lo ignorò, guardandosi intorno confuso e convinto di aver sentito una voce.
"Io... Newt... hai detto qualcosa? Lei ha detto qualcosa?"
"Che? No. Thomas, perchè? Che hai sentito?"
Thomas guardò la ragazza, stranito e spaventato.
"Io... io giuro di aver sentito un nome. Teresa."
"Teresa? Deve essere il suo nome, Tommy! Te lo sarai ricordato."
Thomas scosse la testa.
"No, Newt, no. Non era un ricordo. Giuro di averlo sentito, nella mia mente. Non so..."
Thomas.
Questa volta il moro saltò all'indietro, tenendo gli occhi fissi sulla ragazza, inorridito. Era una voce, la sua voce. Stava impazzendo? Probabile.
"Ma che cacchio hai?"
Chiese Newt, più preoccupato di prima.
"Lei, Newt! Che cacchio... lei mi sta parlando. Nella mia fottuta testa. Ha appena detto il mio nome."
"Tommy, cosa?"
"Giuro! Io... sento la sua voce nella mia testa, o qualcosa del genere... non è una propria voce..."
"Tommy, posa le chiappe sulla sedia. Di che cacchio stai parlando?"
"Newt, dico sul serio. Davvero. Non è... non è davvero una voce... ma lo è."
Tom, siamo gli ultimi. Presto finirà. Deve finire.
L'unica cosa che voleva che finisse era quella voce continua nella sua testa. Thomas si portò le mani ai lati delle orecchie, stringendo gli occhi.
Tom, non ti spaventare di questa cosa.
"Non chiamarmi Tom!"
Gridò Thomas, allontanandosi dalla ragazza, rovesciando qualsiasi cosa ci fosse sulla sua strada: comodini e mobiletti di legno contenenti vari medicinali ed erbe.
La mia memoria sta già svanendo, Tom. Quando mi sveglierò, non ricorderò molto. Possiamo superare le Prove. Deve finire. Mi hanno mandata qui per innescare tutto.
"Basta!"
Gridò il ragazzo moro, in preda al panico.
"Esci dalla mia testa!"
Thomas sentì Newt che lo chiamava.
"Tommy!! Cacchio, Tommy, ascoltami! Concentrati sulla mia voce!"
Thomas voleva farlo, davvero. Avrebbe voluto fermarsi e cancellare tutto da quel fottutissimo universo, facendo rimanere solo se stesso ed il ragazzo biondo. Ma in quel momento non riusciva a pensare lucidamente. Aprì la porta di scatto e si fiondò fuori, correndo, sperando che più si fosse allontanato dal corpo di quella dannatissima ragazza, meno avrebbe sentito quella caspio di voce.
Sta per cambiare tutto.
Thomas uscì fuori dalla Radura, regole o no, inoltrandosi nel Labirinto. Voleva solo gridare e correre, correre finché poteva.
E la cosa più strana, oltre la voce, era che una parte totalmente razionale del suo cervello stava pensando a Newt. E si sentiva tremendamente in colpa per aver rovinato l'unica giornata che potevano passare assieme. Perché a Thomas importava. Gli importava di Newt come non gli era mai importato di nessuno fino a quel momento.

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