Giorno 2: Thomas

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Quella notte, nel Labirinto, sarebbe potuto morire. Sicuramente sarebbe stato meglio che soffrire così tanto. Thomas iniziò ad urlare. Un urlo agonizzante, tremendo, lungo. Piangeva, il corpo cosparso da sudore, le coperte attorcigliate attorno a lui. E urlava. Come se stesse soffrendo la peggiore delle torture sull'intero pianeta.
"Thomas, Thomas svegliati!"
Minho e Brenda cercavano di svegliarlo. Ormai era diventata una cosa normale.
"Thomas!"
Disse ancora la ragazza.
"Amico, Thomas, va tutto bene. Apri gli occhi, è un incubo."
Minho cercava di tenerlo fermo, e finalmente Thomas si svegliò ansimando, le guance cosparse da lacrime, l'orrore negli occhi. Strinse il braccio dell'amico.
"Minho..."
"Si, sono qui."
Thomas spostò lo sguardo sul ragazzo, piangendo. Il dolore che provava lo stava uccidendo.
"Perché... perché Newt. Perché Teresa. Minho, io non ce la faccio..."
Il suo migliore amico abbassò gli occhi, tristemente.
"Thomas, ce la puoi fare. Ce la possiamo fare..."
Sembrava non ci credesse nemmeno lui. Brenda si alzò senza far rumore, e comunicando con lo sguardo a Minho disse che se ne sarebbe andata, e così fece. Thomas si distese nel letto impregnato dal sudore e dalle lacrime. Chiuse gli occhi e sospirò, prendendo una boccata enorme d'aria, cercando di calmare lo stato d'ansia che provava.
"Che ore sono?"
"Solita ora. Le 6. Tra poco Vince e gli altri saliranno sulla nave per continuare le riparazioni."
Minho si passò una mano sulla faccia stanca. I suoi grandi occhi marroni erano cerchiati da delle occhiaie tremende e la pelle era più pallida del normale. Thomas si sentì tremendamente in colpa. Era un peso. Sapeva che anche Minho stava malissimo per la morte di Newt, e Thomas di certo non lo aiutava. Era solo un peso.
"Mi dispiace Minho, mi dispiace per tutto. Non sono d'aiuto, mi sto comportando come una mammoletta del caspio e mi dispiace. Vado a lavarmi e ad aiutare gli altri."
Disse così e fece per alzarsi, ma il suo migliore amico lo fermò per il braccio.
"Thomas, non pensarlo nemmeno. Tu lo amavi. Caspio, che teste di sploff. Si, tutti e due. Non ve lo siete detto e tu ci stai ancora più da schifo. Ma per questo non devi pensare minimamente di essere una mammoletta del caspio. Sei un essere umano amico, e non sei un peso. Affronteremo tutto questo insieme."
Thomas accennò un sorriso. Minho c'era sempre e gliene sarebbe stato eternamente grato. Non se lo meritava. Il ragazzo coreano ricambiò lo sguardo, lasciando che si andasse a lavare.
Venti minuti dopo, Thomas stava finendo di sistemarsi l'imbracatura per legarsi alla fiancata della nave e sistemare le diverse crepe e i vari buchi. Con lui sarebbero scesi anche Gally e Minho; in tre si sarebbero aiutati e avrebbero finito più velocemente. Ovviamente, per modo di dire: quel lavoro sembrava infinito, e c'erano così tante cose da fare. Alcuni si occupavano dell'interno della nave, altri di migliorare la struttura del Porto Sicuro, altri ancora coltivavano e si occupavano dei lavori primari (Frypan ovviamente aveva insistito ad usare la cucina.) Non erano rimasti in molti dopo... beh, dopo tutto quello che era successo. A dire la verità, Thomas non conosceva i nomi neanche della metà delle persone che erano sopravvissute e che adesso vivevano al Porto Sicuro assieme a lui. Non che gliene importasse più di tanto, comunque. In quel suo ultimo mese di vita, era come se non stesse vivendo per davvero: lavorava, mangiava e sognava. Si, perché come avrete potuto notare, di dormire per Thomas non se ne parlava proprio.
Le giornate non erano più le stesse. Quel giorno, alle 12:35 circa, Thomas si stava togliendo l'imbracatura assieme ai suoi compagni e, sudato fradicio, si dirigeva verso la mensa comune per mangiare. Il sole era probabilmente il loro unico nemico li al Porto Sicuro: faceva talmente caldo che a volte durante il giorno molti dei cibi facilmente deperibili che avevano e che venivano dimenticati al sole si scioglievano.
Thomas odiava l'Eruzione. Odiava la WCKD con tutte le sue forze, e la sua vita non faceva altro che ricordargli per cosa aveva lottato, e che cosa aveva perso. Forse era davvero arrivato il momento di lasciarsi tutto alle spalle ed andare avanti. Di iniziare una nuova vita. Perché Thomas, vivendo così, non ce l'avrebbe fatta ancora per molto. Doveva provare ad accantonare tutto quello che aveva passato. Oppure imparare a convivere con il dolore. Ma doveva essere forte. Per Minho, Brenda, Frypan, Gally, Vince, Jorge, Sonya, Aris e tutti i suoi amici che erano ancora lì con lui. Doveva farlo anche per Newt, Teresa, Chuck, Alby, Ben, Winston. Perché sapeva che se fossero stati ancora lì con lui, non avrebbero permesso che si sgretolasse in quel modo. Thomas doveva provarci. E forse grazie a questi pensieri diversi e più positivi del solito, per la prima volta dopo tanto tempo il ragazzo riuscì a godersi quello che stava mangiando. Pasta al tonno e qualche fetta di anguria. Non che fosse chissà che cosa, ma era da troppo che non mangiava per davvero, soprattutto non faceva caso a quello che mangiava. Qualcuno gli si avvicinò posandogli un braccio sulle spalle e sedendosi accanto a lui, con il suo piatto di pasta.
"Beh, vedo che stiamo facendo progressi. Sembri un maiale che si sta ingozzando."
Thomas quasi si strozzò con il cibo a causa di una risatina repressa.
"Grazie Minho, mi mancavano proprio certi commenti."
Replicò, tirando al ragazzo una gomitata scherzosa sul braccio. Il ragazzo asiatico prese in mano la sua forchetta e iniziò a mangiare così velocemente che un cane affamato sarebbe stato nulla in confronto.
"Non ti si può guardare, Min. Altro che maiale. Sembri... non so, un qualcosa di dannatamente rivoltante."
Minho alzò gli occhi su Thomas, guardandolo come se fosse in trance, un velo lucido negli occhi.
"Hey Minho... tutto bene?"
Thomas allontanò le sue fette d'anguria da sè e si girò verso il suo migliore amico. Minho sembrò risvegliarsi in quel momento. Scosse la testa e lasciò la forchetta sul piatto.
"Minho..."
Thomas appoggiò la sua mano sulla spalla dell'amico.
"A volte mi ricordi lui così tanto, caspio."
Quelle parole travolsero Thomas, completamente. Non se lo sarebbe mai aspettato. E la sofferenza negli occhi di Minho era un qualcosa di tremendo. Thomas non disse niente. Non sapeva cosa dire. Adesso si sentiva ancora peggio.
"Quando parli, hai preso delle sue caratteristiche, come il fatto di usare la parola 'dannatamente' con il suo stesso tono o nei momenti precisi in cui l'avrebbe detta lui. Qualche volta hai esattamente i suoi modi di esprimersi. Oppure a volte usi la sua stessa espressione corrucciata, quando stai pensando tra te e te. Non è colpa tua, assolutamente, anzi è assurdo di come voi due foste così legati senza mai esservelo detto, e fidati se ti dico che si vedeva che ci fosse qualcosa tra voi due anche lontano chilometri. È solo che è... è difficile per me, Thomas."
Se prima Thomas era senza parole, adesso era scandalizzato. Non si era mai reso conto di tutte le cose che Minho gli aveva appena detto. Era semplicemente assurdo.
"Min... lo so. So quanto è difficile, davvero. Ci stavo pensando prima. Però noi... noi dobbiamo andare avanti. Non possiamo tornare indietro nel tempo, purtroppo, perché ti giuro che se fosse possibile cambierei tutto. Ma... ma ormai noi siamo qui. Dobbiamo farci forza a vicenda."
Minho si girò verso Thomas, gli occhi lucidi, e i due ragazzi si abbracciarono. Thomas sapeva che avrebbe sempre potuto contare sul suo migliore amico, ed era fantastico averlo li. Almeno in quel mondo di sploff, loro due erano ancora assieme.
Dopo il solito pomeriggio lavorativo ed una cena veloce, il ragazzo moro prese velocemente una lanterna dalla cucina e si diresse senza farsi vedere verso la scogliera. Quello era probabilmente il suo posto preferito. Adorava guardare il sole tramontare sotto il mare, perdersi nel movimento oscillante dell'acqua, ascoltare lo stridio dei gabbiani in lontananza e le onde infrangersi contro gli scogli. Stava per ore sulla scogliera, dal tramonto fino a notte inoltrata, e in tutto quel tempo, pensava. A qualsiasi cosa gli venisse in mente. L'unico problema è che il centro di ogni argomento era sempre uno: Newt. Forse era quel posto magico, la sua calma gli ricordava il ragazzo biondo, o forse era semplicemente Thomas che doveva ritagliarsi un momento in tutte le giornate per pensare all'altro ragazzo. Ma qualunque fosse la causa, Thomas alzava gli occhi all'orizzonte e si immaginava Newt, vicino a lui. A volte prendeva anche a parlare, come se il ragazzo fosse lì ad ascoltarlo. Gli piaceva pensare che fosse davvero così. Ma sapeva perfettamente che era solo una fottuta illusione.
Quella sera, come tutte le altre, Thomas si sedette sulla scogliera lasciando ciondolare le gambe oltre il bordo.
"Hey, Newtie. Mi manchi dannatamente tanto, ma questo ormai lo sai. Vorrei che le cose fossero andate in modo diverso. Vorrei che tu fossi ancora qui. I ricordi mi stanno uccidendo vivo. Non passo una sola notte senza ripercorrere tutto quello che abbiamo affrontato. È più forte di me. A volte vorrei solo spegnere completamente il cervello e poter riposare. Non pensi anche te che me lo meriterei? Non ce la faccio più. Vorrei mollare tutto, ma non posso. Devo andare avanti. Perché so che se tu fossi qui mi impediresti di crollare. Ma non ci sei, è questo il problema. Mi manchi. Devo continuare la mia vita. Ma non riuscirò mai a dimenticarti."
Da quel momento, Thomas non proferì più parola. Piangeva. E pianse per tutto il tempo che stette seduto sulla scogliera, fino a notte fonda. Ormai le stelle erano alte nel cielo e la luce della luna si rifletteva sull'acqua del mare. Thomas alzò gli occhi al cielo, le guance rigate dalle lacrime. Guardò le stelle sopra di lui, e in quel momento lo sentì. Sentì Newt vicino a lui. "Ti amo." Thomas parlò con la mente, le lacrime che scendevano silenziose sul suo viso. Poi si alzò velocemente e prese la lanterna. Rivolse un'ultima occhiata alla scogliera e tornò alla sua tenda. Spense la lanterna e si mise sotto alle coperte, cercando di non appisolarsi. Prima che il sonno lo prendesse tra le sue grinfie, Thomas stranamente aveva un'altra cosa in mente. Un pensiero che si stava formando nella sua testa. Vedeva la scogliera.

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