Giorno 3: Thomas

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(Non mi sono dimenticata di voi, assolutamente. Ma mi sono voluta godere queste vacanze senza usare il cellulare, e questo comportava il fatto di non aggiornare. Mi dispiace un sacco per il ritardo, spero che continuiate a leggere il libro lo stesso. Grazie a chiunque sia rimasto🌹 questo capitolo mi piace un sacco ahah preparateviii; scusatemi eventuali errori, correggerò in caso. lasciate qualche commento alla fine se vi va. Vi voglio bene,
giuls🖇)

Thomas odiava doversi svegliare nel cuore della notte, urlando, non solo per colpa di una, ma di ben due persone. Newt e Teresa. Già. Quelli, i ricordi dove erano presenti entrambi, lo uccidevano letteralmente. Thomas amava Newt, e stava fottutamente male sempre: ogni millesimo di secondo di ogni momento della sua esistenza. E Teresa. Che dire di lei. Thomas le avrebbe sempre voluto bene, inutile negarlo. Per lui era come una sorella, nonostante tutto quello che era successo. Non le aveva nemmeno potuto dire che l'avrebbe perdonata, e si sentiva terribilmente in colpa.
Tutto quello faceva male al ragazzo moro. Avrebbe preferito essere attaccato dai Dolenti e dagli Spaccati insieme, più e più volte, piuttosto di provare quel dolore straziante dentro di se.
Thomas sospirò alzandosi lentamente, mentre si asciugava con il lenzuolo azzurro della brandina il sudore sul collo e sulla fronte. Per fortuna quella notte non aveva svegliato Minho o Brenda, evidentemente non aveva urlato poi così tanto. Una decina di minuti più tardi, Thomas si trovava assieme a Frypan nella cucina deserta, a finire la sua tazza di cereali mattutina.
"Hey, vacci piano Thomas. Ti ingozzerai a furia di mangiare così"
Il ragazzo di colore si sedette difronte a lui. Thomas si costrinse ad ingoiare un boccone enorme per parlare e alzò lo sguardo.
"È bello sapere che ci tieni alla mia vita, Fry"
Disse sarcastico. Il ragazzo rise e Thomas dovette ammettere che quel verso latrante gli era mancato.
"Comunque, che caspio ci fai sveglio alle sei e mezza del mattino? Intendo, a parte non riuscire a chiudere occhio..."
Thomas raccolse col cucchiaio gli ultimi cereali sul fondo della tazza.
"Lavoro. Dobbiamo finire di aggiustare la barca, non ricordi?"
Frypan aggrottò le sopracciglia.
"Ma come, Vince non te l'ha detto? La risistemazione della barca è stata completata, non c'è più niente da fare. Lui, Gally , Aris ed altri tre ragazzi, Josh, Michael e Greg salperanno stasera al tramonto ed andranno a pesca per un paio di giorni."
Thomas lasciò cadere tazza e cucchiaio sul bancone di legno con un tonfo sordo.
"Cosa?"
Non poteva credere alle proprie orecchie. Perché diamine Vince non glielo aveva detto? Frypan alzò le spalle e distese le sopracciglia, alzando in alto le mani in segno di innocenza.
"Non guardarmi così, ragazzo. Non ho idea del motivo per cui tu non ne fossi a conoscenza, mi dispiace."
Inutile. Ecco l'aggettivo con cui si sarebbe classificato Thomas d'ora in avanti. Era diventato così inutile da non sapere neanche le decisioni prese dagli altri ragazzi? Caspio, era lui che aveva condotto i Radurai fuori dal Labirinto. Era lui che li aveva guidati attraverso la Zona Bruciata. Era lui che aveva lottato per ogni singola persona rischiando più e più volte la propria vita. Era lui il leader, colui che infondeva coraggio e dava speranza quando nemmeno lui stesso riusciva a vederne neanche un po'. Da quando ne aveva memoria, aveva passato tutta la vita a cercare di salvare i suoi amici. E loro adesso cosa facevano? Gli negavano la possibilità di ricominciare a tornare forte come prima. Perché si, era consapevole di essere caduto in un baratro oscuro, molto profondo. Ma aveva capito come costruire una scala: lui la costruiva, ed i suoi amici (o almeno le persone che riteneva tali) spezzavano ogni pezzo, facendoglielo ricostruire di nuovo e negandogli così la possibilità di uscire da quel baratro. Ecco come si sentiva. Stringendo forte gli occhi, Thomas si alzò tremando ed uscì fuori, sulla scogliera, respirando affannosamente e cercando con gli occhi la tenda di Minho. Individuata, ci si fiondò dentro. Il ragazzo asiatico si era appena alzato, e si stava lavando la faccia.
"Thomas, ma che cav..."
"Dimmi che non ne eri a conoscenza, Minho. Ti prego."
Tremava. Minho strinse gli occhi, senza capire.
"A conoscenza di cosa?"
"Hanno finito la barca. Alcuni salpano stasera, tra cui Gally ed Aris. Ed io non ne avevo la minima idea."
Il moro fu preso da un capogiro improvviso non vedendo un'espressione di sorpresa sul volto dell'amico, che lo guardava impassibile.
"Tu lo sapevi."
Minho spostò lo sguardo a terra.
"Thomas..."
"Tu lo sapevi! E non mi hai detto nulla!"
Le nocche del ragazzo erano diventate bianche dalla tensione. Minho lo guardò con decisione.
"Si testa puzzona, lo sapevo! E sono stato io a dire agli altri di non dirti nulla!"
A Thomas venne un conato di vomito, e si appoggiò al letto.
"Secondo te avrei dovuto dirtelo?! Stai scherzando, spero. Non sei più te stesso in questi mesi, e la cosa è assolutamente comprensibile, nessuno te ne fa una colpa. Però non sei in grado, in questo momento, di poter prendere decisioni importanti, o venire a conoscenza di questioni a cui sicuramente avresti voluto partecipare, rischiando la tua vita quando non sei abbastanza lucido..."
"È da quando ho memoria che rischio la mia vita per altre persone, Minho! Non avrebbe fatto differenza. Non sta a te prendere decisioni per conto mio. E comunque, non ho una ragione valida per vivere in questo mondo di sploff, ormai."
Detto questo, Thomas si girò e uscí dalla tenda. Per Minho quelle parole furono come due schiaffi in pieno viso: lui non significava abbastanza per Thomas? Non era un motivo valido per farlo vivere?
Il moro si sedette sulla scogliera, il più lontano possibile da tutto e tutti, e guardando il mare tutta la rabbia e lo stress accumulato negli ultimi dieci minuti iniziarono a defluirgli via dal corpo, proprio come le onde cancellano un segno tracciato sulla sabbia. Si prese la testa tra le mani e strinse gli occhi. Non voleva piangere, piangeva già troppo frequentemente. Non ho una ragione valida per vivere in questo mondo di sploff, aveva appena detto a Minho. Come aveva potuto essere così crudele con lui? Con Minho, che c'era sempre stato indipendentemente da tutto. Che lo aveva sempre aiutato, che per lui aveva sacrificato tutto, con cui aveva passato tutti i casini ed affrontato proprio quel mondo del caspio, con il suo migliore amico. E lui lo aveva appena trattato come se tutto quello che aveva fatto in realtà non valesse più di un fazzoletto usato. Thomas si sentì vacillare e si sdraiò grugnendo a pancia in su, sempre con gli occhi serrati, le mani sul viso. Dov'era Thomas? Il vero Thomas. Dov'era il leader su cui tutti potevano contare? Dov'era il ragazzo spiritoso e che riusciva a sorridere? Dov'era il ragazzo che trattava i suoi amici come la cosa più preziosa di tutto il mondo? Dov'era il ragazzo che sapeva amare, e soprattutto, perdonare? Thomas non ne aveva idea. Non sapeva più niente. Non aveva più certezze. A parte Minho. Minho, che però sembrava non capire quanto gli facesse male essere messo da parte, anche se per il suo bene. Newt avrebbe capito. Newt... quel nome ormai viveva in Thomas, Newt ormai viveva in Thomas. Non ne usciva più.
"Tommy, smettila di fare il bambino. Muovi il culo e finisci quello che hai iniziato. Sapevamo tutti che molti amici sarebbero morti, ma dannazione, voi ce l'avete fatta! È ora di andare avanti. Devi pensare a te stesso, a stare bene. Perché io qua sto bene solo se anche tu stai bene. Io sono con te in ogni tua singola azione. Non ti lascerò mai. E so che puoi superare tutto questo, perché sei forte e sei Thomas. Il mio leader. Il mio Tommy."
Thomas si alzò a sedere di scatto, guardandosi intorno, da tutte le parti possibili. Quel discorso... le parole rimbombavano così profondamente dentro le sue orecchie, nella sua mente, che pensò davvero che Newt fosse li, con lui. Invece no. Si era solo immaginato tutto. Un accenno di sorriso, proprio così, comparve sul suo volto: era proprio quello che avrebbe detto lui. Ed aveva ragione. Doveva alzarsi e smetterla di piagnucolare come una ragazzina, darsi da fare. Spossato ancora dalla forza di quei pensieri, si alzò ciondolando sulle gambe: una nuova energia stava prendendo forma dentro di lui, sempre più consapevole del suo corpo, l'adrenalina dell'euforia che pompava nelle vene. Doveva farcela. Poteva farcela. Entrò nella tenda di Minho deciso a scusarsi ma, trovandola deserta, decise di andare a cercare Vince. Lo trovò vicino alle piantagioni, mentre parlava con due ragazzini sconosciuti a Thomas. Mentre si avvicinava, i due ragazzi lo guardarono intensamente, interrompendo il discorso con Vince; ovviamente sapevano chi fosse, e questa cosa Thomas la trovava frustrante: perché la gente sapeva chi era ma lui non conosceva quella gente? Non aveva senso. Vince agitò una mano in aria.
"Ragazzi, ne parliamo dopo."
I due, cogliendo il messaggio, annuirono e se ne andarono bisbigliando, lanciando dietro di loro occhiate curiose. Thomas li seguì con lo sguardo per qualche secondo, poi sbuffò incredulo. Vince lo guardava con un sorriso poco accennato sul volto maturo.
"Buongiorno, Thomas. Vedo che oggi stai molto meglio, hai acquistato un bel colorito sulle guance: Frypan ti ha messo all'ingrasso?"
"Hey Vince. Si, oggi mi sento... diverso. Per questo volevo parlarti seriamente."
Qualcosa nel tono di Thomas fece assumere un'espressione d'un tratto seria al volto di Vince, il quale con gli occhi profondi incitò il moro a continuare il suo discorso.
"Ho saputo che avete finito la riparazione della nave. Davvero ottimo lavoro ma... ho saputo anche che non eravate intenzionati a dirmelo. Lo avrei saputo quando questa sarebbe salpata, con te, Gally ed Aris sopra?"
"Thomas..."
Provò ad iniziare Vince, ma il ragazzo scosse la testa.
"Ho già parlato con Minho, è stato il primo da cui sono andato. Ha detto che vi ha incitati a non dirmi nulla, perché secondo lui non sono lucido e non posso prendere o essere informato sulle decisioni più importanti. Vince, non puoi davvero dirmi che ti vada bene. Io non posso starmene con le mani in mano a guardare. Non ci riesco. E si, sono stato male, ma ora sono riuscito ad infilarmi in testa il fatto che devo andare avanti e continuare con la mia vita: come posso farlo se non mi permettete di lavorare? O comunque di aiutarvi con le decisioni. È il mio posto..."
"Thomas."
La voce di Vince era quasi dolce. Posò una mano sulla spalla del ragazzo e gliela strinse.
"Thomas, tu sei un leader nato. Non ti avremmo mai tolto il tuo incarico. Questa era solo una... decisione momentanea presa con il consenso di tutti, per il tuo bene. Aspettavo proprio che tu venissi a farmi questo bel discorsetto..."
L'uomo rise.
"Stai tornando te stesso. Non sarai più come prima, nessuno di noi sarà come prima, perché questa esperienza ci ha cambiato e mi dispiace dire in peggio. Sei caduto e adesso ti stai rialzando. E l'hai fatto da solo. Ricorda che le tue debolezze saranno anche i tuoi maggiori punti di forza. È ciò che ci rende umani in tutto sto schifo. Perciò io ti ridò il benvenuto a Porto Sicuro."
Thomas sorrise, il primo vero sorriso da mesi, e diede due pacche a Vince sul braccio.
"Domani, 8, Tenda delle Riunioni: ti spiegheremo e aggiorneremo su tutte le questioni. Dirò agli altri che salperemo domani sera. Ah, nel frattempo faresti meglio a parlare con Minho."
Il moro gli lanciò un'occhiata stupita: Vince ridacchiò con gusto.
"L'ho visto cinque minuti fa entrare nella tenda di Brenda. Faresti meglio a sbrigarti."
Thomas lo ringraziò con lo sguardo e corse nella direzione indicata.
"Minho!"
Urlò fuori dalla tenda.
"Avanti, Minho! Esci!"
Il tessuto si increspò e si aprì, e a Thomas balzò il cuore in gola, ma uscì Brenda a braccia incrociate.
"No. Non guardarmi così."
Si difese il ragazzo. Brenda spalancò gli occhi, incredula.
"E come dovrei guardarti? L'hai distrutto. Ma ti sei reso conto di quello che hai detto?!"
"Si, caspio! Sono stato un cretino, e sono qui per scusarmi."
Brenda assottigliò gli occhi e gli puntò un dito contro.
"Se oserai ancora dire una cosa del genere, giuro che ti prendo a calci in culo e ti stacco a morsi le pa..."
"LALALALALA mi suona già troppo doloroso non voglio sentirlo grazie ho afferrato il concetto."
Disse Thomas con le mani sulle orecchie. Brenda nascose un sorriso fugace ed entrò nella tenda. Cinque minuti dopo, quando Thomas stava ormai perdendo le speranze, finalmente Minho si decise ad uscire.
"Thomas"
Disse per salutarlo. Il moro lo guardò con aria supplicante e colpevole.
"Minho. Tu sai che non pensavo davvero quello che ho detto oggi."
Il ragazzo asiatico alzò gli occhi al cielo.
"No Thomas, non do la nostra amicizia per scontata. E poi non puoi continuare a trattare la gente così, quando sei arrabbiato o quando è un periodaccio. Le persone si stufano e se ne vanno, ragazzino."
Per Thomas fu come ricevere un pugno nello stomaco. Non poteva perdere Minho, la loro amicizia era troppo importante e se lui avesse deciso di tagliare i ponti, molto probabilmente Thomas non si sarebbe mai ripreso da tutto ciò.
"Neanche io do la nostra amicizia per scontata, ma ero arrabbiato e non ragionavo, non ero lucido e avevi ragione. Hai sempre avuto ragione, Minho. Mi sei sempre stato accanto nonostante tutto e non ti ho mai ringraziato abbastanza. Beh, lo sto facendo ora. E ti dico che tutto quello che hai fatto mi sta facendo andare avanti, continuare con la mia vita, perché senza di te non so davvero dove sarei adesso. Quindi si, sei una ragione più che valida per continuare a vivere. Mi dispiace per tutto. E ti ringrazio dal profondo del cuore. Scusami."
Minho lo guardò profondamente negli occhi. I secondi passavano lenti.
"Oh, al diavolo. Ovvio che ti perdono, Thomas. Resta il fatto che mi hai ferito, e non poco."
"Mi farò perdonare. Promesso."
Disse. E sorrise, per la seconda volta in un giorno, dopo tantissimo tempo. Era un record.
"Oh dio mio, era un sorriso quello?"
Urlò Brenda, che era appena uscita all'aperto. Per poco Minho e Thomas non morirono d'infarto.
"Si, era proprio un sorriso. Oh.. oh aspetta, sta ridendo? Brenda, questo è assolutamente un record!!"
Disse l'asiatico. Ed i tre si abbracciarono.
"Mi eri mancato, faccia di sploff."
"Anche tu, Minho. Anche tu."
"Vorrei tanto che Newt fosse qui con noi."
"Lo vorrei davvero anche io."
Disse Thomas, stringendo forte Minho in quell'abbraccio, che piano piano stava ricomponendo la maggior parte della sua anima in frantumi.

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