Newt

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Le Porte si chiusero.
Newt restava li, gli occhi sbarrati, la mano protesa ancora verso Thomas. Che ormai era al di là delle porte. Non ci poteva credere. Non poteva averlo fatto davvero. Fu come se qualcosa dentro al ragazzo si ruppe. Non poteva credere che nè Thomas, nè Alby e nè Minho sarebbero tornati. Morti. Ecco cos'erano. E se c'era almeno la possibilità che Thomas si salvasse, adesso era andata sprecata. Aveva agito prima di pensare. Ecco com'era Thomas. Impulsivo. Sciocco. E aveva sacrificato la sua vita per la malsana idea di poter aiutare Alby e Minho. Newt si maledisse da solo. Doveva trattenerlo, ecco cosa doveva fare: ormai conosceva abbastanza Thomas da capire che avrebbe agito in quel modo, eppure non era stato abbastanza veloce per fermarlo. Doveva tenerlo per mano e non lasciarlo più. Ma ora lui e gli altri due erano dall'altra parte, e presto sarebbero arrivati i Dolenti.
Dolore. Un sentimento non nuovo per Newt, ma provato in una circostanza completamente diversa. Il dolore di quando qualcuno che ti è amico è vivo ma sai che tra poco non lo sarà più. E fa male. Tanto male.
Chuck si avvicinò al ragazzo, posandogli una mano sul braccio.
"Newt, Pive... ascoltami"
Newt invece restava li, a pochi centimetri dalla Porta. Lo sguardo lontano, nel Labirinto. Il solo pensiero che Thomas dovesse trovarsi faccia a faccia con un Dolente lo terrorizzava. Il solo pensiero che sarebbe morto... non voleva pensarci. Non poteva.
"Newt..."
Chuck lo scosse per il braccio, risvegliandolo. Newt girò lentamente la testa, accorgendosi solo in quel momento di avere gli occhi velati di lacrime. Si sentiva stupido. Non si era mai mostrato così sentimentale davanti a qualcuno.
"Newt.. è vero? Gli altri dicono che non torneranno più. Dicono..."
Chuck tirò su col suo nasone e Newt chiuse gli occhi, lasciando che due lacrime calde gli scendessero sulle guance.
"Devono tornare. Loro sono forti. Minho non permetterà che succeda nulla..."
"Chuck..."
Disse Newt, con voce incrinata. Ma il ragazzino continuava imperterrito, il viso inondato dalle lacrime.
"... sono forti. Troppo forti per morire in un cavolo di Labirinto giocattolo, okay?"
A Newt si spezzò il cuore una seconda volta. Non poteva vedere Chuck in quel modo. Strinse il minipive in un abbraccio.
"Mi dispiace Chuckie... lo sai che non torneranno più..."
Si, stavano piangendo entrambi. Senza differenza di età o sentimenti. Piangevano per quegli amici che ormai erano diventati la loro famiglia. E soffrivano tanto.
E come se non bastasse, dovevano andare avanti. Quella stramaledettissima Radura del caspio aveva bisogno dell'amministrazione di Newt e del lavoro di Chuck per continuare a vivere. Newt avrebbe volentieri mandato tutto affancaspio. Ma non poteva, e non l'avrebbe fatto. Il ragazzo aveva quel tremendo problema di preoccuparsi sempre per tutti prima di se stesso. E tutto quello a cui riusciva a pensare, mentre si avviava al Casolare, erano Alby, Minho e Thomas. Possibile che tre delle persone a cui teneva di più si trovassero in quella situazione del caspio? La loro vita faceva già schifo; ecco, ora lo faceva ancora di più. Newt non avrebbe mai immaginato che le cose sarebbero potute andare peggio: evidentemente non era così. E per quanto il giovane ragazzo sperasse in un qualche miracolo, sapeva che nessuno dei tre sarebbe tornato vivo il mattino seguente. Nessuno sopravvive al Labirinto.
Newt cercò di asciugarsi le lacrime velocemente e di nascondere il naso e gli occhi rossi agli altri Radurai. Ora che Alby era dall'altra parte delle mura, il comando passava direttamente nelle mani di Newt. Non poteva far credere agli altri Radurai che il loro capo stavo crollando; doveva essere la roccia, il punto fermo e stabile su cui tutti potevano contare.
Però Newt non si sentiva affatto così. Lui odiava quel posto. Figuriamoci prenderne pure il comando. Non poteva essere il punto fermo di qualcuno, figuriamoci di un'intera piccola comunità, se non era neanche il punto fermo di se stesso. Perché era così che si sentiva Newt. Lui, lì dentro, stava male. Però doveva pensare al bene comune. Poteva farcela... doveva. Che lo volesse o no, le cose erano così. Ed era meglio darsi una svegliata.
Anche perché, se non avesse fatto niente, Newt era sicuro che sarebbe impazzito: continuava a pensare a quei tre, la fuori. Ancora non poteva crederci. Non poteva credere al fatto che Thomas avrebbe potuto salvarsi. Ma no, ovviamente: le cose non andavano già abbastanza male, mh? Arrivava anche quel Pive ad incasinare la vita di Newt. Il ragazzo ci aveva provato. Aveva provato a non affezionarsi alle persone lì dentro, sapeva che quella cosa non sarebbe finita bene. Eppure Alby, Minho e Thomas avevano fatto breccia nel suo cuore senza problemi. E guarda caso, chi probabilmente era appena morto? Loro tre. Che vita del caspio. Newt si sentì egoista. Egoista perché avrebbe preferito che altri Radurai prendessero il posto di quelle tre teste di caspio a cui si era affezionato. Chiunque, chiunque ma non loro. Era questa frase che continuava a ripetersi, gli occhi pieni di lacrime. Senza rendersene conto, il ragazzo era entrato nel Casolare e si era fermato lì, all'entrata. Non si era accorto che la maggior parte, se non tutta, dei Radurai si era nascosta all'interno dell'edificio. E tutti i presenti lo guardavano di sfuggita, la testa bassa, gli occhi tristi. Dopotutto, avevano appena perso il loro effettivo capo ed il Velocista migliore. Newt si asciugò le lacrime, cercando di rimettere insieme i frammenti della razionalità che gli restavano in corpo.
"Nessuno avrebbe potuto aspettarselo. Ne sono consapevole. Sono il primo che non riesce a realizzare veramente ciò che è appena successo. So che fa male, che alcuni di voi erano amici di Alby e Minho, e che forse avevano iniziato anche a conoscere Thomas, ma ormai... ormai non ci sono più. Appartengono al Labirinto, adesso. E noi dobbiamo continuare ad andare avanti, per quanto in tutta questa sploff sembri impossibile. Dobbiamo trovare una fottutissima uscita da questo Labirinto, okay? Dobbiamo farlo per loro. Per Alby, Minho e Thomas. Dobbiamo farlo per noi. Dobbiamo farla pagare ai Creatori. Quindi andate tutti a dormire. Domani riprenderanno i lavori, come sempre."
Newt concluse il suo discorso senza forze. Il suo cuore non avrebbe retto ancora per molto. Perché si, stava iniziando a realizzare il fatto che non avrebbe più rivisto Alby, la prima persona disposta ad aiutarlo, la prima persona con cui aveva affrontato tutta quella sploff. Non avrebbe più rivisto Minho, il suo primo e vero migliore amico da quando aveva memoria. E non avrebbe più rivisto Thomas, la persona del quale forse stava davvero iniziando a provare qualcosa. Non ce la faceva a sopportare tutto, di nuovo. E per la seconda volta, quel giorno, Chuck lo risvegliò dai suoi pensieri tirandolo debolmente per il braccio. Newt spostò il suo sguardo sul ragazzino. Gli occhi arrossati, il viso cosparso di lacrime, l'espressione assente.
"Hey Chuckie..."
"Non ce la faccio a dormire, Newt. Non ce la faccio proprio. Tutto questo mi fa schifo. Perché a noi?"
Newt si sarebbe voluto tirare due caspio di ceffoni. Doveva essere forte, non poteva mollare. Doveva far vedere a Chuck che si poteva andare avanti. Che ce l'avrebbero fatta, insieme.
"Hey, hey Chuck. Ascoltami. Noi ce la faremo. Sarà difficile, non lo nego, okay? Però ce la faremo. Usciremo di qui. Fidati di me. Ora... nemmeno io riesco a dormire, ti pare, testona? Come ho detto, è difficile. Ma tu sei forte. Noi siamo forti. Ce la faremo."
Newt strinse la spalla al piccolo Pive. Chuck parve essersi rianimato un po' dal discorso dell'amico, si asciugò le lacrime ed ammiccò un sorriso. Era forte e Newt lo sapeva. Non si meritava tutto quello.
"Sai cosa ti dico? Andiamo ad abbuffarci in cucina. Io non ce la faccio a dormire e se non faccio qualcosa penso, e l'ultima cosa che voglio fare è pensare. Quindi, che ne dici di far andare la mascella e far incaspiare Frypan?"
Chuck rise, una risatina nervosa, ma sincera.
"Ottima idea"
————
Newt si svegliò con un sussulto, un solo pensiero in testa: loro. Si rese però conto di avere un barattolo di Nutella in mano, e di essere seduto con la schiena appoggiata al retro del bancone di legno di Frypan, in una posizione parecchio scomoda. Aveva male a tutta la schiena e al collo. Chuck dormiva con la testa mezza infilata in un secchio enorme di pelati. Newt si guardò intorno. In cucina regnava un disastro unico: pentole ribaltate, scatole di cibo sparse per tutto il pavimento, torsoli di mele qua e là, bucce di banane ovunque, dolci mezzi mangiucchiati ancora per terra. Okay, forse avevano un po' esagerato quella notte. Frypan li avrebbe sicuramente uccisi. Newt raccolse un torsolo di mela che si trovava vicino alla sua gamba e lo lanciò verso la schiena di Chuck per svegliarlo; si sarebbe mosso, se non fosse per i crampi che lo perseguitavano. Il minipive sussultò e si tirò immediatamente seduto con una smorfia di dolore.
"Cacchio, che mal di schiena!"
Riuscì a dire mugolando il ragazzino, alzandosi riluttante ed aiutando Newt a sua volta. Poi spostò lo sguardo intorno. La sua espressione sbiancò e poi si mise a ridere.
"Oh, oh, caspio. Frypan ci uccide. Uccide. È stato un piacere conoscerti, Pive."
Newt ricambiò con una risatina. Ma la realtà piombò sui due Radurai all'improvviso. Entrambi si guardarono e senza perdere tempo si precipitarono fuori. Le Porte erano ancora chiuse. Newt pensava che il cuore gli stesse per scoppiare nel petto. Potevano essere ancora vivi? Un briciolo di speranza viveva nel ragazzo. Sapeva che quando le porte si sarebbero aperte, sarebbe corso nel Labirinto. Non importava la sua gamba mezza rotta del cacchio. Non importava entrare senza provviste, senza acqua, senza zaino. Non importava non essere minimante preparato, non avere una mappa. Si ricordava tutto. E doveva trovarli. Doveva provare. Lui e Chuck si diressero verso la Porta Occidentale.
"No Newt. Non starai pensando di farlo davvero, eh, testa puzzona?"
Chuck lo aveva capito. Forse dal modo in cui il ragazzo più grande guardava le Porte, come una sfida; o da come il piede sano picchiettava velocemente a terra; oppure dalla posizione che aveva assunto, pronto a scattare.
"Chuckie, devo farlo. Io... io ci devo provare. Devo vedere se c'è ancora una possibilità. O anche vedere solo... solo che ne è rimasto di loro. Ma non impedirmelo, ti prego. Anche perché non ci riusciresti."
Chuck sembrava sul punto di piangere di nuovo.
"No Newt. Non possiamo perdere pure te..."
Newt si sentì terribilmente in colpa.
"Chuckie, ti prometto che tornerò. Lo sai che lo farò. Devo solo controllare. Ma hey, te lo prometto. Tornerò il più in fretta possibile."
Chuck annuì, asciugandosi gli occhi. Poi un'espressione nuova, risoluta, fece capolino sul suo volto.
"Si, hai ragione. Lo devi fare. Basta lacrime. Noi... noi usciremo da qui. In caso, sappi che ti voglio bene testa di pive. Buona fortuna.."
Newt lo aveva sempre detto che quel ragazzino era speciale. Gli scompigliò amorevolmente i capelli.
"Anche io ti voglio bene."
Proprio in quel momento, con un boato, le Porte iniziarono ad aprirsi. Newt lanciò uno sguardo alla Radura. Se fosse morto, non gli sarebbe mancata affatto. Guardò Chuck e gli rivolse un sorriso. Poi, spostò lo sguardo verso il Labirinto. Prese un respiro profondo e iniziò a correre.
Le pareti di pietra, l'edera, l'odore. Tutto era fottutamente uguale alle altre volte. Il sentimento che provava, solo quello era diverso. Doveva trovare Alby e gli altri. Ma non fece in tempo a fare più di 500 metri, che scorse un movimento alla sua sinistra. Dolente, pensò all'improvviso la sua mente. Un brivido freddo percorse la schiena di Newt. Non ce l'avrebbe mai fatta a scappare da un Dolente, con quella sua gamba rotta. E stava proprio per mettersi a correre dalla parte opposta, quando sentì dei gemiti sommessi ed il rumore di più passi. Il cuore prese a battergli forte.
Proprio dalla curva alla sua sinistra, spuntarono Thomas e Minho, che trascinavano il corpo di Alby. Newt rimase fermo, non credendo ai suoi occhi. Sbatté più volte le palpebre, rendendosi conto che non era un sogno, e corse incontro ai suoi amici. Erano vivi. Vivi. Non ci poteva credere.
"Minho, Thomas!"
Urlò il ragazzo, correndo verso di loro. I due Radurai alzarono lo sguardo, increduli.
"Newt, pive del caspio, che diamine ci fai qui?!"
Ulrò Minho, terrorizzato.
"Cosa ci faccio? Cosa ci faccio?! MA POTETE IMMAGINARE CHE COSA ABBIA PASSATO QUESTA NOTTE?! MI AVETE FATTO PRENDERE UN INFARTO! CASPIO SMETTETELA E LASCIATEVI AIUTARE!"
Il ragazzo si avvicinò a loro. Minho e Thomas restarono in silenzio, lo sguardo basso. Subito Newt spostò il suo sguardo su Alby.
"Che caspio è successo?!"
Minho incominciò a parlare.
"È stato punto. Ha bisogno del Siero, Newt. E urgentemente, anche."
Newt sgranò gli occhi.
"Oh caspio, okay. Su, vi aiuto. Con voi due farò i conti dopo."
Il ragazzo prese Alby per i piedi ed insieme i tre arrivarono alla Porta Occidentale. Chuck si era seduto per terra e stava tirando dei sassolini oltre la Porta.
"Hey Chuckie! Ti avevo detto che sarei tornato!"
Urlò Newt. Chuck si alzò subito in piedi. Non credendo ai suoi occhi.
"Ommioddio... ma... oddio! Siete vivi! Oddio mio, santo caspio!"
"Chuckie, potresti chiamare Clint e Jeff? Avremmo proprio bisogno dei medicali."
Chiese Newt, mentre adagiava Alby insieme a Minho e Thomas sul prato della Radura, finalmente al sicuro. In meno di cinque minuti tutti i Radurai si erano radunati attorno a loro, a bocca aperta, completamente stupiti. Alby fu caricato su una brandina e portato al Casolare per prendere il Siero. Poi Newt si girò verso Minho.
"Mi hai fatto morire, testa puzzona. Non farlo mai più. Mai. Più."
E i due si abbracciarono. Minho ridacchiò, sospirando.
"Newt, ti devo... dobbiamo parlare."
"Aspetta qualche minuto. Devo fare una cosa prima"
Si girò verso il ragazzo moro.
"Tu, con me."
Disse a Thomas, e si diresse verso il limitare del bosco. Il ragazzo lo seguì, curioso. Newt si fermò all'inizio della macchia verde, girandosi verso di lui.
"Sei un emerito, grandissimo pezzo di sploff. Cacchio, ma cosa diamine ti è saltato in mente?! Entrare nel Labirinto?! Tu. Sei. Fottutamente. Pazzo. Testa. Di. Sploff. Saresti potuto morire. Non ci provare mai più. O ti uccido io. Mi hai fatto prendere un infarto. Caspio."
Thomas ridacchiò, mettendosi le mani ai lati dei fianchi. Poi sorrise, mordendosi un labbro. Newt lo squadrò da capo a piedi. Terribilmente sexy.
"Ah, quindi eri preoccupato per me?"
Chiese il moro. Newt diventò rosso, come i pomodori di Frypan.
"Io? Preocc... per te? Cos.."
Iniziò a balbettare Newt. Thomas ridacchiò e gli si avvicinò, con sguardo provocatorio.
"Sei terribilmente carino quando arrossisci."
Il cuore di Newt perse un battito. Thomas lo trovava carino? Deglutì sonorosamente, mentre Thomas si avvicinava, gli occhi nei suoi. Quando ad un certo punto si sentì un grido e dei passi che correvano.
"Ehilà, voi due! Vi vorrei lasciare più spazio, ma Newt, lo devi davvero sapere!"
Minho. Newt non poteva crederci. Il suo migliore amico aveva un pessimo tempismo.
Thomas si allontanò immediatamente. Newt spostò lo sguardo su Minho, roteando gli occhi.
"Si?"
"Non ci crederai mai. Impossibile, già, lo credevo pure io. Ma... Thomas..."
Iniziò il ragazzo. Newt lo incitò a continuare con lo sguardo.
"Ha ucciso un Dolente."

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