Newt

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Newt adorava quando Alby gli ordinava di andare a svegliare il Pivello. Non sapeva esattamente perché, ma quel Fagio gli stava davvero simpatico. E a quanto pare adesso Newt sapeva pure il suo nome: Thomas. A giudicare dalla sua espressione di ieri, Newt pensava che lui fosse il primo e l'unico a saperlo. Almeno che Thomas non lo abbia detto a qualcun altro, pensò il ragazzo. Gli piaceva considerare l'idea di essere l'unico, come se fosse una specie di segreto fra di loro, ma sapeva che Thomas lo avrebbe comunque detto agli altri. Doveva dirlo. Non potevano chiamarlo Fagio per sempre.
E così quella mattina Newt si avviò alla brandina di Thomas. Tutto ancora nella Radura era immobile, il silenzio rotto soltanto dal lontano rumore delle Sezioni che cambiavano, quelle maledette. Newt si avvicinò a Thomas. Sembrava così indifeso, mentre dormiva: la fronte rilassata, la bocca semiaperta e i capelli neri scompigliati. Il ragazzo accennò un piccolo sorriso.
Ma che mi succede, cacchio?
Non ricordava per quanto tempo stette lì a guardarlo. Forse minuti, o ore. Fatto sta che il sole era ormai quasi sorto del tutto quando Newt decise di scuotere delicatamente Thomas per la spalla. Il Pivello aggrottò la fronte e poi spalancò gli occhi, per incontrare il viso di Newt.
"Alzati, testone."
"Si, buongiorno anche a te"
gli disse di rimando Thomas, con uno sbuffo. Newt sorrise.
"Che ore sono?"
"Le sette, Fagio."
Gli rispose il ragazzo, con lo stesso sorriso di scherno sulle labbra. "Dopo questi giorni difficili ho pensato di lasciarti dormire più a lungo."
Thomas si rotolò su un fianco per mettersi a sedere sulla brandina, con una faccia buffissima. Newt trattenne una risata. Era così carino quando era mezzo intontito.
"Dormire più a lungo?"
Rantolò Thomas.
"Ma che siete, una massa di contadini?"
Newt ridacchiò.
"Eh... già, visto che l'hai detto."
Il ragazzo si lasciò cadere accanto a Thomas e si mise a sedere a gambe incrociate. Ormai la Radura si stava risvegliando e Newt incominciò a scrutarla, perdendosi per un istante nei suoi pensieri.
"Oggi ti metto con gli Scavatori, Fagio. Vediamo se ti piace di più che non dare a tagliuzzare dannati maialini eccetera."
"Non sarebbe ora di smettere di dirlo?"
Newt aggrottò le sopracciglia, sorpreso.
"Di dire cosa, 'dannati maialini'?"
Thomas scoppiò a ridere ed il cuore di Newt prese a battere forte, mentre sorrideva.
"No, 'Fagio'. Non sono più veramente l'ultimo Novellino arrivato, no? Lo è la ragazza in coma. Chiamate lei 'Fagiolina'. Io mi chiamo Thomas."
Già, ora si era aggiunta quella ragazza. La Scatola si era aperta due volte nello stesso mese, cosa troppo strana, e per peggiorare le cose dentro c'era una ragazza. Erano tutti maschi nella Radura. Lei era l'unica. Al suo arrivo portava un biglietto con se: 'Lei è l'ultima. In assoluto'. La Scatola da allora non era più scesa, e questo non aveva fatto altro che allarmare tutti i Radurai. Ora la ragazza era in coma. E Ben era stato esiliato. Stavano succedendo troppe cose strane, e Newt sapeva che sarebbe successo qualcosa di grosso. Si costrinse a tornare al presente ed alzò le sopracciglia, mettendosi comodo.
"Ma tu guarda cosa devo sentire... cos'è, stanotte hai covato un bell'ovetto?"
Thomas non sembrò apprezzare il suo umorismo.
"Cos'è uno Scavatore?"
"Chiamiamo così quelli che si fanno il culo negli Orti: zappano, strappano le erbacce, seminano eccetera."
Thomas, con lo sguardo fisso davanti a se, continuò.
"Intendente?"
"Zart. Un tipo simpatico, almeno che non fai quello che non si presenta al lavoro. È il tizio grosso che ieri sera stava in testa alla fila."
Thomas si girò improvvisamente verso Newt, facendo dondolare la brandina.
"E allora, come mai sei venuto tu a svegliarmi?"
Newt alzò un angolo della bocca in un sorrisetto malizioso.
"Ma come, non ti piace vedermi come prima cosa al mattino?"
Thomas sorrise.
"Non particolarmente. Allora..."
Ma l'attenzione del ragazzo fu attirata da Minho, che sulla Porta Occidentale stava raccogliendo il collare che avevano messo a Ben per l'esilio. Thomas si girò confuso verso Newt.
"Ma che..."
"Io ho visto solo tre Esili, Tommy. Tutti brutti come quelli che hai sbirciato ieri. Ma ogni cacchio di volta i Dolenti ci lasciano il collare sulla soglia. E sta roba a me da i brividi come nient'altro."
Thomas lo guardò fisso, annuendo.
"Ma che ti fanno quando ti prendono?"
Chiese il ragazzo sussurrando. Newt però non voleva parlarne, si limitò a stringersi nelle spalle. Non era da lui.
"Okay, dimmi qualcosa dei Velocisti."
Disse in fretta Thomas. Newt sapeva che aveva notato il suo cambio di atteggiamento e che in qualche modo stava cercando di scusarsi, ma quella domanda proprio no.
"I Velocisti? Perché?"
"Semplice curiosità."
Rispose Thomas, spostando lo sguardo verso terra. Mente, si disse Newt. Ma decise, per una volta, di provare a parlarne con qualcuno, anche se non lo aveva mai fatto. Ma Thomas gli ispirava fiducia.
"Sono il meglio del meglio, quei ragazzi. Devono esserlo. Tutto dipende da loro."
Incominciò Newt, con sguardo assente. La sua mente ormai vagava lontano, ai tempi in cui anche lui correva lì dentro. La corsa, il cuore che gli scoppiava, lo zaino sulle spalle, l'odore del Labirinto, la paura, il sudore sulla pelle... se chiudeva gli occhi risentiva ancora su se stesso tutti i particolari.
"E perché tu non lo sei?"
Gli chiese il ragazzo. Stava dicendo forse che lui era il meglio del meglio? Lo sguardo di Newt si riposò sul volto di Thomas.
"Lo ero, finché un po' di mesi fa non mi ferii alla gamba. Non è più stata la stessa dopo, cacchio."
Il ragazzo si toccò la caviglia destra, mentre la sua mente tornò a quella mattina, e fu come se tutto gli tornasse davanti, persino il dolore.
"Come è successo?"
Chiese dolcemente Thomas.
"Scappando dai fottuti Dolenti, e come se no? Quasi quasi mi prendevano."
Newt scosse la testa. Non voleva ricordare nulla, nulla di quei tempi. Odiava quel posto.
"Mi vengono ancora i brividi se penso che avrei potuto beccarmi la Mutazione."
Ed era vero. Non c'era notte che gli incubi non lo tormentassero; non lo aveva mai detto a nessuno.
"Cos'è, a proposito? Che cosa cambia? Impazziscono tutti come Ben e incominciano ad ammazzare la gente?"
Non voleva ricordare. Era solo questo che pensava in quel momento Newt. Scusami, Tommy.
"Ben era ridotto molto peggio della maggior parte degli altri. Ma pensavo che volessi parlare dei Velocisti."
Il suo tono uscì più duro di quanto si aspettasse, e così, senza pensarci, prese tra le sue una mano di Thomas a mo di scuse, ed incominciò a giocherellare con le sue dita, lo sguardo basso. Sentì il ragazzo fremere.
"Va bene, ti ascolto."
Sussurrò Thomas. La sua voce era tremendamente sexy.
"Come dicevo, sono il meglio del meglio."
Incominciò Newt, senza smettere di giocare con le dita del ragazzo seduto di fronte a lui.
"E allora come fate? Fate delle prove con tutti per vedere quanto corrono?"
Newt lo guardò male e continuò, cercando di calmarsi guardando le vene della mano di Thomas.
"Fammi vedere se hai un po' di cervello, Fagio, Tommy, quel che vuoi. Quanto cacchio corri è solo una parte della faccenda. Una parte molto piccola, a dire il vero."
"Che intendi?"
Sussurrò il ragazzo con voce roca. Newt si divertiva troppo a vedere la reazione che aveva su di lui.
"Quando dico il meglio del meglio, intendo in tutti i campi. Per sopravvivere al fottuto Labirinto bisogna essere intelligenti, svegli, forti. Bisogna saper prendere decisioni, sapere qual è il giusto livello di rischio da assumere. Non si può essere spericolati, ma neanche timidi."
Newt si sistemò un po' più comodo, vicino a Thomas, appoggiando il braccio del ragazzo sulla sua gamba e accarezzando con le dita i contorni della mano e seguendo delicatamente le vene sul braccio.
"La fuori è un roba brutta, cacchio, sai? Non ne sento la mancanza."
Era felice del fatto che Thomas si fosse lasciato prendere la mano, e che stesse così vicino a lui. Ed in più adorava vedere come la pelle del ragazzo si cospargesse di brividi solo sfiorandogli il braccio.
"Credevo che i Dolenti girassero solo di notte"
Disse Thomas, deglutendo. Ah, quante cose non sapeva.
"Si. Di solito."
"E allora perché è così terribile?"
Newt trasse un profondo respiro.
"Pressione. Stress. La struttura del Labirinto che cambia tutti i giorni. Cercare di immaginarti come è fatto, tentare di portare tutti noi fuori da qui. Preoccuparsi per le maledette Mappe. E la cosa peggiore è che si ha sempre paura di non farcela a tornare indietro. Un labirinto normale già sarebbe un problema abbastanza grosso... ma quando cambia tutte le sere, basta un qualche errore di calcolo e ti trovi a passare la notte con delle bestie cattive. Non c'è posto nè tempo per gli stupidini e per i mocciosi."
Thomas aggrottò le sopracciglia e Newt lo guardò confuso. Sapeva che stava tramando qualcosa.
"Come mai tutto questo interesse?"
Gli chiese.
"Voglio fare il Velocista."
Ecco, appunto. Newt per poco non si spiaccicò una mano sulla faccia. Si girò verso di lui, stringendogli un po' di più il braccio nelle sue mani e lo guardò negli occhi.
"Non sei qui neanche da una settimana, pive. Un po' presto per sperare di morire, non pensi?"
"Dico sul serio."
E Newt ne fu convinto, vedeva la determinazione nei suoi occhi. Ma non glielo avrebbe lasciato fare. Non gli avrebbe permesso di rischiare la vita. Non lui. Non Thomas.
"Anch'io. Scordatelo. Nessuno è mai diventato Velocista il primo mese, lasciamo stare la prima settimana. Devi dimostrare un sacco di cose, prima che ti raccomandiamo all'Intendente."
Balle. Tutte balle. E Newt lo sapeva bene. Ma non poteva rischiare. Anche se ormai aveva capito che Thomas non si sarebbe fermato.
"Newt, dico davvero. Non posso stare a strappare erbacce tuto il giorno... impazzirei. Non ho idea di cosa facessi prima che mi mandassero qui in quella scatola di metallo, ma dentro di me so che il mio destino è da Velocista. Posso farcela."
Era stato comunque il primo pensiero di Newt, la prima volta che aveva visto Thomas. Aveva pensato subito che sarebbe stato un buon Velocista. Ma non poteva perderlo. Eppure qualcosa dentro di lui cedette, guardando quegli occhi scuri così risoluti.
"Nessuno ha detto che non puoi. Ma sta buono, per adesso."
"Ma..."
"Stammi a sentire, fidati, Tommy. Comincia ad andartene in giro per questo posto blaterando che sei troppo in gamba per fare il contadino, che sei bravissimo e pronto a fare il Velocista, e ti troverai pieno di nemici. Per ora lascia stare."
Newt non aveva mai aiutato nessuno così. Perché proprio Thomas? Cosa ci faceva con il suo braccio in grembo? Eppure non gli dispiaceva. Thomas non gli dispiaceva per niente.
"Va bene, ne parlerò con Minho."
Un nuovo sentimento fece irruzione nella mente di Newt. Forte. Gelosia?
"Bell'idea, fottuto pive. È l'Adunanza che elegge i Velocisti. E se credi che io sia un duro, sappi che a te riderebbero in faccia."
"Per quanto ne sapete, potrei essere bravo davvero. Farmi aspettare è uno spreco di tempo."
Newt si alzò, lasciando cadere il braccio di Thomas, e notò una piccola scintilla di delusione nei suoi occhi. Ma allora gli piaceva come posizione?
"Ascoltami bene, Fagio. Stai ascoltando, hai le orecchie bene aperte?"
Thomas roteò gli occhi, ma poi annuí. Newt per poco non si dimenticò tutta la ramanzina per quanto era bello.
"Faresti meglio a finirla con queste scemenze prima che ti senta qualcuno. Da queste parti non è così che funziona. E tutta la nostra esistenza dipende dal fatto che invece le cose devono funzionare."
Il ragazzo si rese conto che il suo tono di voce non sembrava così minaccioso. E poi, Thomas era così bello...
Si riscosse velocemente dai suoi pensieri.
"Ordine. Ordine. Ripetiti questa cacchio di parola all'infinito in quella tua testa di caspio. La ragione per cui qui non siamo ancora impazziti è che ci facciamo un gran culo e manteniamo l'ordine. L'ordine è la ragione per cui abbiamo cacciato Ben. Non possiamo avere dei matti che se ne vanno in giro cercando di cacciare la gente, no? Ordine. L'ultima cosa che ci serve è che tu mandi tutto in vacca."
E per la prima volta da quando era in quel posto di sploff, Newt si rese conto di non aver mai detto nulla di più vero a qualcuno su come si sentiva. Esattamente, perché questo era quello che si ripeteva ogni notte. Quel discorso se lo ripeteva ogni fottutissima notte di ogni fottutissimo giorno. Thomas lo guardò dritto negli occhi.
"Già."
Gli disse, e Newt si sentí un bel po in colpa per avergli riversato addosso tutto. Così gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi. Poi gli diede una pacca sulla schiena.
"Facciamo un patto."
"Cosa?"
Chiese Thomas. Newt potè vedere i suoi occhi riaccendersi di speranza e ne fu felice.
"Tu tieni la bocca chiusa e io ti metto nell'elenco dei potenziali tirocinanti appena tiri fuori un po' di stoffa. Apri la bocca e farò in modo che invece non accada mai, cacchio. D'accordo?"
Thomas roteò gli occhi.
"Fa schifo, come patto."
Newt sollevò le sopracciglia.
Thomas annuí, sorridendo un poco.
"D'accordo."
"Dai, andiamo da Frypan a prenderci un po' di sbobba. E speriamo di non rimanerci secchi."
Sentire la risata di Thomas era qualcosa di fantastico per Newt. E mentre insieme si incamminavano verso la Cucina, Newt pensava. Pensava al vortice di emozioni mai provate che gli divoravano lo stomaco ed il cuore. E questo quando? Quando c'era Thomas. Porco caspio, era inutile fingere. Newt lo sapeva bene, benissimo. Era innamorato di lui. Newt era innamorato di Thomas.

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