Si era fatta mezzanotte inoltrata quando decisero di lasciare il locale. La ragazza andò in bagno per sistemarsi, mentre lui indossò il giacchetto e andò a pagare il conto.
L'aspettò vicino all'uscita e quando infilò le mani nelle tasche, vi trovò i preservativi che gli aveva dato Fade. Si agitò al pensiero di essere arrivato tanto lontano: un'intera serata e né lei né lui erano scappati a gambe levate e non per il solo fatto che si trovassero in un posto sperduto. Sentì l'impellenza di ascoltare qualcosa. Tirò fuori il lettore con una mossa quasi convulsa, si infilò un auricolare e scorse la playlist. Trasalì quando selezionò una traccia solitaria in uno degli album e vacillò nell'indecisione se farla partire o meno.
"Nathan!" lo chiamò la ragazza.
I suoi capelli rossi e voluminosi ondeggiavano di una bellezza ipnotica mentre lo raggiungeva.
Ripose il lettore.
"Sei pronta?"
"Sì." Lo prese per mano facendosi strada e il suo sorriso gli apparve ancora più solare.
Fuori, il giardino era coperto da una sottile distesa di brina che scintillava alla luce dei lampioni, il prato sembrava estendersi all'infinito, inghiottito in lontananza dal buio e tutt'intorno c'erano panchine e statue che davano a quel luogo il sentore di un posto perduto nel tempo.
"Andiamo di qua!" propose Maddie addentrandosi al centro del parco. Trascinava il ragazzo verso una meta imprecisata, ridendo di un'esaltazione quasi innaturale; zigzagava confondendolo, puntando verso quella parte dove i lampioni finivano e si sfociava sul nulla.
Si fermò presso un grosso pino nella penombra dell'ultima luce artificiale e vi premette contro Jag per baciarlo. Lo baciò di passione ebbra, che non ammetteva tentennamenti. Il ragazzo ne fu sopraffatto nonostante lei fosse una spanna più bassa di lui.
Le cerchiò il viso con le mani per illudersi di avere il controllo delle sue azioni. Pensava alla canzone solitaria, si domandava se fosse giusto intrecciarla a quella ragazza.
"Prendi questa" gli sussurrò staccandosi per un attimo per infilargli un dito in bocca. Jag sentì qualcosa posarsi sulla lingua; un sapore sintetico, indefinito.
"Ti aiuterà" riprese a baciarlo.
La sua mente andò in subbuglio. Pensò a Fade, a Rebecca, a chi era lui, a chi era stato e cosa sarebbe diventato. Chimica.
Droga. Maddie gli aveva dato della droga.
Pasticca. Cos'era? Meth. Speed. Ecstasy. Ne conosceva gli effetti. Devastanti per uno come lui con già metà dei neuroni bruciati dagli esperimenti. Voleva. Non voleva. Maddie, perché?
Si destò e spintonò via la ragazza, per poi sputare la compressa.
"Cosa cazzo fai?" urlò lei, buttandosi sul prato buio a cercare fra i fili d'erba sottili.
Si rialzò stralunata. "Guarda che quella l'avevo comprata!"
Fu allora che Jag vide le sue iridi innaturalmente dilatate che si affacciavano sul nulla, scuro come gli estremi del parco dove si trovavano. Si era drogata, forse prima in bagno, non poté dedurlo, lo shock di quell'attimo gli annebbiava il cervello. La vedeva agire in maniera dissociata: un attimo prima era arrabbiata, poi si era buttata di nuovo su di lui avida, in cerca della sua bocca. Le strinse i polsi per fermarla e lei cominciò a dimenarsi, a insultarlo, a urlare che doveva ripagargli la dose, mentre lui era del tutto incapace di agire razionalmente, di ponderare qualsiasi cosa, tranne che fosse una stupida, che era una creatura troppo bella per ridursi in quello stato, che avrebbe voluto che non avesse mandato tutto all'aria a quel modo.
"Va bene! Va bene! Te la ripago!" sbottò alla fine esasperato, per poi mollare la presa. La sua voce uscì quasi stridula. Erano anni che non alzava il tono a quel modo.
La ragazza si massaggiava i polsi dolenti, guardandolo torva mentre lui metteva mano al portafogli e tirava fuori a caso una quantità indefinita di banconote per consegnargliele. Quando lei le afferrò, prese il cellulare e chiamò il suo autista. Gli ordinò di portarla a quel dannato party e lasciarla lì e poi tornare a riprenderlo: avrebbe aspettato in quel parco che gli passasse l'incazzatura.
"Mi dispiace, Nathan" gli disse mentre saliva in macchina. Sembrava dispiaciuta davvero, forse si rendeva conto che si stava distruggendo ma come per la maggior parte dei ragazzi della sua età non conosceva altro modo di vivere. Perché a quel mondo non vi era una cazzo di singola cosa che andava come sarebbe dovuta andare.
"Viviamo in un mondo distopico" pensò Jag mentre vedeva la macchina allontanarsi.
Rimasto solo, nel freddo tagliente accentuato dall'altura, si sedette su una delle panchine del parco, prese gli auricolari e selezionò la playlist che usava per svuotare la mente. Era stordito, si domandava se la droga stesse facendo effetto nonostante l'avesse sputata quasi subito. Immaginava i suoi ultimi neuroni fare 'pop' come quelle stupide bolle d'aria che compongono gli imballaggi. Prese il telefono e chiamò Fade, la quale rispose dopo parecchi squilli, in maniera piuttosto preoccupata.
"Che succede?"
"Sono un coglione."
Quando la macchina tornò a riprenderlo, al suo interno c'era lei.
"Come stai?" gli domandò squadrandolo dal suo posto.
Non necessitava di risposte.
"Bevi questo." La ragazza gli si avvicinò e gli porse un caffè grande da asporto che lo aiutò anche a scaldarsi un poco.
Fecero tutto il viaggio di ritorno in silenzio. Jane aveva già saputo l'intera storia per telefono, inutile gravare con domande superflue sul suo umore già flagellato; si era limitata a prendergli un auricolare e condividere con lui la musica durante il tragitto.
Ci volle un'ora per raggiungere casa sua. Al momento di lasciare la macchina, si sentì di dirgli ciò che le frullava in testa.
"Mi dispiace, è stato stupido spingerti a provarci con un'estranea. Credevo avrebbe funzionato ma in realtà penso che la persona giusta per te sia una di cui ti fidi, una che si incanti ad ascoltare quando parli e che impari a conoscerti così a fondo da andare al di là delle tue cicatrici. Non sarà facile trovarla ma, quando succederà, lo capirai subito che con lei non dovrai più temere di mostrare..."
Fu in quel momento che Jag le scostò una ciocca di capelli dal viso, premendole sulla bocca col pollice per interromperla.
Forse aveva parlato troppo. Jane dubitò che quello che aveva detto avesse avuto un minimo senso logico, ma le sue parole erano state chiare; lo aveva capito nel momento in cui il dito del ragazzo si scostò per lasciare posto alla bocca che aveva preso ad avvicinarsi.
Era stata una stupida: aveva descritto per filo e per segno se stessa. Era lei la ragazza che aveva ascoltato tutto quello che aveva da dire, che ne stava apprezzando le sfumature, i lati nascosti e che stava soprassedendo a tutte le congetture mentre lui stava per baciarla.
Jane teneva lo sguardo fisso su quell'eventualità, gli occhi sgranati le bruciavano e, senza preavviso, cominciarono a sgorgare lacrime che scesero silenti, bagnando il suo viso e la mano di Jag.
"Che c'è?" le chiese a un alito dal suo respiro.
"Perché non riesci a capire che il mio cuore è a pezzi?"
Il ragazzo ritrasse il capo, osservando quel dolore che cercava di esplodere ma che lei tratteneva con tutte le forze.
"Perché non me l'hai mai detto."
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Le Ceneri della Fenice 3 - Broken Strings - Completo
General Fiction| Slice of life | Drama | Ilustrato | New adult | Terzo libro della serie "Le Ceneri della Fenice". Broken Strings. Fili recisi dalla distanza. Resti di lacci che una volta legavano stretti. Corde rotte di uno strumento che ha smesso di suonare da...