Something to say

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15 Ottobre 2013

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15 Ottobre 2013

Lo stesso giorno di un anno dopo, Jane era seduta in una piccola stanza dalla mobilia scarna, il volto inclinato, intenta a scrivere degli appunti di viaggio su di un taccuino.

I capelli le ricadevano in avanti e, di tanto in tanto, ne spostava una ciocca dietro l'orecchio per liberare la visuale.

Alzò lo sguardo in un gesto fugace per incrociare quello rimandato indietro dal grande specchio posto sul muro davanti al tavolo.

Rosso.

I suoi capelli erano cresciuti e tornati al loro colore originale. Ogni volta che si guardava doveva impegnarsi ad accettare quel ritorno d'immagine.

Ne erano successe di cose da quella notte in cui era piombata senza preavviso a casa di Jag.

Quel genio della manipolazione, invece di operare con gli strumenti poco ortodossi che lei si aspettava, l'aveva fatta affiancare da uno specialista; l'aveva data in pasto a uno strizzacervelli facendole credere che fosse un passo necessario prima della terapia d'urto. Quel dannato maestro del sotterfugio: ogni volta che ci ripensava, lo avrebbe preso a sberle.

Eppure aveva funzionato. Mai avrebbe immaginato che già dopo il primo mese avrebbe cominciato a rinsavire. Di sicuro non era felice quando ripensava a Edward e ai suoi mici: c'era ancora quella sottile stilla di dolore a risalirle su per la trachea quando succedeva, ma almeno non le impediva più di respirare o di pensare che la vita non potesse andare avanti anche senza di loro.

Poi era successo di tutto: trascinato dai deliri di Nef, Jag aveva deciso di lasciare la sua carriera in laboratorio per unirsi alla nuova band come membro ufficiale. Quando sua madre l'aveva saputo si era incazzata come una iena ma si era arresa ben presto all'idea che, quando tieni qualcuno chiuso per troppo tempo in una gabbia, questi, alla prima occasione, cercherà di scappare via.

Anche Jag dovette sottoporsi a terapia: la sua fobia poco si confaceva alla vita di una star del rock. Passò i primi mesi di registrazione dell'album suonando in sessioni private e negandosi al pubblico che ormai cominciava a dimostrare un certo interesse per lui e per la nuova band.

Fu dopo l'uscita del singolo d'esordio che si vide costretto ad affrontare la sua prima conferenza stampa; lì poté constatare che le cure stavano facendo effetto: in quell'occasione riuscì a controllare il suo atteggiamento anche se, in generale, ancora necessitava della musica, o di una buona canna, per gestire le situazioni.

Dopo essersi trasferito nella città di Nef, la prima cosa che Jag fece fu quella di mettere fra le mani di Fade una macchina fotografica e proclamarla reporter ufficiale del gruppo. La ragazza, ritrovandosi quel fardello sulle spalle, aveva provato a sottolineare che non sapeva nemmeno come si accendesse quell'aggeggio, ma col tempo si riscoprì piuttosto abile a usarlo: gli anni passati alla Light Blue Line, le proposte grafiche e le campagne che le erano passate sotto gli occhi l'avevano abituata a catturare i dettagli rilevanti e a sviluppare un certo gusto per le inquadrature; per il resto la macchina operava quasi nella totale autonomia, risparmiandole i settaggi tecnici di cui non aveva le conoscenze base. Proprio una delle foto che aveva scattato a Jag era stata designata come cover della nuova band: gli Epha2.

Le Ceneri della Fenice 3 - Broken Strings - CompletoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora