9 Un brutto incontro

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Lisa

Dalla sera in cui dissi a John che non volevo più vederlo e dopo essere scappata dalla cena dei suoi, non ebbi più sue notizie.
Né una visita né una telefonata, nemmeno una spiata, niente. Un po' mi mancava quella sua sana irruenza che mi faceva sentire desiderata.

Una mattina vidi la sua auto nera davanti a casa mia e sentii un calore strano attraversarmi il corpo. Erano due settimane che non lo vedevo e mi faceva rabbia ammetterlo, ma mi era mancato da morire. Di certo, non doveva assolutamente vedermi in quello stato.

Cos'avrebbe pensato alla visione della bella Lisa in ciabattine di spugna verde vomito e vestaglietta di raso color cacchina, i capelli cespugliati dentro un improbabile chignon, senza trucco, nemmeno un filo di lucidalabbra?

Fortunatamente, mi ero messa un intimo di pizzo bluette niente male sotto la vestaglia e m'impettii all'idea. Alzai la testa, tirai indietro le spalle e spostai il petto in avanti con l'orgoglio di una supergallina nel pollaio.

Al suono del campanello andai ad aprire e mi apparve Ruggero, l'autista di John, il quale mi chiese cortesemente di seguirlo, perché mi avrebbe accompagnata da lui.
Gli risposi che non era possibile, dato che mi stavo preparando per andare in ufficio e che andavo di fretta e con i minuti contati.

A quel punto, vidi scendere dall'auto lui, più bello che mai, in un completo leggero di seta fumo chiaro, pantaloni che gli fasciavano due cosce tornite, le maniche della giacca tirate su a tre quarti che mettevano in evidenza le vene rialzate in superficie, e t-shirt nera attillata sotto, che lasciava intravedere i suoi meravigliosi pettorali.
Uno spettacolo!

Ed io, che facevo schifo pure a me stessa, ero nel panico più totale, totalissimo!
Si avvicinò alla mia scorfana figura con fare irruento e ad un centimetro dal mio naso, occhi negli occhi, parlò a voce bassa, roca e a denti stretti, trattenendomi saldamente per un braccio in modo gentile e garbato.

- Adesso mi devi ascoltare. O da me o da te, decidi.

- Cosa? - ero furibonda per come mi avevano trattata i Wasserman e lui, con la faccia delle due facce mi voleva abbindolare di nuovo con le sue chiacchiere - ma come ti permetti? Sei un megalomane spocchioso, un acido cetriolo arrapato. Come ti sei permesso di spiare il mio conto in banca e i miei affari? Ma che razza di famiglia siete! E poi, io non sono una tua sgualdrina, fallo sapere a quel pezzo di nobiltà di tua madre, dille che auguro un buon fidanzamento a te e la cavalla pazza, un buon matrimonio e tanti figli maschi di razza.

Mi scrollai da lui arrabbiatissima, rendendomi conto solo dopo aver parlato, di aver semplicemente fatto una folle scenata di gelosia.
Che vergogna!

E i suoi occhi si abbassarono dolcemente ammaliati e indifferenti a scrutare il mio bellissimo e accattivante intimo bluette.

- Ehi! Sono quassù.

Gli agitai la mano davanti agli occhi, che si alzarono di scatto, rompendo l'incantesimo e salendo veloci nei mei, e mi scioglievo come il gelato in forno, mentre lui si faceva serio in volto.

- E tu? Cosa vuoi fare con quello scemo di avvocato, è il tuo fidanzato per caso, forse ti piace la sua Cayenne rossa o è qualcos'altro a piacerti, di lui? Ti faccio notare che io sono mille volte meglio.

Cominciai a bollire. Se fossi stata il Titanic avrei sciolto l'iceberg all'istante, mentre lo guardavo con occhi fuori dalle orbite. Quindi avevo ragione, mi aveva seguito.

- Mi stai pure spiando adesso? Ma tu - e gli puntai l'indice sul petto premendolo, mentre ero fuori da ogni grazia di dio - che vuoi tu da me, nemmeno ti conosco. Se sparissi dalla mia vista e ti facessi monaco sul Tibet mi faresti un grosso favore - senza dirgli che l'avrei seguito pure in capo al mondo.

Doubt    (Amore completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora