17 I regali dei Wassermann

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Lisa

Mi rintronavano in testa le ultime parole della siliconata snob, mentre attraversavo il lungo corridoio, ticchettando nervosamente le mie favolose scarpe sul marmo lucido, con la smania di tornarmene a casa e scappare in fretta dalla noiosa e ormai fastidiosissima festa: "Quanto vuoi?".

Ero stata dura anch'io nel rinfacciarle la mia meritata autonomia decisionale. In poche parole avrei deciso io, e non lei, se e quando andarmene dalla casa di John, e i suoi soldi se li poteva spendere per migliorarsi l'aspetto che lasciava troppo a desiderare, e fra lei e me la pezzente era lei, che elemosinava l'amore di John...

Ero proprio caduta in basso con quelle stupide parole di ripicca. Mi ero lasciata trascinare facilmente dal suo mondo ipocrita, mi sentivo una mina col detonatore innescato e aspettavo l'imminente esplosione, cercando inutilmente di soffocarne la miccia.

- Signorina Lisa - lo svizzero mi prese la mano e davanti ai Wassermann continuò - ho detto ai miei amici che mi hanno fatto il regalo più grande per averla invitata qui stasera, per me è un onore avere la sua bellissima presenza e mi sento in debito con lei. Si ricordi, per lei sarò sempre disponibile, me lo permette, vero cara?

- Non preoccuparti Franz - si intromise il signor Wassermann, avvicinandosi confidenzialmente all'amico e parlando sottovoce, ma ero vicina tanto da captare la maggior parte del discorso - ti ho già assicurato in merito, tu hai firmato l'affare e io ho dato le mie garanzie per il tuo desiderio.

Di cosa stavano parlando e cosa c'entravo io? Non avevo bisogno di una balia, ero autonoma, autosufficiente e pure vaccinata, non avevo bisogno dei loro soldi eppure mi facevano sentire in vendita.

Non vedevo l'ora di allontanarmi da tutti e tornarmene a casa, dove finalmente avrei avuto il tempo per meditare su ciò che mi era successo in quelle poche ore.
Ma perché capitavano tutte a me?

Ogni tanto incontravo lo sguardo di John che non si era staccato da me neanche un minuto, i suoi occhi mi avevano seguita ovunque. Si destreggiava da padrone in mezzo a quegli impettiti pinguini e alle appiccicose sirenette messe in tiro per rimorchiare, con accanto la sanguisuga che non si staccava dal suo braccio.
Ero stanca di tutto e pensai di chiamarmi un taxi per tornarmene a villa Wassermann, più che mai decisa a fare le valigie la mattina dopo e in fretta.

Sentii una presenza dietro di me e girandomi trovai John che discretamente, e molto galantemente, aspettava che la signorina del guardarobe mi portasse il coprispalla e la pochette che le avevo richiesto.

- Ruggero mi ha avvisato che vuoi andartene a casa, scusa se non sono stato troppo con te stasera, ma come immaginavo, mia madre mi ha incollato addosso Maria Grazia. Non volevo fare scenate e l'ho lasciata fare, ho visto che eri comunque in buone mani. Mi farò perdonare vedrai - mi sussurrò all'orecchio, mentre si evidenziava la pelle d'oca sulle mie braccia scoperte - dai andiamo, non vedo l'ora di andarmene da qui.

E senza farmi salutare nessuno, cosa che non avrei mai voluto fare, vista l'educazione che me lo imponeva, mi spinse fuori. Mi sarei scusata con i padroni di casa e il loro amico in seguito, alla prima occasione, ma a lui sembrava non interessare, visto il suo modo spocchioso da "menefregoditutti".

- Ti sei accorta che eri al centro dell'attenzione stasera? - mi disse a voce bassa, guardandomi più volte le gambe, mentre guidava la sua costosa auto.

Rimasi in silenzio per tutto il tragitto, pensando a quello che gli avrei detto di lì a poco, troppa la rabbia e le parole che stavano per esplodermi dentro e che dovevo spiattellargli in faccia, e la sua indifferente gentilezza mi stava spiazzando.

Vigliaccamente, non mi uscì una parola dalla bocca. Avevo ancora negli occhi l'immagine di quelle oche che se lo contendevano, ammiccando e ridendo senza motivo. Avevo nelle orecchie le parole killer della snob e quelle ciniche d'affari dei suoi genitori e poi, mi aveva lasciata da sola in balia di quei fottuti stupidi ricconi per tutta la sera, ricordavo bene le palpate di quelle mani viscide, mentre ballavo con loro.

Doubt    (Amore completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora