26
John
Ero seduto sulla comoda poltroncina girevole del mio studio, i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani a pugno sotto il mento. Il mio sguardo era fisso sulla parete di fronte, puntato sul quadro di Mondrian che conoscevo a memoria in tutti i suoi dettagli. Lo osservavo spesso, quando alzavo gli occhi pensieroso, immerso nel travaglio del lavoro.
I piedi incrociati comodamente sotto la sedia, si muovevano in un tremolio frenetico che si trasmetteva di rimando al resto del corpo in un moto d'inerzia condizionato al ritmo dei miei pensieri.
Dovevo mettere in ordine il mio disastro mentale. La confusione caotica che mi aveva investito, dopo l'incontro con il ciclone Lisa.
Quella ragazza sarebbe stata il mio veleno.Con lei, niente era scontato. Quando mi sembrava fosse tutto tranquillo e la tenevo stretta tra le mie braccia, quando ero convinto della nostra complicità, della nostra intesa, mi sbagliavo di grosso. Lei trovava sempre il modo per ferirmi con una qualche scusa e allontanarsi da me.
Quanto mi aveva stravolto quella ragazza, ed era stata una tale delusione!Stavo realizzando che forse, nemmeno lei fosse quella giusta per me. Mi ero illuso, i suoi occhi mi avevano ingannato, la sua bellezza mi aveva stregato e il suo corpo aveva accalappiato il mio amico di sotto, che si destava voglioso ogni volta al suo cospetto. Quella dea mi aveva letteralmente fottuto. Dovevo darmi una calmata.
Mi chiedevo cosa fare, i miei ci avrebbero aspettato a cena il sabato dopo, ovviamente insieme a lei e i suoi genitori. Quale scusa avrei dovuto inventare: "Scusate ma mi sono sbagliato, lei non fa per me, è uguale a tutte le altre, perciò ritorno alla mia vita di sempre. Con permesso".
Ero scappato da Berlino, dopo la sfilata, sconfortato dal comportamento della mia ex dea, che mi aveva tradito, questa volta con quell'imbecille di Duval. Non l'avevo più sentita nei giorni seguenti e vigliaccamente, non avevo risposto ai suoi mille messaggi e altrettante telefonate.
- Guarda che forse non è come pensi - mi destò dai pensieri Stefano.
- E tu che ne sai? - gli domandai curioso e più nervoso del solito.
- Ho sentito qualcosa a riguardo, ma non posso dirti niente, io. Se vuole sarà lei a parlarti - mi informò facendomi supporre che sapesse molto più di me.
Avrei forse dovuto ascoltare le sue menzogne o forse le sue verità e cioè che sceglieva la sua libertà, come aveva sempre detto?
E allora, perché mi sentivo così giù di morale, uno come me, che poteva avere tutto quando voleva, e mi trovavo a desiderare e a mendicare l'amore di una donna. Cristo, quante volte avevo fatto questo pensiero! Dovevo svegliarmi dal coma.
Ero un Wassermann, io!**
- Stefano, ho bisogno di svago. Ci vediamo al pub da Gino - e chiusi la telefonata, senza aspettare la risposta.
- Ehi cazzone - mi apostrofò con enfasi il mio amico - ti sei calmato o hai bisogno di qualche massaggio particolare su quel bel faccino che ti ritrovi, perché sai, dovrei giusto fare allenamento, e la tua faccia al posto del sacco mi ispira così tanto.
Appoggiai con forza il bicchiere di birra sul tavolo, facendo uscire metà del suo contenuto schiumoso sul piano di legno lucido.
- Ehi, amico - intervenne Gino con il suo sorriso piacione, che cozzava con l'aspetto da duro su un corpo palestrato e tatuato e lo straccio in mano per risolvere il guaio che avevo appena combinato - hai una faccia che non ti vedevo da un po', mi fai quasi paura. Perché non vai al circuito e scarichi un po' di adrenalina su quelle cazzo di Ferrari che ti ritrovi sotto il culo oppure - e si avvicinò al mio orecchio - guarda quella faccina laggiù che ti sta mangiando con gli occhi, ti farebbe stare bene. Pensaci.
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Doubt (Amore completa)
RomantiekContinuavo ad assillarmi con domande scomode. Angelo o diavolo, bello e adorabile o arrogante tentatore? Un dio sceso in terra consapevole del suo fascino. Ma cosa voleva da me? Non facevo parte del suo mondo e non mi interessava far crescere il su...