XV

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Beast Boy e Cyborg entrarono in casa, bagnati dalla testa ai piedi a causa della tempesta che, caso voglia, era proprio iniziata poco dopo che i due erano usciti.
Era mezzogiorno passato: erano andati al college dove studiava Terra per sapere come stesse andando, e se DeathStroke si fosse fatto vivo negli ultimi giorni. Ora più che mai, dovevano prestare attenzione ad ogni piccolo particolare.
Erano passati cinque giorni dal famoso "incidente" al Luna Park, tanto famoso che non s'era parlato d'altro per due giorni su notiziari, giornali, persino nei pub pieni di gente ubriaca che gridavano di essere loro stessi gli artefici dell'attentato.
«Allora?» chiese Starfire distogliendo l'attenzione dal forno e guardando i due curiosamente, come suo solito, ma più vivacemente del solito, volendo parlare con qualcuno. Dall'attacco di DeathStroke -e, in altre parole, dal suo anniversario con Robin-, il suo ragazzo era rimasto rintanato in camera sua per la maggior parte del tempo; non le fu possibile capirne il motivo, poiché ogni volta Robin rifiutava di far entrare chiunque, certe volte anche Cyborg, nella stanza; così, aveva ipotizzato che si stesse concentrando su tutta la faccenda della sua ormai nemesi, e che quindi fosse meglio non disturbarlo.
Tuttavia, non era l'unico ad essersi isolato dal resto della squadra.

«Non l'abbiamo trovata» sbuffò Cyborg, togliendosi il giaccone zuppo d'acqua e sventolandolo, gocciolando sul tappeto, per poi buttarlo sull'appendiabiti.
«Quella scuola è davvero strana» aggiunse Beast Boy slacciandosi le sneakers. «Alcuni studenti rimangono e altri se ne vanno. Dico io, un orario unico no?!»
«Non credete sia... sospetto?» chiese l'aliena, tornando a guardare la sua strana torta ribollire nel forno. Avendo intuito che i suoi stufati tamariani non erano poi così graditi dal resto del team, aveva deciso di provare a cambiare ricetta e, perché no, anche piatto.
«Huh...?»
«Che la nostra amica Terra non si trovi più?» si spiegò meglio, preoccupata.
«Oh, ti prego, non anche te!» esclamò il mutaforme. «Da quando siamo entrati nella scuola questo» il mutaforme indicò con il pollice l'omaccione accanto a lui, «non fa che dirmelo in continuazione! Terra se la sa cavare-»
«Certo» lo interruppe Cyborg, «dopotutto non si è lasciata strangolare, no...-»
«Ah, ma che ne sai? Magari ha la febbre, o è malata, e non è andata a lezione!»
«Nella migliore delle ipotesi» il robot roteò gli occhi.
«In ogni caso, a cosa potrà mai servire a DeathStroke senza poteri?!» si arrabbiò. Era così.
...era così? Non voleva pensarci. Voleva credere che stesse andando tutto bene, che la bionda stesse bene, che tutti stessero bene. Doveva sperare nel meglio.
Qualcuno doveva pur farlo.

Starfire cercò di acquietare il mutaforme. «Ragazzi, potete aiutarmi in cucina? Beast Boy, potresti apparecchiare?»
Il mutaforme annuì.
«Cy, aiutami qui, col pollo» si grattò la nuca.
Il robot ridacchiò. «Finalmente, un po' di cibo vero.»
Guardò subito Beast Boy in attesa di qualche occhiataccia, ma il ragazzo si guardava tristemente intorno. «Dove sono Raven e Robin?»
«Nelle loro stanze» sospirò l'aliena, per poi voltarsi di scatto sorridente, avendo avuto una nuova idea. «Amico Beast Boy! Perché non li vai a chiamare? Potreste apparecchiare la tavola insieme!» disse felice, speranzosa.
«Sarebbe fantastico!» aggiunse Cyborg, estraendo da uno dei cassetti degli immobili della cucina un coltello a lama grande. Si sentì come uno di quei killer dotati di machete con quel coltellone; troppo figo.
«Vado subito» accettò Beast Boy sorridendo leggermente, voltandosi e salendo le scale. Sapeva già come sarebbe andata a finire, ma tentare non gli costava nulla, no?

La prima stanza del corridoio era quella di Robin e Cyborg; subito dopo c'era quella di Rae e Starfire, dall'altra sponda del corridoio, ed infine la sua.
Anche se quel buco di casa non era il massimo, doveva ammettere che gli piaceva come erano disposte le camere di ogni Titan, così vicine e così unite. Sì, non erano niente male.
Si fermò di fronte la porta della stanza dei due ragazzi; esitò un po', ma alla fine bussò. «Ehy, Robin...?»
Non sentì nessuna risposta.
«Amico, ci sei? Posso... posso entrare?»
Timoroso, aprì leggermente la porta, sbirciando dentro la camera: Robin era steso sul suo letto, fermo. Dalla sua posizione non riusciva a capire se avesse gli occhi chiusi, o se stesse guardando le molle del materasso di Cyborg, sopra di lui, nel letto a castello, così decise di entrare.

Let me love you [BBRAE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora