XVII

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«Rae.»

Dove si erano cacciati? Non lo sapeva. Non ricordava niente. Come se la sua mente fosse stata stravolta, i pensieri offuscati. Le faceva male la testa al solo pensarci, quindi evitò di farlo; lo aveva evitato da più di un mese, oramai. «Bella felpa.»
La corvina abbassò lo sguardo, guardandosi il tascone della felpa tendere verso il basso a causa del peso morto delle mani che vi aveva appoggiato all'interno, avvicinandosi silenziosamente a Tara, i cui polsi erano avvolti e graffiati da robusti catenacci cortissimi, tant'erano i pochi centimetri tra una mano e l'altra; sospirò lievemente, mentre appoggiò le spalle sulla parete di roccia dietro di lei, in una delle enormi gallerie del "labirinto" sotterraneo che sembrava esser stato allestito appositamente per loro. In quel groviglio di tunnel sarebbe stato impossibile trovarli.
A qualche metro lontane da loro, due enormi porte di acciaio a chiusura ermetica si ergevano quasi nascoste da massi e fango, in stato di quasi decadenza; Raven lesse una volta, in un libro di fantascienza trovato per puro caso nelle sue pile di libri sparse un po' ovunque per la sua vecchia stanza, che da quel genere di porte si accedeva a dei strambi laboratori dove, solitamente, i professori pazzi creavano strani e malvagi esperimenti. Ma era la solita favola dei soliti libri. Nessuno di loro aveva mai varcato quelle porte. Solo DeathStroke ne aveva l'accesso.
Avevano pure scherzato sul fatto che fosse la sua camera da letto, e che dentro ci avesse tutte le action-figures di Robin; la seconda opzione, quella da libri di fantascienza, se fosse stata vera, li avrebbe portati a perdere completamente il senno.

«Da dove l'hai comprata?» chiese Terra, raccogliendo tutte le sue forze per cercare di pronunciare qualche sillaba.
«Me l'hanno regalata» bisbigliò Raven in risposta, provando pietà per quella povera ragazza che, anche stavolta, era stata involta in un folle piano di quel malato di DeathStroke. Lei ancora non sapeva quale fosse il suo scopo, ma sicuramente non si fermava al recupero dei poteri della geocinetica.
Avevano avuto tanto tempo per parlare, in quei sotterranei, anche se il più delle volte Terra non riusciva a metter sù nemmeno una frase, a causa dei dolori allucinanti che la investivano ogni volta che Raven provava a farla ritornare com'era una volta.
«Chi?»
«I miei amici.»
«Eri con loro, stasera?»
«...più o meno.»
Le due rimasero in silenzio. Niente di quel che stavano dicendo era appropriato in quel momento, ma dovevano pur distrarsi, almeno per qualche secondo.
«E dove andavate?» chiese, cercando di portare avanti la conversazione.
Raven scrollò le spalle. «Ad una fiera, credo...»
Terra sorrise. «Che vuoi dire con "credo"? Sapevi almeno la strada per andarci?»
«Seguivo Beast Boy e gli altri» rispose impassibile e neutrale.

Il sorriso di Terra scomparì per qualche secondo. «–come sta Beast Boy?»
Nelle ultime settimane non aveva fatto molto caso a lui. Soltanto quella sera approfittò della sua presenza per dargli il pacchetto-regalo e vedere finalmente un suo sorriso.
«È felice» mentì, scrollando le spalle. «Probabilmente sta giocando al nuovo gioco che...- che si è comprato.»
«Quindi ogni tanto riesce anche lui a risparmiare per qualcosa?» ridacchiò debolmente insieme alla corvina, che guardava il terreno ai suoi piedi.
Era davvero orgogliosa di quel regalo. Uno dei pochi che avesse mai fatto. «Lo vidi impazzire per quel gioco, all'arcade. Credo ci abbia messo davvero tanto impegno per cercare di non buttare soldi in pizzeria ogni sera» rispose la demone, facendo nuovamente spallucce e socchiudendo gli occhi, guardando altrove.
Per qualche secondo le pareva che nulla fosse cambiato. Che fosse alla T-Tower a sentir parlare di tradizioni tamariane al tavolo della sala comune, o che fosse tra Robin e Cyborg seduta sul divano, sgranocchiando qualche schifezza e leggendo qualche buon romanzo, buttando ogni tanto un'occhiata al grande schermo di fronte a loro e assistendo ad una delle partite più cruciali di Rocket League tra i due ragazzi.
O, magari, che fosse in quella cabina sulla ruota panoramica, ammirando il cielo stellato, ancora in tempo per dire qualcosa al mutaforme accanto a lei, prima che quel momento venisse rovinato. Poche, semplici parole.
Se non fosse stato per quel maledetto, che altro di meglio non aveva fare quella sera, quel figlio di—

Let me love you [BBRAE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora