XXII

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Gli era mancato quell'insopportabile odore di tè nero nell'aria; ogni volta che varcava la soglia della cucina, che fosse della T-Tower o della sottospecie di casa che la squadra si era affittata, quell'aroma gli pizzicava il naso, producendo sul suo vivace viso verde una smorfia, mista tra disgusto ed estrema urgenza di starnutire per levarsi quel formicolio dal naso, che poi gli invadeva anche le delicate orecchie, specialmente alle punte. Non era decisamente il tipo da lamentarsi di pruriti o fastidi, considerando che la maggioranza delle volte era lui quello ad arrecarli, e per uno che vive letteralmente nell'immondizia una tale frivolezza quasi non doveva fargli effetto, se il puzzolente odore di cibo, nascosto sotto al letto in attesa della giusta occasione per essere divorato, ma puntualmente andato a male data la smemoratezza del ragazzo, non gli faceva nulla.
Forse era anche dovuto al lungo letargo che Deathstroke e le cure del cyborg, che un po' ormai era divenuto il pronto soccorso del team e il tuttofare per eccellenza, che non lo avevano lasciato seguire le sue solite abitudini, e non sentendosi perciò più a suo agio in una di quelle atmosfere che, da, più o meno, qualche mese a quella parte, ormai era solito condividere con la misteriosa corvina. O per la sensibilità a cui ormai il suo corpo si era adattato, dopo giorni e giorni di riposo, esternato da ogni reagente esterno.
Insomma, di motivi ve ne erano tantissimi, molti più di quelli che il verdognolo avrebbe mai potuto immaginare, ma in quel momento era completamente assorto in ben altro, a suo parere attività molto più gradevole che ripensare al periodo più basso che avesse mai avuto nella sua vita.

«Ancora con questo tè. Basta con il tè. Perché non provi il succo di frutta?» scandì Beast Boy, mentre i suoi occhi verdi, arzilli, seguivano ogni movimento della ragazza di fronte a sé, la cui figura era appena illuminata dal tenue bagliore della luce appesa al soffitto, mentre con cautela e leggerezza si era alzata dal tavolo, finito di soddisfare il suo solito, naturale bisogno giornaliero di tè, che da settimane, mesi, da quando venne fatta succube dei piani mefistofelici del villain Elitè, non curava; da settimane, ovviamente, fino alla notte in cui l'elfo che tanto odiava non era riuscito a toccarle il cuore, per la prima volta, e anche l'anima, riportando sulla Terra la Raven di sempre... o qualcosa del genere. E pensare che tutto ciò, un discorso eterno nella fresca brezza lunare e un gesto improvviso che la corvina non provava nemmeno a ricordare dall'imbarazzo, era accaduto appena qualche ora prima.

Erano tornati dopo un'altra manciata di minuti dentro casa, andati al piano terra e rimasti in cucina per la "colazione" notturna della maga, che era un tutt'uno col soggiorno, che era poi composto soltanto da un divano, la tv e un tavolo più basso, escludendo librerie, finestre e scartoffie di qua e di là.
Garfield aspettò impazientemente per un'altra manciata di secondi una risposta, ipoteticamente provocatoria, della ragazza rivolta alla sua insolente domanda, che però non arrivò. Si ripetè tra sé e sé che era presto, che non doveva farsi alte aspettative e che doveva aspettare, perché la ragazza tornare alla normalità, o almeno, che il loro legame tornasse a quello di una volta. Anche se, dopo ciò che era accaduto, non sarebbe ugualmente tornato tutto come prima. E lui sperava non in peggio.

La osservò assottigliando lo sguardo e inclinando lievemente il capo verso destra, rimanendo seduto sulla sedia di fronte al tavolo, con il gomito poggiato sulla ruvida superficie di legno e la mano tra i capelli ribelli, che cercava di domare nel frattempo, senza alcun successo. Raven non distoglieva lo sguardo dalla tazza, da quando vi aveva poggiato le mani sopra fino a quel momento, mentre la lavava sotto il flusso di acqua corrente fresca, con capo chino verso il basso e una ciocca di capelli corvini tirata dietro l'orecchio, per vederci qualcosa. La sua fronte era leggermente corrugata, le sue guance un po' gonfie e il naso lievemente arricciato, con il mento ritratto; una di quelle smorfie che i bambini fanno quando i loro genitori non danno loro il meritato premio per il loro buon comportamento, una di quelle dolci caramelle alla frutta nel cesto nascosto nel punto più alto di tutte le mensole di casa, irraggiungibili come per un fruttivendolo con il sogno di volare sulla luna.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 17, 2019 ⏰

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