Restò per qualche ora chiuso in camera a riflettere, poi andò a dare un'occhiata alla lavatrice per vedere se avesse finito. Brian era steso sul divano, intento a guardare la tv, Rick riconobbe lo speaker e intuì che doveva trattarsi di chissà quale partita di football. Una volta terminato di stendere i panni stabilì che quel pomeriggio non l'avrebbe passato in casa. Tornò in camera e si preparò per uscire.
«Io esco, vieni con me?» chiese a Brian, mentre prendeva le chiavi dell'auto.
Gli fece di no con il dito senza staccare gli occhi dalla tv. Visto il tempo sereno e il fatto che sarebbe stato il solo ad uscire, dopo la sua risposta cambiò idea. Posò le chiavi dell'auto e prese quelle della moto insieme al casco.
«Ci vediamo al pub?» gli chiese Brian, questa volta guardandolo.
«Credo di tornare in tempo per andare insieme.»
«Allora ti aspetto.»
«Ok, a dopo.» Disse, uscendo.
Prese la sua moto nera e iniziò a girare per la città, non aveva una metà precisa. Le strade erano semideserte, e a causa dell'eccessivo calore, l'asfalto tremolava dando vita a quel miraggio che l'aveva sempre affascinato. Le persone avevano preferito trasferirsi al mare per contrastare l'afa cittadina, sarebbe piaciuto andare anche a lui, ma il suo umore non era adatto a quella alternativa. Continuava a tornargli in mente l'idea folle di andare alla ricerca di quella persona, Erin. Non capiva il perché, tuttavia era ciò che si sentiva di fare. La curiosità di scoprire chi si celasse dietro quella lettera era più forte di lui. Gli venne addirittura da pensare che fosse stata lei stessa a strapparla, in un momento in cui magari aveva deciso di raggiungere la madre per dirle tutto a voce, evitando così di dover affidare quelle parole a un foglio. Chissà se abitava a Charleston, si chiese anche, o se si fosse trovata lì solo di passaggio. Non sapeva da che parte iniziare le ricerche, non era in possesso di nessun indizio, a parte il suo nome.
Dentro la sua testa i pensieri continuavano a girare senza sosta proprio come la moto sulla strada che sembrava essere guidata da un computer. Accelerava e frenava in maniera del tutto automatica senza rendersi conto di ciò che realmente stesse facendo. Si fermò un attimo, se non altro per dare nuovamente il giusto ordine alle sue idee. Fece qualche passo ed entrò in un bar della zona, aveva voglia di una birra gelata, il caldo gli aveva seccato la gola. All'interno, per sua sorpresa, incontrò Tom. Sempre impeccabile con indosso il suo abito, a differenza del giorno prima portava anche la cravatta.
«Ciao Tom!» disse, affiancandosi a lui nel bancone.
Puntò il dito contro di lui. «Rick, giusto?»
«Esatto.» Rispose. «Oggi sei veramente elegante, porti anche la cravatta.»
«La domenica la indosso sempre, vado a messa, ricordi?»
«Hai ragione, avevo scordato che oggi è il tuo giorno libero.»
«Ormai è da tanti anni che i miei giorni sono diventati tutti liberi» affermò con un velo di malinconia, «Da quando non lavoro più, ogni giorno è uguale al precedente. In passato avevo almeno qualcosa che mi potesse tenere occupato anche per parecchio tempo, dandomi così la possibilità di potermi gustare ogni minuto libero, ora invece...» Alzò le spalle, come se si fosse rassegnato a quell'inevitabile realtà. «È tua quella?» gli chiese, indicando la moto dopo essersi trasferiti in un tavolo all'esterno del bar.
Rick non riuscì a trattenersi e con tono ironico disse: «Sì, la vuoi provare?»
«Non credo che il mio cuore possa reggere a così tanti cavalli.» Si mise a ridere. «Se me l'avessi chiesto parecchi anni fa ti avrei risposto di sì senza neanche pensarci su.»
«Anche tu da ragazzo ti divertivi ad andare in moto?»
«Sì, ma ai miei tempi non le facevano così grosse.»
A Tom piaceva quel ragazzo, nonostante la grossa differenza d'età si trovava a suo agio a parlare con lui. Rick senza saperlo provava le sue stesse sensazioni, anche lui trovava che fosse piacevole passare del tempo insieme. Purtroppo da bambino non aveva avuto la fortuna di conoscere i propri nonni. Quando nacque, loro già non c'erano più. Non conosceva nulla di quel mondo, non sapeva cosa volesse dire andare a prendere un gelato, fare una passeggiata tenendoli per mano, stare semplicemente seduto sulle loro gambe, baciarli, abbracciarli, stare in silenzio ad ascoltarli mentre raccontavano la storia della loro vita. L'incontro con Tom aveva fatto in modo che gli venisse regalata, anche se solo per un istante, l'emozione di potersi sentire suo nipote.
«Sai Tom, ieri ho raccolto tutti quei pezzi di carta dal parco.»
Il suo volto s'illuminò. «Sapevo che eri un bravo ragazzo.»
«Non è per i complimenti che te l'ho voluto dire», corrugò la fronte e prestò maggiore attenzione alle sue parole, «quei pezzi facevano parte di una lettera. L'ho capito a casa quando li ho riuniti insieme.»
Gli raccontò per filo e per segno come erano andati i fatti, lui restò in silenzio ad ascoltalo. Rick sperava che Tom lo potesse aiutare a capire se ciò che aveva in mente fosse la cosa giusta da fare.
«Ho capito.» Portò una mano alla bocca e si prese del tempo per riflettere. «Cosa intendi farne della lettera?» gli chiese infine.
«Non saprei. Ora si trova a casa mia, dentro ad un cassetto.»
«Conosci la persona che l'ha scritta?»
«No.» Bevve un sorso di birra.
«Però vorresti conoscerla, non è vero?»
Annuì chiedendosi come avesse fatto Tom a capirlo. «L'idea mi è venuta subito dopo aver letto la lettera, l'emozione che ho provato ha acceso questa voglia», all'improvviso la sedia su cui era seduto sembrava essere diventata scomoda, «l'unica mia paura è che questa idea sia sbagliata.»
«Delle volte sarebbe bello tornare indietro, tornare bambini.» Disse Tom poggiando la sua mano su quella di Rick. «Loro fanno tutto senza farsi domande, senza chiedersi se sia giusto ho sbagliato.»
Osservò quella mano, la pelle formava delle piccole pieghe che ricordavano le onde dell'oceano. Doveva aver visto così tanta vita, pensò Rick, che la sua a confronto risultava insignificante. Le parole di Tom gli fecero capire quante opportunità si era perso nel corso degli anni per colpa delle indecisioni, sarebbe stato davvero bello smettere di farsi domande e agire, senza chiedersi se quella fosse la scelta giusta.
Un leggero vento caldo agitava le fronde di alcune palme che campeggiavano dall'altra parte della strada. Dopo un breve silenzio Tom si voltò verso Rick.
«Non pensarci», gli disse, come se gli avesse letto nel pensiero, «la risposta la conosci già. Fai quello che ti senti e impara ad ascoltarti di più.» Rick lo guardò e senza dire nulla fece di sì con la testa.
Il pomeriggio stava cedendo il posto alla sera. Rick salutò Tom promettendogli che si sarebbero rivisti presto. Salì nuovamente in sella alla sua moto lasciandolo lì, seduto da solo, all'esterno di quel bar.
L'idea che Rick ha maturato, di andare alla ricerca di Erin è giusta o sbagliata?
Voi cosa avreste fatto al suo posto?
fatemi sapere qui sotto con un commento.
E non dimenticatevi di supportare la storia con una stellina. :) :) :)
Buona lettura LOVERS!
STAI LEGGENDO
Dieci Giorni E Un Futuro [COMPLETA]
RomanceRick Parker ancora non lo sa, ma il suo destino dipende da un incontro casuale e tanti piccoli pezzetti di carta gettati per terra. In un giorno come tanti, dove gli impegni e la routine la fanno da padrone, Rick getterà le basi che lo porteranno a...