Lunedì - Vivere in attesa - (prima parte)

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Rick si svegliò presto, il sole non era ancora sorto. La camera era illuminata appena dalla luce dell'aurora e la tenda svolazzava delicatamente, accompagnata dalla complicità di un filo di vento che riusciva a farsi largo attraverso la finestra semiaperta. In quell'atmosfera così pura provò a immaginarsi la giornata che l'attendeva, e pensò a come avrebbe potuto impiegare il tempo fino al pomeriggio, prima di recarsi al museo. Pensò anche a come sarebbe potuto andare un possibile incontro con Erin, sperando di trovarla almeno lì. Si trattenne ancora un po' a letto, da fuori si sentivano i rumori delle prime auto, guidate lente dai loro proprietari diretti sicuramente al lavoro. Non li invidiava. Come ogni mattina prima di alzarsi prese il cellulare sul comodino per controllare se durante la notte qualcuno l'avesse cercato. Lo accese sperando di trovare un messaggio di risposta da Erin, aspettò qualche minuto, in modo da potergli permettere il totale caricamento delle funzioni, ma nonostante l'attesa non arrivò nulla.

Il getto tiepido e continuo dell'acqua sulla testa l'aiutò a svegliarsi del tutto. Dopo la doccia si recò in cucina, aprì il frigorifero e tirò fuori il necessario per preparare la colazione. In una padella mise quattro fettine di bacon e due uova, mentre aspettava il termine della loro cottura si scollò un bicchiere di succo d'arancia. Mangiò in piedi, appoggiato al bancone della cucina, non sapeva perché avesse deciso di non sedersi, e sinceramente non gli importava saperlo, nella sua mente ogni pensiero era per Erin, si chiedeva se, vista l'ora, stesse ancora dormendo, e se lo stesse facendo nella sua casa a Chapel Street. Era anche curioso di sapere se lui stesso in qualche modo fosse stato il protagonista dei suoi pensieri, e per quanto tempo. Un istante? Oppure le teneva compagnia per tutta la giornata?

Il sole che nel frattempo continuava a levarsi in cielo illuminò la parete che aveva di fronte, distogliendo la sua attenzione da quei pensieri. Rick abbassò lo sguardo sul piatto che teneva in mano e si rese conto di aver terminato la colazione, sciacquò le stoviglie e si recò nuovamente in camera per prepararsi a uscire. Sfilò dall'armadio una camicia nera e un paio di pantaloni anch'essi scuri, gli indossò. Quando tornò in cucina vide Brian intento a fare ciò che poco prima aveva fatto lui.

«Buongiorno.» Lo salutò. «Se l'avessi saputo avrei preparato anche per te.»

«Oh ciao, Rick.» Rispose lui, voltandosi. «Non preoccuparti, non ho tanta fame.» Si versò i cereali dentro una tazza con del latte. Non fece subito caso al suo abbigliamento, ma quando se ne accorse gli disse: «Non pensi che sia un po' scomodo andare a correre vestito in quel modo?»

«In effetti lo sarebbe, ma oggi ho deciso di non andare.»

«Hai altri impegni?»

«Vado a salutare per l'ultima volta un amico.»

«Stai andando al funerale di...» fece uno sforzo per ricordarsi il nome.

«Di Tom.»

Prese il casco, le chiavi della moto e salutò Brian prima di uscire, lui portò una cucchiaiata di cereali alla bocca e alzò la mano come risposta. Raggiunse la chiesa appena in tempo, la moto la parcheggiò nel piazzale di fianco. Subito dopo essere entrato venne avvolto da un forte profumo d'incenso e fiori freschi, la chiesa era piena per metà. Nelle prime file seduti nei banchi in legno, erano presenti quelli che si sarebbero potuti definire i parenti, avvisati certamente dall'ospedale. Rick si mise in disparte, seduto nell'ultimo banco in fondo alla chiesa. Alcuni dei presenti lo fissarono, chiedendosi chi fosse e quale tipo di rapporto lo legasse a Tom. Lui però non badò a lungo alle loro occhiate scrutatrici.

Poco prima che iniziasse la messa, ci fu un momento in cui a Rick parve di sentire la presenza di Tom vicino a sé. Dalla grande finestra posta sul lato, filtrò un raggio di sole che lo colpì in pieno, durò un istante, poi il passaggio di una nube l'oscurò. Quando entrò in chiesa, la vista della bara davanti all'altare lo rattristò, quasi come se vederla lì l'avesse reso nuovamente consapevole di ciò che era accaduto al povero Tom. Dopo quel segno luminoso, invece, si tranquillizzò. Lo prese come un saluto, un saluto che lui volle fargli. Gli piacque immaginarlo col sorriso stampato sulla faccia mentre si riuniva, e questa volta per sempre, con la sua famiglia.

Rick fu il primo ad abbandonare la chiesa al termine della funzione, raggiunse il piazzale dove era parcheggiata la moto, salì in sella e se ne andò. Era una giornata splendida, a parte qualche innocua nuvola bianca in cielo che non sembrava voler creare mutamenti di clima. I bordi delle strade erano affollati di persone intente a vivere la propria quotidianità: signore che caricavano nelle proprie auto i sacchetti stracolmi di spesa, coppie di innamorati presi per mano che, ogni tre passi interrompevano la classica andatura da love story per scambiarsi appassionanti baci, uomini d'affari vestiti di tutto punto schiavi dei propri cellulari, e appena fuori dal centro, nello spazio libero antistante il garage della propria abitazione, due bambini giocavano a basket, mentre un loro amico meno interessato, se ne stava seduto sui gradini della veranda a sorseggiare una bibita. Una giornata tranquilla insomma, come tutte le altre, se non fosse che a breve lui sarebbe dovuto andare al museo per tentare un chiarimento con Erin. Più di una volta gli parve di vederla fra tutte le persone che incontrò quella mattina. Ogni volta ebbe l'impressione che il suo cuore si fermasse, ma non si trattava di paura, piuttosto di una reale voglia d'incontrarla. In quei giorni capì quanto fosse maledettamente innamorato di Lei. Tutto gli parlava di Erin: la corsa ad Hampton Park, il molo, la spiaggia di Folly Beach, il pub, la sua casa, persino la macchina non era stata risparmiata, sulla cintura di sicurezza era ancora impresso il suo profumo. Erin era dappertutto, ma soprattutto era nel suo cuore, e da lì, qualsiasi fosse stata l'evoluzione del loro rapporto, non sarebbe mai andata via.


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Buona lettura LOVERS!

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