Giovedì - Raccontami di te - (terza parte)

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Erin decise di portarlo a visitare il parco della città, Gilmore Park. Non era grande come quello di Charleston ma era comunque molto carino e curato, vi era pure la possibilità di giocare a tennis grazie alla presenza di tre campi attrezzati. Raggiunsero l'area riservata ai bambini e decisero di sedersi sulle altalene.

«Venivi spesso qui?» Le chiese.

«Sì, quasi tutti i pomeriggi dopo la scuola. Per me e i miei amici questo era un punto di ritrovo, alcune volte capitava di non darci neppure appuntamento, tanto sapevamo che se volevi incontrare qualcuno era qui che ti dovevi recare.»

«Avevi molti amici qui a Holly Hill?»

«Parecchi, diciamo che formavamo un bel gruppo.»

«Doveva essere divertente ritrovarsi tutti insieme.»

«L'unica cosa certa di quelle giornate era che se anche ti impegnavi non saresti mai riuscito ad annoiarti.»

«Cosa facevate di preciso?»

«Eravamo tutti ragazzi di quindici anni, la maggior parte del tempo la passavamo seduti sul prato a parlare, altrimenti capitava di giocare a qualche gioco di società o addirittura qualcuno decideva di portare la radio a batterie per ascoltare un po' di musica e magari ballare.»

«Io a quindici anni inseguivo un pallone.» Disse ridendo.

«Giocavi a calcio?»

«Ci provavo. Era così che passavo i miei pomeriggi adolescenziali.»

«E con le ragazze?» Domandò, curiosa di conoscere la risposta.

«Quelle arrivarono subito dopo, infatti lo stesso anno diedi l'addio al calcio con grande gioia dei miei compagni di squadra. Diciamo che per loro ero più un peso che altro, non sono mai stato bravo con i piedi.»

«Sai che faccio fatica ad immaginarti calciatore.»

«Meglio così, credimi.» Si misero a ridere.

Continuarono a dondolarsi sulle altalene fino a che il sole non li costrinse ad andare a ricercare un luogo più fresco. Si sedettero uno di fronte all'altro, ai piedi di un pino che con la sua grande chioma li offriva ombra a sufficienza. L'aria profumava di resina e il frinire delle cicale rendeva il tutto molto più rilassante. Alcune persone passeggiavano, altre come loro si godevano un po' di riposo, iniziarono ad arrivare anche i primi bambini che, dopo essersi sganciati dalle mani dei propri genitori raggiunsero di corsa l'area giochi.

«Mi sarebbe piaciuto nascere qui.» Confessò Rick.

«Ti capisco, mi sento molto fortunata ad avere avuto questa occasione. È un luogo tranquillo, lontano dalla frenesia delle grandi città. Qui le persone non conoscono la fretta, non sanno cosa sia.»

«Credo che a rendere particolari, realtà come questa di Holly Hill, sia proprio il fattore tempo, qui è tutto più lento.»

«Ti va di fare un gioco?» propose Erin cogliendolo di sorpresa.

«Che tipo di gioco?»

«Una volta a testa diciamo quello che riteniamo essere per noi il significato di vivere in una piccola città.»

Rick accettò la sfida. «Ok, per me va bene. Inizia tu.»

«Vediamo..., per me vivere in una piccola città significa avere tutto a portata di mano, senza dover essere per forza obbligati a prendere l'auto. Tocca a te ora.»

«Per me significa avere la fortuna di passare la pausa pranzo a casa e non buttato in qualche locale, o addirittura seduto su una scomoda panchina con un panino e una birra di fianco.»

Dieci Giorni E Un Futuro [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora