Mercoledì - Fine dei giochi - (quinta parte)

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«Sono stata davvero bene stasera.» Disse Erin, aiutandolo a sparecchiare.

«Spero che mia madre non ti abbia stancata troppo con i suoi discorsi.»

«Niente affatto, anzi è molto piacevole parlare con lei. Mi ha anche raccontato di quella volta che tu da bambino pur di non fare il bagno sei scappato dalla vasca e ti sei messo a correre nudo per tutta la casa.»

«Sapevo che non vi dovevo lasciare sole.»

«Credi che abbia fatto loro una buona impressione?» domandò.

«Perché ti preoccupi di questo?»

«Ah già, è vero di che mi preoccupo, non siamo una vera coppia.» Aveva la tipica espressione di chi dopo aver creduto fortemente in qualcosa torna alla realtà rendendosi conto che quel qualcosa non è mai esistito. «Mi sono calata così profondamente nel ruolo che ho finito per crederci.» Disse infine.

Rick portò via i piatti insieme alle posate. «Comunque sì, credo che tu li piaccia.» Gridò dalla cucina.

Erin sentendo quelle parole abbozzò un sorriso e continuò a sparecchiare la tavola, Rick nel frattempo si era spostato nel cortile per spegnere il barbecue.

«Senti Rick.» Disse lei raggiungendolo. «Sei libero domattina?»

«Dopo la corsa sì. Perché?»

«Mi chiedevo se ti andava di farmi compagnia, devo recarmi nella casa di mia madre per prendere alcune cose. Purtroppo si trova fuori Charleston perciò devo partire presto, ho anche chiesto un giorno di permesso al museo, ma se tu sei impegnato con la corsa non fa nulla.»

«Posso tranquillamente rimandare, non è un problema.» Disse senza pensarci su due volte, poi le chiese: «Come mai vuoi andarci proprio con me?»

«Visto che da quando hai letto la mia lettera sei entrato nella mia vita, mi piacerebbe farti vedere i posti in cui sono cresciuta.»

Rick trovò carino il fatto che lei volesse renderlo partecipe di un pezzo della sua storia. Man mano che i giorni passavano l'interesse nei suoi confronti aumentava. Solitamente l'avrebbe infastidito saltare un allenamento, dato il suo essere abitudinario, ma se ciò significava passare del tempo insieme a lei non aveva dubbi , tutto passava in secondo piano.

Finito di ripulire Erin si sedette sui gradini della veranda, Rick la raggiunse poco dopo con due bicchieri di limonata. Lungo la via si vedevano le luci provenire dalle abitazioni con le finestre aperte. Il cielo quella notte era incredibilmente limpido tant'è che se qualcuno si fosse armato di pazienza avrebbe potuto contare tutte le stelle presenti.

«Hai avuto paura stasera non è vero?» gli chiese lei.

Lui le passò il bicchiere e si accomodò vicino. «Cosa intendi dire?»

«Quando hai detto quelle cose ai tuoi genitori. Hai avuto paura che ti potesse capitare ciò che è successo a me.»

«È stato così evidente?»

«No, credo di essermene accorta solo io.» Affermò.

«Da cosa lo hai capito?»

«Dalla velocità con cui dicevi tutte quelle cose, non vedevi l'ora di farglielo sapere.»

«Mi è costato tanto per via del mio carattere, ma sentivo che andavano dette.»

«Ti capisco, so cosa si prova a sentire che ogni attimo ti scivola tra le dita. Avrei voluto avere il tuo coraggio, mi avrebbe evitato di perdere ulteriore tempo dietro a quella lettera.» Disse Erin rivolgendo gli occhi al cielo.

«Ti mancano vero?» le chiese lui riferendosi ai genitori. Erin abbassò lo sguardo e senza dire nulla annuì.

Rick avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per farla stare bene, per colmare quell'assenza, poi capì che gli era permesso solo starle accanto perché niente e nessuno avrebbe potuto lenire quel dolore. Si trattava di un cammino che doveva affrontare da sola, un cammino che l'avrebbe portata ad accettare ciò che era la realtà, affievolendo così quella sensazione di vuoto che si portava dentro. Avrebbe avuto bisogno di tempo per far sì che ciò accadesse.

Lui le si avvicinò ulteriormente e con il braccio le cinse il fianco, lei poggiò la testa sulla sua spalla abbandonandosi ad un sospiro liberatorio. La strinse più forte, voleva farle sentire che lui c'era e ci sarebbe stato qualora ne avesse avuto bisogno. Le baciò la fronte, poi lei con entrambe le braccia si aggrappò al suo corpo. Il profumo della sua pelle, lo stesso che Rick avvertì la sera che lei si recò al pub per scusarsi, sapeva di pesca ed era molto delicato. Lui avrebbe voluto passare la notte intera stando lì a respirarla.

«Che pensi?» le domandò sottovoce.

«Niente.» Tacque per un istante, poi continuò: «Quando mi abbracci così riesco a spegnere ogni tipo di pensiero.»

«Se vuoi posso smetterla?»

«Non ti azzardare!»

Restarono seduti su quei gradini per un bel po', le parole si ridussero man mano a un rilassante silenzio. Ogni tanto il cielo veniva attraversato dalla coda di qualche stella cadente, la maggior parte delle volte Rick la finiva con l'esprimere un desiderio. Quella notte no, perché tutto ciò che avrebbe potuto desiderare era già lì, tra le sue braccia.


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Buona lettura LOVERS!

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