Lunedì - Appuntamento col futuro - (terza parte)

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Guidò fino ad Hampton Park, raramente gli era capitato di andarci la sera. Raggiunse a piedi il chiosco in legno, lo stesso nel quale trovò la lettera strappata. Mentre camminava, pensava al fugace incontro avuto poco prima con Erin, al suo atteggiamento distaccato, e alla difficoltà che fece nel capire se le avesse fatto piacere o meno rivederlo.

Rick teneva il casco per la cinghia, e mentre si avvicinava al chiosco vi fece scivolare al suo interno il libro, liberando così una mano. Salì i gradini e si accostò al bancone in attesa del suo turno. Ordinò una birra, la ragazza con i capelli rossi gliela servì augurandogli buona serata. Si aggrappò a quelle ultime parole come un naufrago al salvagente che gli viene lanciato.

Dopo averla salutata si spostò poco lontano. Decise di sedersi nella panchina lì vicino, quella che scelse la mattina in cui gli vennero le fitte all'addome. Tutto aveva avuto inizio lì, pensò dopo essersi seduto, e lì, in quel momento, si chiedeva anche se quel tutto avesse avuto un futuro, o se dopo quella sera sarebbe stata scritta la parola fine.

Poggiò il casco assicurandosi che non rotolasse via, e tra un sorso di birra e l'altro rifletteva sulla scelta di dare a Erin la possibilità di chiarire la sua posizione. "Devo essere pronto a tutto", continuava a ripetersi come un mantra. Come avrebbe reagito se lei gli avesse confermato la sua relazione con John? O se avesse ammesso che quello che era successo tra loro due, non era altro che una semplice sbandata causata da un suo momento di debolezza? Meglio non pensarci. Andò avanti a bere la sua birra e si alzò dalla panchina solo dopo averla terminata. Si sbarazzò della bottiglia gettandola nel contenitore della spazzatura di proprietà del chiosco, sorrise mentre gli venne da pensare a quanto sarebbe bastato poco per cambiare il presente che stava vivendo. Se dopo aver finito di raccogliere i pezzi di carta che Erin strappò, avesse trovato un contenitore come quello dove gettarli, non si sarebbe trovato in quella situazione, non avrebbe avuto nulla da chiarire con nessuno, e non avrebbe mai visto quanto fosse bella mentre sorrideva. Non riusciva a capire se tutto ciò fosse un bene, oppure no.

Fece quattro passi per sgranchirsi le gambe, percorrendo lo stesso tragitto che solitamente affrontava di corsa. Il rumore che i suoi piedi producevano a contatto con la ghiaia era così familiare che gli regalò un senso di benessere tale da fargli scordare per un istante quello che l'avrebbe atteso a breve. Un uomo sul prato giocava con il suo cane, si divertiva a lanciargli la palla e ad attendere che il suo amico a quattro zampe gliela riportasse, nel frattempo un'intera famiglia, composta dai genitori e i loro due figli piccoli, lo sorpassarono in sella alle loro biciclette. Rick continuò a camminare, lento, osservava tutta quella bellezza che la mattina distratto dalla corsa non riusciva ad apprezzare. Finita la passeggiata raggiunse nuovamente la moto, infilò il casco in testa e il libro dietro la schiena. Prima di recarsi al museo però decise di passare a casa, prese l'altro casco per Erin e ne approfittò per lasciare anche il libro, stava diventando scomodo portarlo con sé, e lo sarebbe stato ancor di più con lei seduta dietro.

Giunto al museo trovò Erin seduta sul muretto ad aspettarlo, notò che si era cambiata gli abiti mentre si alzava per venirgli incontro. Non indossava più la divisa formale, bensì dei calzoncini in jeans e una maglietta verde, portava anche una borsa a tracolla e appesa su di essa riconobbe la giacca bianca che le regalò. I capelli non erano più raccolti, le cadevano lungo le spalle, e non appena fu davanti a lui, con un gesto della mano ne scostò una ciocca e la fece passare dietro l'orecchio. Non riusciva a fare a meno di ammettere a se stesso quanto fosse bella. Lo salutò con un leggero "Ciao", seguito da un sorriso che avrebbe dovuto, senza riuscirci, mascherare il suo imbarazzo. Rick le rispose muovendo la testa, e senza mai abbassare lo sguardo cercò di incrociare il suo, voleva vedere se anche nei suoi occhi era presente quella voglia di risolvere una volta per tutte la situazione, potendo tornare così a vivere finalmente quella felicità che li aveva accompagnati nei primi giorni.

L'aria si era rinfrescata, ed Erin dopo essersi infilata il casco pensò bene di indossare anche la giacca. La moto si mise in marcia verso Folly Beach, lei si strinse forte a Rick, avvolgendo il suo addome tra le braccia. Lui cercò di mantenere una velocità ridotta, e come la prima volta provò a viversi il più a lungo possibile quel momento, poteva essere l'ultimo.

Nonostante si fosse alzata una leggera brezza, il mare era meravigliosamente calmo e in spiaggia erano rimaste solo poche persone sedute sopra i loro teli con affianco gli ombrelloni ormai chiusi. Rick spense la moto e scesero. I caschi li lasciarono appesi al manubrio, sicuri che nessuno gli avrebbe toccati.

«Hai fame?» domandò lui.

«Un po'.» Rispose Erin, facendo scivolare le mani nelle tasche della giacca.

Il suo atteggiamento non era mutato da quel pomeriggio, continuava ad avere un'aria seria e distaccata, e Rick iniziava a pensare che quella sera avrebbe avuto un risvolto tutt'altro che positivo. Si recarono in un locale, ordinarono due cheeseburger e delle aranciate, dopo aver pagato, Rick chiese ad Erin dove preferisse mangiare, lei si guardò intorno. Il locale era pieno, e benché ci fosse qualche tavolo libero dove potersi sedere, lei non sembrò entusiasta all'idea di trattenersi lì. Non aveva tutti i torti, il rumore generato dall'elevato tono delle voci degli altri clienti creava un frastuono che non era adatto a chi come loro doveva parlare per chiarirsi. Decisero infine di mangiare i loro panini all'esterno.


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Buona lettura LOVERS! 

Dieci Giorni E Un Futuro [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora