Nina Sparda

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Erano da poco passate le 19 e 30 lì a Miami.

Infornai la cena, mi sfilai il grembiule nero dalla testa, riponendolo sul tavolo, e mi sistemai le

maniche arrotolate della camicia bianca sui gomiti.

Attilio era sul divano a giocare ed imprecare contro uno di quei videogiochi a cui si dedicava

ultimamente; lui li chiamava "picchiaduro", o qualcosa del genere.

Burian sonnecchiava sul tappeto di pelo accanto alla mia poltrona.

Per raggiungerla passai davanti alla tv, beccandomi un'occhiataccia dal mio fidanzato, non ci feci

poi caso e mi andai a sedere sul mio accogliente giaciglio, trovandolo ristoratore sia per schiena

che per sedere, come poche cose al mondo. Poggiai la testa contro lo schienale e socchiusi gli

occhi, sentendo i pantaloni eleganti stringermi all'altezza del bacino muscoloso. Li tirai un po' su,

sulle cosce, facendo scoprire le caviglie avvolte dai calzini neri, lunghi al polpaccio.

-Aaaaah! Che palle! Mi sono scocciato di giocare in modalità single-player!- la voce lamentosa di

Attilio mi portò a sollevare le palpebre e guardarlo per qualche secondo, poi tornai a riposare, o

almeno tentai.

-Veeergiiil? Mi annoiooo!- giusto una manciata di secondo e riprese a lamentarsi.

I miei occhi si spostarono nuovamente sulla sua figura, trovandolo a penzolare a testa in giù dal

divano in pelle.

-Guardati qualcosa alla tv. E siediti composto, ti va il sangue alla testa.- risposi.

-No. Voglio giocare ancora, ma allo stesso tempo mi annoio a vincere sempre contro ad un

videogame!- continuò, con tono insoddisfatto.

Sperai che fosse finita lì.

-Sai cosa?- riprese a parlarmi. No, non era finita lì.

Si lasciò cadere sul tappeto e poi si rimise in piedi; ovviamente era scalzo e con la canotta cadente

dalla spalla sinistra.

Si avvicinò alla console e agguantò l'altro joypad, posto accanto a quest'ultima.

Si voltò nella mia direzione e me lo lanciò praticamente addosso, all'altezza del petto, facendomi

fare un lieve sobbalzo.

-Giocherai tu con me.- affermò in maniera apatica, ritornando al divano.

-Che?- ribattei subito. -Ma non se ne parla proprio!- staccai la schiena dallo schienale e presi in

mano il giocattolo. Sì, per me era un giocattolo.

-Vergil?- mi chiamò, guardandomi quasi a rimprovero.

-Niente Vergil. Uno: sono stanco. Due: non so nemmeno come si fa.- replicai, porgendogli il

joystick.

-Basta che premi i tasti, genio! Lo sanno fare anche i ragazzini!- disse, poi battè la mano destra sul

divano, proprio accanto a sé.

-Dai, principessa, non farti pregare, vieni qui!- mi invitò a sedermi sul divano, vicino a lui.

Lo guardai per qualche istante, titubante. Persino Burian sollevò la testona per fissarci entrambi.

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