Margherita Righetti

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Dove sono?'
'Cosa sta succedendo?'
All'improvviso aprii gli occhi ma fui invasa dal nero totale. Intorno a me non c'era niente, se non una coltre di ombra assoluta. Provai ad ascoltare attentamente un qualsiasi rumore. Niente, il silenzio assoluto. Muovermi era inutile. Era come se non avessi il controllo del mio corpo. E la situazione mi opprimeva. Ero sola, in uno spazio nero, silenzioso e infinito, senza la possibilità di muovermi, tutto ciò che potevo fare era solo pensare. Non mi ricordavo più come potessi essere finita in quell'oblio, non riuscivo a ricordare niente. Casa, famiglia, amici... tutti i ricordi era svaniti nel nulla. L'unica cosa che ricordavo era il mio nome. Rachel. Mi aggrappai a quel nome con tutte le mie forze. Quelle 6 lettere ebbero un potere così forte su di me. Mi accorsi che il tempo, o in qualsiasi modo potesse essere definito in una dimensione come quella in cui mi trovavo, continuava a passare veloce dal mio risveglio. Chiusi di nuovo gli occhi, e sentì la testa farmi male. Il dolori crebbe fino a che non mi sembrò che la testa stesse letteralmente scoppiando. Sentii il male propagarsi in tutto il mio corpo con scosse violente. Sentivo il bisogno di urlare, ma non potevo. Non potevo fare niente. Così mi fermai a pensare, tornando in uno stato di incoscienza.

23/07, 00.00
Quando mi risvegliai mi ritrovai in una spiaggia. Aprii gli occhi e notai che sotto di me il terreno era composto da ghiaia e sassi, e subito dopo sentii l'acqua fresca avvolgere le mia gambe indolenzite. Cercai di alzarmi in piedi ma invano, così mi accontenta di sedermi. Mi guardai intorno: era notte fonda, davanti a me il mare nero pece era leggermente increspato e girando il volto riuscii a notare che la spiaggia era molto piccola, e punteggiata da ombrelloni dalle sfumature varie, riversi nelle posizioni più assurde che il vento potrebbe provocare nel tempo, e tutti rovinati, sfibrati e bucati, dando l'aria di essere in un posto abbandonato da anni. Provai a concentrarmi, cercando di capire dove ero stata l'ultima volta, cosa avevo fatto, e quando, ma niente, la mia mente era completamente sgombra da qualsiasi ricordo. Sospirai in preda alla disperazione 'come sarei potuta tornare alla mia casa, ovunque sia?'. Dopodiché mi appoggia ad uno scoglio vicino a me, e con tutta la forza che avevo nelle braccia mi tirai su, riuscendo a rimanere in bilico sulle gambe. Inizialmente sentivo i muscoli deboli e molli, ma dopo una decina di minuti di continue cadute guadagnai l'equilibrio e incominciai a camminare sulla ghiaia cercando di raggiungere l'uscita. Salii per una scalinata e raggiunsi un cancello, o almeno qualcosa che doveva avere la stessa funzione. Infatti le sbarre erano tutte ammaccate e arrugginite, cosparse da scritte da bombolette, il lucchetto forzato e le punte smussate. Uscendo sul marciapiede, incominciai a preoccuparmi 'Dove potevo essere finita? In un posto così degradato e vandalizzato e magari preso dall'anarchia totale?'. L'asfalto sotto i miei piedi nudi era ancora tiepido, dopo una possibile giornata di sole bollente e afosa. Guardandomi intorno capii che la spiaggia dove mi ero svegliata non era l'unico posto a sembrare uscito da uno dei quei film post-apocalittici trasmessi in seconda serata. La strada era punteggiata da buche, dossi, vetri di bottiglia e spazzatura, i lampioni offrivano una luce fioca, anche se solo pochi, gli altri erano completamente distrutti. Dietro di me potevo vedere che la strada portava ad altre spiagge, sempre in situazioni molto pessime, mentre davanti a me nell' orizzonte potevo vedere degli edifici, probabilmente appartenenti ad un paese. Decisi di dirigermi verso quel 'paese' e mi incamminai, sorreggendomi. Davanti a me cominciavo a vedere delle case, soprattutto piccole villette, che qualche tempo fa sarebbero state molto carine e confortevoli. Sulla spiaggia, mi potevo immaginare i bambini uscire dalla porta principale correndo raggiungendo l'altalena nel piccolo giardino, il padre sporgersi dalla finestra mentre la madre preparava la colazione. Le cene al tramonto sul terrazzo che dava sul mare, e le notti immerse nelle brezza marina, e nel canto delle cicale. Ma ora queste casette erano in rovina, i muri decadenti, anch'essi come il cancello cosparsi da disegni, simboli e scritte, i vetri rotti, il giardino distrutto, il tetto bucato. L'odore acre di acqua stagnante riempiva le mie narici, anche rimanendo sulla strada, e incominciai a sentire la nausea, ma continuai a procedere, cercando di non rimanere sormontata dalla solitudine che recavano quei luoghi. Finalmente, raggiunsi il centro che avevo scorto da lontano. Il cartello che segnalava l'entrata era coperto di vernice in grande parte ed era impossibile leggere il nome del posto, se non per le due lettere finali "-ra". Sbuffai contrariata 'con tutti i posti dove potevo capitare, questo è il peggiore in assoluto' e sconsolata mi lasciai cadere su una panchina lì vicino, ignorando gli schricchiolii del legno in via di decomposizione.
'Non posso rimanere qui a lungo, devo andarmene il prima possibile, e il modo migliore per farlo è trovare un telefono e capire dove mi trovo e come tornare a casa' decisi.
'Casa....', se solo mi ricordasse come era la mia casa. Se solo potessi ricordarmi se avessi avuto dei fratelli, chi erano i miei amici, e genitori. Se solo potessi ricordare anche solo una giornata, le loro voci, i loro volti, i loro nomi. Mi alzai di colpo e incominciai a seguire la luce dei lampioni verso il centro del paese.
Anche qui la situazione era abbandonata come ciò che avevo visto prima, i negozi, appartamenti e uffici erano vuoti e non si sentiva un' anima. Ma ciò nonostante avevo la sensazione di essere osservata e continuavo a girarmi in paranoia, vedendo ombre strisciare sui muri, e respiri scaldare l'aria nelle vie circostanti. E in quel momento avevo bisogno di trovare qualcuno con cui parlare. Per capire che non ero sola, che qualcuno c'era, che mi avrebbe compresa e aiutata. Continuai a camminare per la mia via verso il centro di "-ra" lasciandomi alle spalle il mare. La luna splendeva nitida nel cielo stellato, e raggiunsi un negozio di elettronica. Decisi di provare ad entrare. Aprire la porta fu facile, visto che al minimo tocco si scardinò del tutto. All'interno però non trovai quello che cercavo, non c'era traccia di un telefono, tutto era stato portato via. Mentre cercavo all'interno di una scrivania, in pessime condizioni, ricevute o documenti per carpire informazioni, sentii un calcio, e il rumore del vetro che si frantuma. Scattai di colpo e mi diressi verso quel suono, e vidi una figura scattare via fuori dall'edificio. Decisa di non perdere la prima forma vivente vista dal mio risveglio, presi la rincorsa per raggiungerla e saltai la finestra con estrema facilità che mi risultò esagerata se prese in considerazione le mie doti nel salto. La persona corse verso una via buia e seppure un po' a disagio ad andare in un posto così nascosto continuai a seguirla speranzosa e urlai "fermati non ti voglio fare del male, voglio solo sapere dove mi trovo!". Raggiunta la fine di quel vicolo cieco, la figura, che prima mi dava le spalle, si girò mostrandomi il viso, femminile, con un ghigno stampato in faccia. Era una figura gracile e scheletrica, il viso scavato e i capelli color cenere le ricadevano sulle spalle disordinatamante. Per quanto poteva sembrare un personaggio timido e pacifico, il suo sguardo era maligno e divertito. "Non ti preoccupare, non sono io quella che dovrebbe avere paura qui!". Rimasi di stucco sentendo le sue parole, non avevo considerato la possibilità di incontrare persone ostili e pensai rapida 'sono un' idiota! In un posto come questo, non avrei certo incontrato qualcuno pronto ad offrirmi il caffè sul divano'. Indietreggia da lei e mi voltai, notando altre due figure avvicinarsi. Erano altre due ragazze: una era di statura bassa e robusta, il viso molto paffuto, mentre l'altra era alta e snella ma sgraziata, sproporzionata. Tutte due mi guardavano malefiche, come quando i felini si ritrovano ad un passo dalla preda.
"Non molto cauto mettersi a girovagare in un posto come questo di notte fonda, non trovi?" Disse la ragazza robusta ridacchiando.
"Kate, non la hai sentita? Lei non è di qui" disse quella con i capelli color cenere.
"Oh, una turista! Benvenuta nell'angolo di paradiso!" Disse Kate facendo un gesto di benvenuto e poi aggiunse guardandomi beffarda "l'angolo dimenticato dal mondo".
"Ci stiamo perdendo in inutili preamboli ragazze, ora chiedamole quello per cui siamo qui, no? Dacci tutti i soldi che hai" disse la spilungona con calma per poi girarsi verso di me. "Io...non ho soldi, non ho proprio niente" dissi sinceramente in preda al panico.
"Come no! E come ci saresti arrivata qua? Se non hai i soldi dacci qualsiasi cosa di valore che hai, orologi? Bracciali? Ma, spicciati, non abbiamo tempo da perdere" disse Kate.
"Io non ho niente" dissi convinta un'altra volta girandomi verso la ragazza alta, sicura che lei fosse il 'capo' lì, che rispose "calma Kate, e anche tu Louise. Si vede che è una ragazza confusa, la paura fa sempre questo effetto, no?".
Sentii un groppo in gola, e cominciò a salirmi la rabbia dal petto, guardai le tre e urlai furibonda "non ho paura, disgraziate! Lasciatemi in pace".
Le guance della leader si colorirono e scambiando cenni con le altre due cominciarono ad avvicinarsi a me, accerchiandomi. Di getto mi coprii la faccia pronta a ricevere i colpi, ma non arrivarono. Sorpresa alzai gli occhi e vidi una quarta figura nella via, che stava lottando coraggiosamente contro la gang. A quel punto, presa da un impeto di adrenalina mi avvicinai a Louise e le lancia un calcio nello stomaco, che la fece accasciare. Dopo poco tempo vidi che tutte e tre cominciarono a correre via a muso basso e sospirai sollevata.
A quel punto mi girai verso la persona che era venuta in mio soccorso e dissi "grazie mille". "Potrai ringraziarmi dopo, non siamo al sicuro qui".

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