I Nuovi Genitori

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Izzi è sdraiata sul letto, la luce della luna proveniente dall'unica finestra nella stanza illumina lo scaffale dove prima erano posati i suoi libri preferiti, quelli fantasy, che insieme a tutti i suoi giocattoli erano finiti nella cantina di casa. A spostarli in quella stanza buia e umida erano stati i suoi genitori che, un pomeriggio di poche settimane prima, erano cambiati. Avevano rinchiuso Izzi in camera sua, praticamente ne usciva solo per mangiare e andare al bagno, e ogni volta che si azzardava a parlare con loro di un sogno o provava a chiedere di uscire per raggiungere il parco dalla parte opposta della strada, riceveva un "No!" secco e rabbioso come risposta. Una di quelle negazioni che i suoi veri genitori, quelli di qualche mese prima, non le avrebbero mai detto.

Una lacrima le scende sul viso. Le mancavano le carezze e il bacio della buona notte che puntualmente faceva finta di odiare perché era da poppanti ma, senza di loro, non poteva dormire sonni tranquilli. Le mancava la sua migliore amica che abitava oltre il parco, non la vedeva da molti giorni ne per giocare insieme ne per andare a scuola. Hellen era l'unica a sapere del suo potere ed era l'unica che non si spaventava quando ne faceva uso, anzi, erano sempre fragorose risate. Inondata di pensieri e di malinconia verso quei ricordi, Izzi chiuse gli occhi ancora piangendo e, cullata dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi, l'unico suono che non era cambiato, si addormentò.

Una tiepida folata di vento le passò sul volto e la svegliò. La bambina aveva fatto molti incubi durante quella notte primaverile e quando riuscì a prendere coscienza del proprio corpo sia accorse di essere sudata e sperò che la vita reale fosse cambiata dopo quel calvario, ma la stanza era ancora come la sera prima: il letto, l'armadio, la finestra aperta con tende bianche che si muovevano sinuosamente al tocco del vento, lo scrittoio con sgabello e il comodino dietro di lei. Proprio su quest'ultimo mobile Izzi notò un biglietto.

<Io e tuo padre siamo usciti, troverai la colazione sul tavolo della cucina, alle nove arriverà un uomo a prelevarti, seguilo senza discutere.>

Era ben chiaro il mittente.

"Wow, chissà dove mi porterà... A scuola?! Al cinema?! ...Izzi smettila di sognare, sai che è impossibile che i nuovi genitori ti facciano uscire di casa per svaghi simili..."

La bambina prese i primi vestiti che le apparirono davanti agli occhi aprendo l'armadio, si fece una doccia calda e si cambiò. Quando scese in cucina vide la colazione, se così poteva essere definita, consisteva in un bicchiere di latte giallognolo e tre biscotti secchi.

"Un pasto da gourmet insomma..." buttò il latte nel lavandino e sgranocchiò i biscotti ma ovviamente non servirono a saziare la fame. Fissò il tavolo e disse:

-Uffa, come pensano che possa essere una colazione questa?! Ci vuole una scodella di biscotti!

E magicamente sul tavolo vuoto apparve ciò che la bambina aveva desiderato. Ecco un'altra delle sue magie. Si riempì la pancia, corse a lavarsi i denti e prese lo zaino, senza il quale non si spostava da casa e uscì. Si sedette sui pochi gradini che dividevano la veranda dal marciapiede e attese. Le sembrò quasi surreale il quartiere, nessuno che passeggiava, nessuno che portava il proprio cane dentro il parco forestale per farlo correre e, nessuna, ma davvero nessuna casa del vicinato sembrava abitata. Tutte uguali, bianche fuori con tetto nero, senza fiori, senza animali in cortile e con le finestre chiuse da fitte persiane nere.

"Starà iniziando un altro incubo?" la bambina si diede un pizzicotto ma purtroppo era già sveglia.

Dopo qualche minuto un'auto scura si fermò in mezzo alla strada davanti a lei; ne uscì un uomo alto e magro vestito di nero, dall'aria seria e impenetrabile. Guardò Izzi gelandole il sangue e le disse:

-Ragazzina, vieni con me!-

-Dove mi porti? Chi sei?-

-Non ti deve interessare.- l'uomo prese con forza il braccio di Izzi e la trascinò verso la macchina, la bambina mordendolo riuscì a liberarsi, corse verso il parco alberato a perdifiato. Non sapeva dove andare ma l'unica cosa che l'istinto le suggeriva di fare era di correre più forte possibile saltando radici e massi lungo il percorso. Quando le sembrò che il cuore le volesse uscire dal petto per lo sforzo iniziò a rallentare, si guardò indietro e vide che nessuno l'aveva seguita. Rallentò la corsa fino a camminare, si tolse lo zaino dalle spalle, ancora una volta si voltò ma dietro di lei vedeva solo la foresta. Si appoggiò con la schiena ad un grosso albero dal quale poteva vedere il percorso principale, e poggiò a terra il piccolo fardello che si portava appresso, si sedette sopra un grosso masso per riprendere fiato e in quel momento di pace apparente pensò:

"Ma chi cavolo era quello?! Cosa devo fare adesso? Non posso tornare a casa, chissà che furia diventerebbero i miei genitori... Aiuto.." con mille domande e nessuna risposta, il cuore pian piano rallentò il ritmo e l'adrenalina lasciò il suo corpo, lasciandola senza forze.

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