Addio

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-Jago scendi! Ora!- gridò Fibi in preda ad un attacco di panico

-Non posso ragazza mia.-

-Che cosa?!- la ragazza iniziò a correre verso il capitano

-Quel fumo è maledetto! Se scendiamo ora ci ammazzeremo razza di stupida!- gridò Jago tenuto a mezz'aria dalla forza della giovane

-Fibi, ti prego mettilo giù. Rimaniamo qui sopra dai, appena il fumo si sarà dileguato scenderemo con la nave e...- rispose avvicinandosi la piccola Izzi

-Fibi, io sento...- sussurrò Victor arrivato poco dopo la ragazzina -...sento delle voci... li sotto. Non sembrano umane però...-

La ragazza rilasciò la presa dal folletto, lasciandolo bruscamente cadere sul pavimento della nave. Con passi lenti, mani sudate, pelle d'oca sulle braccia e il cuore in gola ritornò al parapetto di prua. Victor aveva ragione c'erano delle voci. Sussurri caotici e confusi, misti a grida innocenti e pianti senza fine. Era come se il monastero le parlasse. Rimase immobile, atterrita ed inorridita ad ascoltare, quel dolore e quel brusio malefico, che dal terreno saliva al cielo tramite le colonne di fumo.

Laria e i due ragazzini non si avvicinarono all'amica,  un po per rispetto e un po per paura di una reazione spropositata.

La fata percepiva le voci, il male che stava inghiottendo quel luogo era potente, purtroppo, troppo forte per i tre prescelti ancora storditi e spaventati per il proprio destino come giovani orfani.

Victor e Izzi si strinsero l'uno all'altra. Al ragazzo cominciarono a scendere lacrime silenziose sulle guance un poco colorite, sebbene non conoscesse la gente che abitava quel luogo, sentiva il loro dolore, sentiva le grida delle anime di luce inghiottite dall'oscurità.

La ragazzina non sentiva ciò che agli altri sembrava chiaro e terribile. Guardò il capitano Jago in cerca di risposte ma egli si limitò a ricambiare lo sguardo sospirando.

Trascorsero quasi un ora, in silenzio, tra le nuvole. Le colonne di fumo si diradarono, i sussurri e i lamenti cessarono, solo il suono limpido e nel contempo cupo della campana del monastero si fece più intenso. Il capitano fece scendere la nave sulla collina, per rispetto, non atterò nel grande monastero ma rimase fuori dal grosso portone, a circa un paio di metri d'altezza. I ragazzi più piccoli e il folletto scesero dalla scaletta a pioli accompagnati dalla fata mentre Fibi, con un salto atletico seguito da una capriola, scese dal parapetto della nave atterrando leggiadra sull'erba.

La ragazza lasciò alle proprie spalle gli amici e si diresse verso il pesante portone di legno accostato. Il sole stava per concludere il dì inchinandosi oltre la collina, la notte stava arrivando silenziosa, senza chiedere il permesso stava colorando di blu sempre più intenso il cielo rosso e rosato.

Fibi spinse il portone e davanti a se trovò una terribile realtà. Le sembrò che le gambe perdessero le forze quando la campana, concluse di scandire l'orrore che aveva difronte a se; il verde e lussureggiante giardino era stato completamente bruciato, piante e fiori distrutti, le pareti interne del cortile affumicate e coperte di una nero mantello di cenere. Ancora aleggiava nell'aria l'odore di bruciato. Dei monaci, della famiglia di Fibi, nemmeno una traccia.

La ragazza cercò di farsi forza, sebbene vedesse la propria casa distrutta, solo un pensiero la guidò verso il tempio principale del monastero: "...padre..."

La porta del tempio era spalancata, le fiamme non avevano toccato quel luogo, era come se una strana forza avesse impedito al fuoco di passare. Fibi con coraggio, e lacrime agli occhi, salì i pochi scalini che la separavano dall'immensa stanza ricca di ricordi.

Izzi vedendo il giardino nero come la pece ebbe un balzo al cuore, qualche giorno prima l'aveva visto pieno vita vegetale curata con affetto, eppure, tutto era stato distrutto; come se qualcuno avesse spento una sigaretta su quel luogo incantato, come se l'amore non fosse bastato per proteggerlo. Alzò lo sguardo e vide Fibi immobile davanti alla porta spalancata del tempio, un istante dopo la ragazza più grande lanciò al vento un grido di disperazione ed entrò nella stanza. Victor, Jago, Izzi e Laria accelerarono il passo, salirono i gradini e giunsero nella grande stanza. Sul pavimento di legno, erano disposti in cerchio, i corpi dei monaci. Al centro di essi Fibi teneva tra le braccia, piangendo e mugolando, un uomo dalla tunica rossa.

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