Jacob

9 1 1
                                    

Verso il tramonto, in lontananza, le viaggiatrici cominciarono a vedere che il paesaggio brullo stava lasciando il passo a qualche fabbricato, delle segherie. Grosse e imponenti strutture con accanto cataste altissime di legna, non vi erano operai, solo molti macchinari che spostavano i tronchi accatastati sopra un nastro trasportatore che entrava nella fabbrica.

"Quanto dolore in questo luogo..." pensò Laria osservando le piramidi di legna, per un momento esitò davanti ai grossi cancelli e con uno schiocco di dita interruppe bruscamente il lavoro delle macchine.

-Ma che hai fatto Laria? Non pensi che guai passeranno gli uomini che lavorano qui se gli fermi tutto?!-

-Izzi, in questo luogo non lavorano uomini ma ombre. Il legno non è creato per fare del bene ma solo per uccidere gli alberi... Lo scopo di questo luogo è distruggere le foreste nelle quali si nascondono i bambini. La campagna che abbiamo attraversato non erano campi coltivati, da quella terra sono stati sradicati questi alberi, molti di loro erano guardiani e protettori... Li hanno tagliati e cavato le loro radici per impedire alla magia di entrare in questo mondo.-

La fata era terribilmente seria e agitata, la sua luce pulsava come quella di una candela toccata dal vento, per questo motivo entrambe le ragazze, rispettosamente, non dissero nulla. La piccola comitiva continuò il cammino con amarezza verso l'ignoto. Di fronte a loro si presentarono appezzamenti coltivati a pioppi, dei boschi creati artificialmente. Tronchi senza nemmeno una crepa; tutti alti, dritti e bianchi, posti alla stessa distanza gli uni dagli altri. In un luogo del genere nessun bambino avrebbe potuto nascondersi, ne tanto meno salvarsi per pura fortuna come aveva fatto Izzi.

La luna bianca si levò in cielo, la fata fece cenno a Fibi di liberare gli occhi del borbillo perché la luce non lo avrebbe fatto impazzire, la ragazza eseguì l'ordine e l'animale potendo finalmente vedere l'amica umana davanti a se spalancò i grandi occhi neri e uggiolò contento. Le menti delle viaggiatrici erano ormai stanche di viaggiare, tra camminare e cavalcare le gambe ormai sembravano macigni ma la fata guardiana non volle che si fermassero in un luogo visibilmente privo di magia, non era un posto sicuro. Laria sapeva che dalla notte precedente quasi nessuna traccia di magia avrebbe più varcato le porte tra i mondi, le ombre stavano stringendo le spire su Blue Light Moon e per questo motivo l'ansia di giungere a destinazione affievoliva la luce e il carattere della fata.

Izzi fece apparire dei panini, un tronco marcio pieno di insetti per Birbo, il borbillo così chiamato da Fibi, della carne fresca per Kase e una pianta di campanule per la fata, la quale, sebbene non avesse bisogno ne di mangiare ne di bere apprezzò il pensiero e ricavò da essa una linfa nutriente e bianca, una sorta di bevanda per gli esseri magici.

-Come facevi a sapere che le campanule sono una pianta speciale per le fate?-

-Non lo so, mi è venuta in mente così.- rispose la bimba sorridendo

Una volta rifocillati gli stomaci gorgoglianti la comitiva ripartì. Fibi pregò Laria di fermarsi a riposare anche perché, essendo un rapace diurno anche Kase iniziava ad affaticarsi eppure la fata non seppe ragioni, le sue antenne fremevano, significava che ormai erano vicini ad una fonte magica. La fata decise di far riposare Kase nello zaino di Fibi e di affidarsi al proprio istinto. Dopo alcune ore di viaggio rimase vigile solo Laria, le ragazze si erano addormentate sulla groppa del grosso borbillo il quale ormai seguiva la fata perché ingolosito dalla sostanza bianca che ella portava al fianco in una bolla.

I pioppi iniziarono a diradarsi, il cammino si fermò di fronte a un fiume che imperterrito scrosciava fragorosamente. Grossi massi impedivano all'acqua di viaggiare quieta, la incanalavano e la indirizzavano in un percorso tortuoso che creava rapide e mulinelli. La portata d'acqua di quel corso era tale da spostare alberi morti e cadaveri. Laria vide passare davanti a se quasi a cadenza regolare, come in una processione, cadaveri di fate guardiane e di altre creature magiche come gnomi e folletti. Le sembrò che il cuore si fermasse. Voleva gridare, piangere e far esplodere la propria ira verso le ombre che avevano spazzato via le sue compagne eppure la ragione la trattenne: doveva portare le ragazze al portale il più presto possibile. Si morse le labbra, chiuse gli occhi e recitando sotto voce una preghiera chiese alla luna di portare via da quel luogo gli esseri magici che non vi appartenevano, voleva che i loro corpi tornassero a casa. Quando riaprì le palpebre il fiume era vuoto, comprese che una minima speranza era ancora accesa, se non avrebbe compiuto la missione almeno il suo corpo sarebbe ritornato a Blue Light Moon. Con uno schiocco di dita estrasse alcuni grossi massi dal letto del fiume e vi formò un ponte sospeso. Il borbillo non era molto fiducioso eppure, dopo una carezza della fata si convinse ad attraversare.

Blue Light MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora