Fibi, poco prima di svoltare sulla via a sinistra della biforcazione di fine corridoio, diede una rapita occhiata alle proprie spalle incrociando lo sguardo di Jacob. L'intesa che i ragazzi si scambiarono, donò alla giovane una profonda sicurezza e decisione, ma, come svoltò l'angolo, il luminoso corridoio la riportò allo stato di tensione che l'aveva attanagliata dall'inizio della missione. Sebbene conoscesse le proprie capacità, sebbene avesse chiaro l'obiettivo da portare a termine, non sentiva la tranquillità mentale, la certezza, che era necessaria per immaginare ogni azione e non percepiva la prontezza di riflessi necessaria per essere reattivi ad ogni imprevisto. Da quando aveva visto il corpo di suo padre, senza vita, sul parquet del tempio, parte delle sue certezze erano cadute con lui. Come può un cuore di una persona così giovane accettare una perdita così grave senza conseguenze? Ciò che aiutò Fibi fu focalizzarsi sull'obiettivo: cercare e uccidere quell'ombra maggiore che aveva cancellato dall'esistenza la sua famiglia. Sotto la corazza di stratega che portava, il cuore della ragazza era in forte tumulto, il bacio che le aveva dato Jacob l'aveva rinsavita alla realtà dopo l'esperienza di perdizione e aveva risvegliato in lei amore, eppure, insieme ad esso era cresciuto il bisogno di giustizia. Dopo aver liberato i bambini, avrebbe atteso o avrebbe cercato, quel mostro che aveva distrutto la sua vita, il suo passato, il suo mondo; sapeva che ciò che avrebbe fatto non avrebbe riportato in vita nessuno eppure... Fibi doveva placare la propria mente ed il dolore che ancora provava. Senza accorgersene percorse circa una trentina di metri, in un corridoio spoglio. Infondo ad esso trovò una porta, lentamente mosse la maniglia e aprì uno spiraglio. La stanza era piena di monitor ed un uomo incappucciato, le dava le spalle osservando gli apparecchi, immobile. L'ombra, alta ma muscolosa portava una felpa scura e dei jeans neri, strappati ed impolverati. Fibi respirava leggera, anche se il cuore le batteva all'impazzata, alzò lentamente la testa percorrendo con lo sguardo il soffitto del corridoio, per vedere se era stata ripresa da telecamere, eppure, ciò che era sopra di lei erano solo penzolanti lampade a led. Cercò di placare il battito eseguendo dei lunghi respiri profondi poiché, per agire, avrebbe dovuto eseguire movimenti silenziosi e fluidi, come quelli di un gatto; l'agitazione causata da quell'incontro inaspettato, non avrebbe dovuto tradirla. Lentamente la giovane ritornò con gli occhi all'ombra ma quest'ultima era scomparsa. Non l'aveva sentita muoversi, l'uomo non stava camminando nella stanza, si era semplicemente volatilizzato. Il dubbio di aprire la porta o meno attanagliò la mente di Fibi. Forse si era solo sognata quella figura. Provò ad aprire lentamente la porta. Nessun rumore, nessuna voce. Fibi entrò silenziosamente. Nei monitor era presente solo neve. Gli scoiattoli di Jacob avevano accecato il centro sorveglianza e per questo la maggior parte delle ombre erano uscite dall'edificio, la ragazza soddisfatta sorrise beffarda. In quell'attimo qualcuno le cinse un braccio intorno al collo. Fibi non poteva vedere l'aggressore poiché era stata attaccata alle spalle, ma la ragazza reagì calciando il piede dell'uomo per fargli allentare la presa, e come egli lo fece, andò a cercare gli occhi dell'avversario allungando le mani dietro di se, sopra la propria testa, così da poterlo mettere fuori gioco quell'attimo necessario per scappare, eppure, quando il braccio dell'uomo sciolse la presa di soffocamento, e la ragazza tentò di contro attaccare, dietro di lei non vi era nessuno. Il calcio lo aveva sferrato ed aveva preso un grosso scarpone ma come si voltò nessun'altro era presente nella stanza. Per un momento si sentì disorientata, l'adrenalina era alle stelle, perciò qualcuno l'aveva aggredita davvero, eppure solo il lieve gracchiare della neve sui monitor le faceva compagnia. Fibi decise di riprendere il corridoio e raggiungere gli altri ma la porta si chiuse d'improvviso, come se fosse stata una forza invisibile a farlo. Per un momento la ragazza si sentì in trappola, le finestre di quel luogo erano piccole, strette ed opache con sbarre all'interno, la stanza aveva una sola via d'accesso e di uscita e niente in quel luogo le permetteva di aprirla, che fosse scardinarla, distruggerla o scassinarla; nulla poteva fare ed era sola e spaventata. Fibi, rendendosi conto della propria difficoltà decise di contare sull'unica cosa che non l'avrebbe mai potuta lasciare: il proprio potere. Si concedette un momento per meditare al centro della stanza: con un inspirazione raccolse i pensieri, le emozioni, i problemi in una nuvola nella propria mente, espirando, liberò la grigia figura all'esterno del proprio corpo. Il corpo reagì alla meditazione positivamente, il battito rallentò e la mente si calmò. Ora, era nella condizione ideale per usare al meglio i propri poteri. La ragazza fece due passi verso l'uscita, tese una mano sopra la porta e figurò mentalmente una cascata al posto di essa. Un'istante dopo una cascata scrosciante iniziò a bagnare il pavimento della stanza. Felice, la ragazza, stava per attraversarla verso la libertà ma un'oscura figura si tracciò dalla parte opposta dell'acqua. Il cuore di Fibi ricominciò a battere forte eppure, questa volta la ragazza non si scompose, fece due passi indietro verso il centro della stanza senza togliere gli occhi dalla figura e si mise in posizione di difesa; ginocchia lievemente flesse, le mani fronte a lei, la sinistra più verso l'esterno e la destra subito dietro ad altezza della gola, con i palmi rivolti verso l'alto. La figura scura poco prima di attraversare la cascata disse con voce molto profonda:
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Blue Light Moon
FantasyIl destino di più di un mondo che annega nell'Oscurità è nelle mani di tre bambini nati dalla Luce.