Lo Specchio delle Emarb

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Adrien camminava veloce tra i corridoi della scuola, cercando di non farsi scoprire da Gazza. Per quanto il mantello dell'invisibilità potesse renderlo invisibile, una caduta dalle scale o qualsiasi tipo di rumore sospetto avrebbe allarmato il guardiano. Doveva muoversi se voleva raggiungere la parete il prima possibile e senza farsi beccare dai prefetti. La stanza che voleva, anzi che doveva raggiungere era nascosta a Hogwarts ma, per quanto avesse cercato a lungo, l'unico modo per arrivarci era passando dalla Stanza delle Necessità, sperando che questa si tramutasse in un corridoio. Finalmente raggiunse la meta e camminò con passo svelto avanti e indietro tre volte. Il muro si divise, formando una piccola porta di legno a due battenti, che, una volta dopo che Adrien la aprì, gli mise a disposizione un lungo corridoio illuminato solo dalle torce. Lo percorse con una fretta, tale che gli faceva battere il cuore nel petto selvaggiamente. Come se la stanza a cui era diretto fosse una medicina salvavita. La sua medicina salvavita. Si strinse nel mantello, stando attento a non strisciarlo per terra, rabbrividendo al freddo del tunnel. Finalmente vide una porta, più piccola di quella precedente e decorata solo da un pomello di ottone. L'aprì e si ritrovò finalmente nel luogo che desiderava vedere tanto ardentemente. La stanzetta era semplice: le finestre piccoline lasciavano entrare la fredda luce lunare, le ragnatele erano spuntate ovunque e poi c'era lui. Lo specchio. Lo specchio delle Emarb era stato spostato in quella stanza segreta dopo la guerra che aveva visto il famoso Harry Potter come protagonista. Adrien aveva scoperto della sua esistenza un pomeriggio del quinto anno mentre studiava in biblioteca, solo un anno prima. E da quel momento, ogni volta che poteva, raggiungeva lo specchio, come se una forza invisibile lo chiamasse. Si avvicinò lentamente, sospirando pesantemente, e lasciando che lo specchio riflettesse il suo più grande desiderio, quello che bramava più di tutti. Come ogni altra volta, l'immagine fece capolino sul vetro del mobile e, come ogni altra volta, ad Adrien tremarono le gambe. Si allentò la cravatta dei Tassorosso, sorridendo tristemente al suo desiderio: sua madre era lì, con una mano sulla spalla del ragazzo e l'altra lasciata lungo il fianco, gli occhi verdi come il prato che lo fissavano gioiosi, le labbra rosee piegate in un sorriso. I capelli erano raccolti nella coda laterale che era solita portare, e il suo sguardo venne catturato dal vestito blu che la donna indossava. Era semplicemente magnifica, come la sera che morì investita da un'auto. La vita era stata strana con lei: una giovane strega che sopravvisse alla guerra, conobbe un mago e si sposarono. Per poi avere un figlio, che avrebbe visto la morte della madre in prima persona. Ogni volta che guardava l'immagine gli sembrava di sentire il calore della mano di Émilie Agreste attraverso la camicia sottile.
Adrien era talmente preso dai ricordi che non si accorse che qualcuno lo aveva raggiunto alle sue spalle.
- Che cosa ci fai qui? -
Il biondo sobbalzò alla voce e si girò, senza alzarsi dal punto in cui era seduto, e vide Marinette che lo fissava.
La sua migliore amica, nonché Grifondoro per eccellenza, lo aveva seguito?
- Tu per quale motivo sei qui? -
Marinette si sedette sul pavimento vicino a lui, piegò le gambe, circondandole con le braccia, e ci si appoggiò con il mento.
- Ho scoperto questo posto qualche mese fa. Da allora tutte le notti vengo qua per vedere quello che lo specchio mi mostra -
Adrien annuì comprensivo: in fondo non lo faceva anche lui? Anche se da molto più tempo?
- Tu che cosa vedi? -
Marinette aveva pronunciato la domanda a voce molto bassa, come se temesse che qualcuno avrebbe potuto sentirli.
- Mia mamma. Vedo mia mamma con il suo vestito preferito che mi guarda, e mi sorride. È fiera di me e ha una mano sulla mia spalla -
Adrien si avvicinò alla corvina, in modo che il mantello li scaldasse il più possibile e che si facessero calore l'uno contro l'altro.
- E tu? -
- Mh? -
- E tu cosa vedi? -
Marinette non rispose subito, e il ragazzo si chiese che fine avesse fatto la solita Marinette solare e giocosa di tutti i giorni, e che conosceva da quasi dieci anni.
- Vedo quello che vorrei che fosse il mio futuro: ci sono tre bambini, io con la mano sul petto di mio marito e metto in mostra la fede -
- Che persona è? -
- Chi? -
- L'uomo che vedi -
Marinette si guardò la punta delle ballerine rosa, prendendo tutto il tempo necessario per rispondere a quella semplice domanda:
- È alto, biondo con gli occhi verdi. Mi fa ridere e ama i nostri figli. Mi conosce come le sue tasche e mi ama con tutto il suo cuore. È solare, divertente, dolce e protettivo -
Ciò diede molto fastidio al biondo.
Adrien sentì la lingua asciutta, quando ebbe un deja-vu:  Nino che lo prendeva in giro per la sua cotta verso Marinette.
- Deve essere un tipo molto fortunato -
Pronunciò quelle parole con amarezza, mettendoci tutto l'impegno possibile per non arrabbiarsi. Avrebbe preso a pugni quell'uomo, oh eccome se lo avrebbe fatto!
Marinette si alzò a capo basso e si allontanò velocemente. Sulla soglia della porta si girò e gridò:
- Voi ragazzi non capite niente! -
Stava piangendo, Adrien ne era certo. La ragazza sbatté la porta alle sue spalle lasciando da solo il biondo in quella stanza nuda.
Aveva detto qualcosa che non andava?
O forse era proprio per il fatto che non avesse detto niente ad aver fatto infuriare la ragazza?
Ritornò a guardare lo Specchio delle Emarb, soffocando un gridolino poco maschile per la sorpresa: nell'immagine c'erano tre bambini, due maschi e una femmina, una versione di lui più adulta e una donna corvina con gli azzurri, che metteva in mostra la fede. E la donna era chiaramente Marinette Dupain-Cheng.

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