PIOGGIA DI SCHIUMA
Mi precipito fuori dalla camera. I coltelli in pugno, pronti ad essere aperti. I muscoli tesi e le orecchie in allerta per un futuro grido. Ma, tutto quello che mi attende non é una fata, bensì tre ragazze. Tre ragazze perplesse e sorprese. Tutte e tre che mi guardano con la fronte aggrottata. Un grido, nato dall'adrenalina che iniziava a pombarmi nelle vene, mi muore in gola. Pensandoci bene, preferivo di più una fata che puzza di decomposizione.
La mia compagna di stanza é tra di queste, le altre due sono quelle che ho visto poco fa in mensa. La sorella gemella di Barbie alza gli occhi al cielo, spazientita.<< Ari, ma cosa succede? >>, le chiede la ragazza al suo fianco. Io metto via i coltelli, mentre Derrick esce dalla stanza con in mano un pezzo di matita. Lo impugna come se fosse un fioretto e lo aggita fendendo l'aria. Alzo gli occhi al cielo, mentre incrocio le braccia dietro la schiena.
<< Fatti avanti sidhe dei miei... Clary? >>, mi guarda deluso, mentre abbassa la sua arma. Abbasso lo sguardo e distendo le labbra, in un esempio di sorriso imbarazzato.
<< Ehm... Io... >>, cerco di trovare velocemente una scusa, ma il mio cervello é già in letargo. Alzo lo sguardo e mi swnto come un germe al microscopio sotto il loro sguardo indagatore. Il pixie, sconfitto, si posa sulla mia spalla. << Questa volta l'hai combinata grooossaaa >>, canticchia nel mio orecchio.
<< Ragazze, ci vediamo domani in giro >>, le saluta la Barbie scoccando ad ognuna tre baci sulla guancia senza nemmeno sfiorarsi. Le due se ne vanno, ritornando a ridacchiare. La rossa mi lancia uno sprezzante sguardo da sopra la spalle. Sposto lo sguardo sulla mia compagna di stanza che, ad un tratto, si é accorta della mia esistenza.
<< Ma cos'hai che non va? >>, sbotta la bionda superandomi urtandomi la spalla con ranto di alzata d'occhi. Incrocio le braccia al petto e sbuffo. Resto lì, con le spalle rivolte verso l'interno della stanza, ad osservare il buio del piano.
<< Cos'ha che va? >>, borbotta Derrick alzandosi dalla mia spalla. Gli lancio uno sguardo di traverso e lui alza le spalle. Dopo aver sbuffato per la seconda volta, rientro nella stanza chiudendomi la porta alle spalle.Il giorno dopo non iniziò, per niente, nel verso giusto. Per cominciare, sono stata chiamata da uno di quei grossi altoparlanti che si vedono solo nei vecchi film, tutto pieno di ragnatele, a recarmi dallo psichiatra dell'accademia. Ogni studente, che ha sentito l'avviso, si é messo a ridacchiare mentre uscivo di fretta e furia dalla mensa. Nella fretta, ho urtato la spalla di Alec Stewart. Ci siamo voltati entrambi, il suo potere si era insinuato con prepotenza nella mia bocca. Mi sono sistemata la borsa sulla spalla e me ne sono andata, senza nemmeno chiedergli scusa. Arrivata nello studio del dottor Morris, sono stata riempita da infiniti giri di parole e, altretranti infiniti, termini accademici. Dopo ciò, sono andata in classe con la testa piena di cose inutili.
Ora sono rinchiusa in un laboratorio di chimica, seduta dietro ad uno dei giganti tavoli muniti di rubinetto. Tiro fuori dalla mia borsa il mio libro di testo, passando in rassegna i tanti volti che mi passano davanti. Ne cerco qualcuno di familiare, come Ethan o Emma, ma non si vedono nessuno dei due. Alla fine il professore, un tizio alto e robusto con un lieve accenno di calvizie, entra e chiude la porta dietro di sé. L'uomo si pulisce gli occhiali unti e si raddrizza la cravatta che gli cinge il collo tozzo. Incrocio le braccia sul tavolo freddo e, annoiata, cerco di stare sveglia. Senza il pixie, a prendere in giro qualsiasi cosa respiri, sarà una lunga giornata.
<< Allora ragazzi, iniziamo con separarvi in gruppi >>, dichiara l'uomo sistemando dei fogli sul tavolo. Sbatte il plico sulla cattedra producendo un rumore piatto, dopodiché batte le mani mettendo fine al brusio che si era creato. Il professore punta lo sguardo in fondo alla classe. Seguo lo sguardo, come fa anche qualcuno. I miei occhi incontrano lo sguardo color nocciola della rossa vista in mensa ieri sera. Ingoio a vuoto. Lei accenna un risolino, forse ricordando l'episodio post - cena. Vorrei sotterrarmi.
<< Sì, signorina Collins, ha capito proprio bene >>, le dice il professore. << Verrà separata dalle sue carissime amiche. Non sa wuanto mi dispiace >>, continua sarcastico l'uomo. La ragazza accenna un sorriso. Un sorriso pieno di arroganza. I suoi occhi ritornano su di me e quel sorriso inizia a trasudare odio. Sono qui da soltanto due giorni e già sto antipatica a qualcuno. Faccio progressi.
Mi volto in avanti, interessandomi improvvisamente al libro di chimica. L'uomo apre bocca, pronto a cominicare le coppie di laboratorio, quando la porta della classe si apre.
<< Signorina Price, che piacere rivederla >>, dice il professore con tono sarcastico. L'uomo incrocia le braccia al petto e osserva la ragazza che si chiude la porta alle spalle. Qualcuno, dieteo di me, bisbiglia qualcosa. Qualcosa di brutto che ha che fare con quella ragazza. Qualche pettegolezzo, insomma.
<< Un piacere anche per me >>, ribatte spostandosi una ciocca dei lunghi capelli castani dal volto. La ragazza fa ampi passi in avanti per poter riempire la distanza che c'è tra lei e l'uomo. Lei gli porge un fogliettino rossa, dopodiché fa un cenno della mano a qualcuno in fondo alla classe. Il professore fa finta di non vederla.
<< Che cosa hai... >>, la frase gli rimane bloccata in gola quando la porta si apre per la seconda volta. Un intenso sapore di frutta secca si insinua, delicatamente, nella mia bocca. << Arrivare in orario é un vero problema per lei, vero signor Stewart? >>
Il ragazzo sbuffa e alza gli occhi al cielo.
<< Mi scusi >>.
<< Sì, sì >>, sussurra l'uomo distratto.
Alec Stewart si avvicina alla nuova ragazza e le batte una mano sulla spalla a mò di saluto. Lei le rivolge un sorriso e annuisce. Lui le rimane accanto, aspettando che il professore gli dia la sua attenzione. Quando l'uomo consegna il fogliettino alla ragazza, ne consegna uno anche al ragazzo.
<< Ci vediamo sabato, come già sa >>, gli sorride l'uomo. Il ragazzo si va a sedere al suo posto, spazientito.
<< Allora. Dove eravamo rimasti? >>, batte le mani l'uomo. Il mormorio che si era formato, cessa. Quell'uomo, così sciatto, attira su di sé tutta l'attenzione dei ragazzi. Come una calamite. Gira intorno alla cattedra e si posa con una gamba su di essa. Posa lo sguardo sul pavimento, ma solo per alzarlo subito dopo. << Ah, sì ecco. Allora, signorina Veronia Collins si sieda accanto alla signorina Williams. Qua avanti >>, indica lo sgabello libero l'uomo. Io abbasso lo sguardo sulla base in marmo, sentendo tutti gli sguardi su di me. Il sangue inizia ad affluire alla guance, questa é una situazione che odio. Un altro brusio, ma diverso dal precedente, ricomincia. Sento lo sgabello stridere quando la rossa, Veronica, si alza dal suo posto. Con fare arrogante, sbatte la sua borsa sul banco. Il mio sguardo è rivolto su di lei. C'è un che di sfida nel suo sguardo. La ragazza incrocia le braccia sul tavolo; un gesto che a lei sembra naturale, mentre a me fa sembrare solo una bambina impacciata. Lei resta lì, ad osservarmi. Il professore continua a fare gruppi, a chiamare nomi che non ricorderò mai, ma io non gli do importanza. Né a lui né a la ragazza che mi squadra così insistentemente. La mia attenzione è posta su un'altra cosa. Sul, ormai, familiare gusto di fiori schiacciati e terra bruciata che mi riempie la bocca. Quel sapore che sto tentando di ignorare. Sposto lo sguardo, mettendo a fuoco un ragazzo slanciato incontrato in biblioteca. Osservo gli zigomi alti e l'incarnato chiaro. La ciocca castana che gli cade davanti agli occhi. Lui volge il suo sguardo su di me, senza prestare attenzione alle parole del professore. Ogni volta che ci incontriamo restiamo così, due idioti imbambolati che si fissano. Forse tropp scioccati per aver incontrato una cacciatrice imbranata o per aver incontrato una possibile fata così umana. Lui aggrotta la fronte, osservandomi intensamente. Chiudo gli occhi, quando il suo potere assume una dolce nota di fragole. Nella mia mente inizio ad immaginarmi scalza mentre corro nei boschi. I raggi del sole che mi illuminano le pelle diafana. Le lentiggini che assumono quella tonalità ambrata che Monica adora. Corro, calpestando foglie aranciate e rossastre. Un sorriso mi increspa le labbra. Una brezza, così leggera, mi sfiora la pelle. Quel potere inizia a rotolare sulla mia lingua, fin giù nella faringe. Una sensazione di tepore mi riscalda lo stomaco. Un tepore piacevo, come di quando ti fai la doccia in inverno. Socchiudo gli occhi. Nessun potere ha mai avuto così tanto controllo su di me. Ingoio a vuoto e il ragazzo, seduto nell'altra fila, inclina la testa. Socchiude gli occhi verdi e corruga la fronte. Non ho la forza di distogliere lo sguardo, mi sento completamente ancorata a lui. È un pensiero folle, lo so, ma... Non so spiegarlo con esattezza .
<< Vuoi darmi una mano, idiota >>, sibila a denti stretti la ragazza al mio fianco. Apro la bocca, per rispondere al suo insulto, ma poi mi affretto ad afferrare una beuta davanti a me. Non guardo nemmeno cosa contiene, la passo semplicemente alla ragazza rossa. Abbasso lo sguardo sul nostro esperimento, ma mi distraggo subito dopo. Lancio un breve sguardo al ragazzo, intento ancora ad osservarmi. Adesso sta iniziando a mettermi i brividi. Fata o non fata, sembra uno stalker. Lui abbassa lo sguardo, come se mi avesse letto nel pensiero. Ma, solo dopo, scopro cosa aveva attirato la sua attenzione. Un lieve ronzio, come quando si apre una bottiglia di Coca dopo averla agitata, mi arriva forte e chiaro alle orecchie. Una spumosa schiuma bianca inizia a prendere vita nel contenitore. Faccio in tempo a spostare il mio sgabello, quando l'esperimento esplode. Schizzi bianchi e verdastri macchiano il soffitto grigio fumo. Tutta la classe é intenta ad osservare il soffitto, ma nessuno si accorge che la schiuma non vuole restare lì. Un grosso grumo bianco cade su Veronica, la mia temporanea compagna di laboratorio. La ragazza trae un profondo respiro, si pulisce la schiuma dagli occhialini, dopodiché mi fulmina con lo sguardo. Io mi stringo nelle spalle con un sorriso di scuse.
<< Tu, buona a nulla che non sei altro >>, sibila a denti stretti. Un altro grumo di schiuma, più puzzolente del precedente, le cade in testa. Un urletto isterico le sfugge dalle labbra. Okay, sono nei guai.
<< Ragazze, ma che avete combinato? >>, chiede il professore. I suoi occhi sono incollati alla schiuma densa che continua a fuoriuscire dal contenitore in vetro. Gli occhi della ragazza sono ancora incollati su di me.
Mentre qualcuno tenta di urlare << Ragazzi, schiuma party! >>, la ragazza urla: << Sei un idiota! >>.
Veronica si alza dallo sgabello, il quale cade a terra con un torfo sordo, si pulisce la maglietta dalla schiuma. Urletti isterici fuoriescono dalle sue labbra. Lancio uno sguardo al ragazzo, lui trattiene a stento una risatina. Un sorriso inizia a nascere sulle mie labbra.
<< Lo credi divertente, ragazzina? >>, mi fulmina con lo sguardo.
<< Smettila di chiamarmi ragazzina >>, sussurro. Lei alza un sopracciglio, stupita del fatto che abbia risposto.
<< In questo Istituto non dovrebbero accettare esuarite come lei >>, si lamenta con il professore. L'uomo abbassa lo sguardo su di me e io abbasso il mio sulle gambe. Che casino!
<< Okay, Collins va in bagno a ripulirti. Qualcuno che l'accompagni per favore >>, sussurra l'uomo tenendosi la parte alta del naso. Inspira affondo, mentre Veronica e una delle tre Arpie escono dalla stanza. Un pò di schiuma cade dal tavolo quando, la porta della classe sbatte.
<< Williams, vai accanto alla signorina Price >>, si rivolge a me. Il suo sguardo fa una muta richiesta: << Non fare altri casini, per favore >>.
Prendo la mia borsa, leggermente schizzata di schiuma, e il mio testo. Mi volto e inizio a percorre il corridoio che separa le due file di banchi.
<< Per fortuna queste sostanze non sono nocive o avremmo dovuto evacuare l'aula >>, borbotta il professore prendendo i due recipienti di vetro.
<< Chiamala fortuna >>, bisbiglia una ragazzo attirando i risolini di tutti. L'uomo si ferma davanti alla cattedra. << Come ha detto, signor Eastwood? >>, chiede il professore al ragazzo. Quando mi lascio cadere sullo sgabello vuoto, lancio uno sguardo al ragazzo con i dread che ha parlato. Il ragazzo che affiancava Alec ieri in biblioteca. Osservo un leggero rossore prendere possesso delle orecchie del ragazzo. Il silenzio cala sulla classe. Incrocio le braccia sul ripiano di marmo e ci affondo la testa con un gemito.
Sono una totale imbranata.
<< Andiamo, non é andata così male >>, sussurra la nuova arrivata sfiorandomi il gomito.
Alzo di poco la testa e porto lo sguardo sulla sua figura sottile. Lei si sposta i lunghi capelli da una parte, mentre é intenta a mescolare due liquidi con un bastoncino. Incrocia il mio sguardo e sorride, per poi riportare di nuovo lo sguardo sul suo esperimento.
<< D'altronde hai fatto quello che tutti vorremmo fare a quel gruppo di smorfiose >>, continua mentre allunga la mano e afferra una delle provette. << Credimi, é stato fantastico! >>
<< Non l'ho fatto apposta, davvero >>, mormoro facendo vagare lo sguardo sulla classe.
Tutti sono attenti a quello che dice il professore, tranne uno. Lo stesso ragazzo che mi ha distratto prima. Mi osserva dal primo banco con un lieve accenno di sorriso. Un sorriso che rivela un paio di fossette ai lati delle labbra.
Sprofondo di nuovo con la testa tra le braccia, sotto lo sguardo divertito di Price.
Sarà una lunga giornata...
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THE FALCONER
Fantasy{ ρrιmα sτοrια } Sguardo freddo. Sogni infranti. Lei é l'assassina. La vita di Clarissa é stata, ed é, piena di cambiamenti: genitori e fratello misteriosamente scomparsi, nuove case, nuove città, nuovi crimini e nuove prede. Esatto, nuove prede...