INTRAPPOLATA NEL BUIO

L'estate finisce in fretta e subito arriva l'autunno. Ormai, il cortile d'ingresso é una lunga distesa di foglie secche. Un grande mosaico autunnale. Inutile dire che, in questo periodo dell'anno, l'Accademia appare ancora più orribile vista da fuori. Un posto perfetto per festeggiare Haloween. Una sorta di casa infestata. Dentro, l'edificio, appare più triste che mai. La luce radiosa che filtrava dall'enorme lucernario é quasi del tutto sparita, rimpiazzata dalla luce giallognola dei lampadari. Anche i putti, che ci osservano in silenzio dal soffitto, appaiono come tetri bambini grassocci che pianificano la nostra morte. Il loro sorriso, ormai, é un'orribile smorfia maligna. L'edificio, anche se ha il riscaldamento a palla, appare sempre gelido. Queste temperature quasi rigide di metà ottobre, hanno costretto tutti a fare un rapido cambio di vestiti. Ormai é quasi scandaloso vedere qualcuno che gira in t-shirt.
L'incidente del laboratorio di chimica é, ormai, acqua passata. Quasi nessuno lo nomina più. È acqua passata per tutti tranne che per Veronica, lo capisco da come mi guarda ogni volta che le nostre strade si incrociano. La ragazza mi guarda dalla testa ai piedi, come se fossi un inutile scarafaggio. Nello stesso identico modo che si sono limitate a guardarmi anche Arabella e l'altra ragazza che si portano dietro, che sembra chiamarsi Amber.
Nei giorni successivi l'ultimo scontro con il revenant, c'è stata una sottospecie di tregua da parte delle fate. Quella tregua che ha dato, agli studenti, il tempo di dimenticare la ferita inspiegabila sul corpo della ragazza il cui nome é Stephanie. Anche Alec non si é fatto vedere più di tanto, a dire il vero dopo la nostra prima e unica conversazione, non abbiamo fatto altro che evitarci. I nostri sguardi non si sono mai più incontrati e il gusto del suo potere é diventato quasi impercettibile nella mia bocca. Per me, le settimane, sono passate in uno stato di ansia perenne. Ansia scaturita da una da interrogazioni e cose del genere e, dall'altra parte, dal rozzarmi intorno di Derrick. Il pixie non ha fatto altro che assillarmi sul dovermi interessare di più ai miei studi sulle fate. Per un mio bisogno mentale, e per la sua vita, sono stata costretta a rifugiarmi in biblioteca. Restavo lì, nascosta tra gli scaffali, a studiare anche dopo l'orario del coprifuoco. Ritornavo in camera solo quando ero certa che entrambi, sia Derrick che Arabella, stessero dormendo. Oppure, che anche tutto il dormitorio delle ragazze stesse dormendo. Ogni volta che salivo all'ultimo piano sentivo degli sguardi indagatori bruciarmi la schiena.Spezzo un biscotto e, distrattamente, infilo una metà in bocca. Seduta tra due scaffali, all'ultimo piano della biblioteca, e illuminata dalla luce debole della luna, cerco di prepararmi per l'interrogazione di letteratura inglese di domani. Lascio cadere con un tonfo il libro a terra. Con una smorfia, allungo i muscoli della gamba addormentata. Afferro un altro dei biscotti al cioccolato, destinati alla colazione dei professori, e lo sgranocchio facendo cadere le briciole sulla felpa nera e il jeans. Mi pulisco frettolosamente e ne prendo un altro, tenendo la testa posata al muro e china sul libro. Gli occhi, pesanti per la stanchezza, iniziano a chiudersi. Mi sto per appisolare lì, seduta su quel pavimento polveroso, quando un ringhio risuona nel silenzio tombale della biblioteca. Sobbalzo e la metà del biscotto spezzato finisce a terra. Mi guardo intorno, circospetta. Con delicatezza, chiudo il libro e mi alzo, riemergendo dalle tenebre. Poso la metà caduta del biscotto su uno degli scaffali. Tendo bene le orecchie in attesa di qualche possibile rumore. Sono circondata soltantoda silenzio.
Sto per sedermi di nuovo a terra, per riprendere a studiare, ma un altro rumore, questa volta simile ad un ringhio animale, mi fa rizzare i peli delle braccia. Lancio ubo sguardo alle vetrate che mi sono difronte. Questa tregua é durata troppo poco.
Mi muovo in fretta. Prendo il tomo e il piattino, contenente un altro biscotto. Raggiungo in fretta un tavolo. Poso il libro nella borsa e resto il piattino sul tavolo in legno lucido. Mi sfilo di dosso il maglione troppo grande, per paura che mi possa essere d'intralcio in un combattimento, e infilo in bocca l'ultimo biscotto rimasto. Un altro ringhio riecheggia nella biblioteca. Guardo fuori dalle vetrate il bosco che circonda l'Istituto. Le mani mi tremano mentre cerco di infilare tutto le borsa. Nella mia mente immagino un energumero, molto simile ad uno zombie che ad una fata, che sfonda le vetrate e mi sorprenda impegnata a litigare con un maglione che non vuole infilarsi in una borsa.
" Dannazione! "Respiro a fondo, cercando di tranquillizzare i nervi. Sfilo, dal fondo della borsa, i kunai. Infilo l'indice e il medio nel cerchietto di metallo che si trova all'estremità delle armi. Compio una breve rotazione con i polsi, il pollice che accarezza veloce il manico dei coltelli. Mi abbasso e infilo le armi negli anfibi. Un altro ringhio fa tremare le vetrate. Infilo il maglione nella borsa e, nel farlo, mi scontro con un paio di biglie. Le tiro fuori e me le rigiro nel palmo della mano. Lancio un breve sguardo alle vetrate. Prima o poi dovrei provarle.
Mi precipito al pesante portone in legno, mi ci butto contro. Spingo l'anta... ma questa non si apre. Riprovo in preda all'ansia. Sono rimasta chiusa dentro. Mi ci butto contro con la spalla sinistra, ma ancora niente. Mi allontano, la spalla che pulsa per il dolore. Guardo con orrore la porta. Faccio un profondo respiro e chiudo gli occhi.
"Pensa, Clary, pensa", mi dico ripassando i contorni di uno dei due bracciali che ho legati al polso.
"Pensa".
Mi lascio sfuggire un sospiro, ma un altro ringhio mi fa pompare il cuore più velocemente. L'adrenalina mi pompa nelle vene. Una trememda voglia di uccidere mi sta facendo uscire pazza.
" Devo uscire di qui ", penso mentre supero gli enormi scaffali pieni di libri. "Deve pur esserci un'uscita"
Più mi allontano dal portone e più il buio mi circonda. Oltrepasso scaffali pieni di libri e sale lettura, poltroncine che separano scaffali stracolmi di libri. Mi perdo in quel labirinto di scaffali, la testa che inizia a dolere per la troppa tensione. Poi, d'un tratto, alzo gli occhi verso il soffitto. Una fievole lieve luce verde illumina la parete circostante.
"La porta antincendio. Da qui posso andare direttamente fuori dall'edificio", penso stringendo la tracolla della borsa che, per tutto questo tragitto ha sbattuto contro il mio fianco destro. "Devo solo sperare che non ci siano delle guardie di ronda"Mi faccio coraggio e abbasso la sbarra fredda della porta. Mi viene in mente l'episodio della sera precedente, quando con Meghan siamo rimaste chiuse fuori. Siamo dovute entrare nel dormitorio delle ragazze tramite la scala antincendio semiaperta e io ho dovuto fingere di stare al primo piano, questo finché lei non é entrata nella sua stanza. Ieri sera, lei mi ha detto che quasi tutti gli allarmi sono disattivati; forse troppo vecchi per continuare a funzionare. Infatti, quando la porta si apre, nessun allarme risuona nel silenzio notturno. Una lieve brezza mi sfiora i capelli, i quali mi sfiorano il viso. Uscire in canottiera, in una sera autunnale, non é una splendida idea. Spero che non prenda qualcosa. Sospiro è lascio cadere la borsa a terra. Un altro ringhio risuona nella notte. Chiudo la porta dietro di me, usando la borsa come blocca porta. Lancio uno sguardo alla biblioteca: il silenzio regna sovrano im quel luogo.
Il seguente ringhio porta con sé un sapore agrodolce, come di nocciole. Quasi piacevole se non fosse per quel retrogusto di ferro. Corro giù per le scale di metallo. Il rumore dei passi che fanno da eco insieme ai continui ringhi. Il metallo reso scivoloso dalla pioggia di stamattina. A metà scalinata, afferro il corrimano che corre al mio fianco. Mi aggrappo a quell'oggetto umidicio, le nocche delle mani che diventano bianche. Mi slancio oltre il bordo, la gomma delle scarpe che stride sulla superficie di metallo. Lascio andare il corrimano e atterro sull'erba bagnata. Cado in ginocchio, i capelli che mi frustano la pelle del viso e il vento che mi brucia la pelle delle braccia. Lancio uno sguardo al bosco, al suo riflesso argentato che svetta sul fondo scuro del cielo notturno. Gli alberi, le cui poche foglie bagnate riflettono la luce della luna, gettano le loro ombre sul cortile. Ombre aguzze di rami spogli, appariono come tante mani rinsecchite che cercano di afferrare le mie gambe ad ogni folata di vento. A grandi falcate avanzo nel cortile buio. Un ringhio sovrumano echeggia nel silenzio della notte. Il sapore diventa più intenso passo dopo passo. A ogni passo acquisto la sicurezza del mio corpo. I miei sensi si amplificano, restando in allerta e vigili sull'ambiente che mi circonda. Una sete di sangue inarrestabile mi riempie. L'adrenalina aumenta nel mio samgue, come i ringhi che riempiono la notte. Mi attendono un numero indeterminato di fate.
Mi lascio inghiottire dal buio del bosco, quando mi ci introduco. Avanzo e, studiando la penombra che mi circonda, attendo che i miei occhi si abituino alla poca luce che filtra. Un altro ringhio scuote gli alberi ai miei fianchi, ma con la differenza che questa volta non era un eco. Era vicino. Troppo vicino. Un sibilo rimpiazza i ringhi precedenti.
Mi volto e qualcosa si muove sopra la mia testa, come un inteso bagliore argentato reso brillante dalla debole luce della luna. Osservo il riflesso del mio viso su quella superficie lucida. Il riflesso di una bambina impaurita, una bambina cresciuta troppo in fretta. Non faccio in tempo a spostarmi che, un grosso martello da guerra di scaglia su di me.
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THE FALCONER
Fantasy{ ρrιmα sτοrια } Sguardo freddo. Sogni infranti. Lei é l'assassina. La vita di Clarissa é stata, ed é, piena di cambiamenti: genitori e fratello misteriosamente scomparsi, nuove case, nuove città, nuovi crimini e nuove prede. Esatto, nuove prede...