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Blue/Summer

E' il nono giorno di Dicembre e ieri ho ricordato il mio nome. Subito dopo, sono svenuta. Mi sono svegliata nella mia stanza con dei vestiti puliti e asciutti addosso e ho detto a Zoe della mia scoperta. Lei, già informata da Nicholas, che non ho più visto dopo aver perso i sensi, dell'avvenimento, mi ha semplicemente imposto di riposare e così ho fatto, ma adesso vorrei alzarmi e andare a cercare la mia famiglia. Credo siano le tre del pomeriggio. Ho dormito per ore e ho anche letto un libro e qualche rivista. Non riesco più a starmene con le mani in mano. Bussano alla porta.

«Avanti» , urlo.

La superficie in legno si spalanca e io mi sistemo meglio sotto i tre strati di coperte. Nicholas, a testa bassa, entra e, dopo aver richiuso la porta alle sue spalle, si avvicina al mio letto.

«Come stai?» , chiede, continuando a guardarsi le scarpe.

Spero non sia ancora arrabbiato con me. Beh, si è buttato in mare per salvarmi, non può odiarmi eccessivamente.

«Siediti» , gli dico, facendogli spazio sul materasso.

Lui annuisce e si lascia cadere con poca grazia accanto a me.

«Mi detesti?» , domando.

Solleva il capo e inizia a fissarmi con i suoi grandi occhi verdi.

«No, perché dovrei?» , chiede a sua volta, meravigliato.

«Mi sono intromessa nella tua vita» , rispondo.

Si passa una mano sul volto. «Avevi ragione tu. Ho fatto gli auguri a mio padre.»

Sorrido.

«E sono qui per scusarmi con te. Sono stato troppo duro. Mi detesti?»

Mossa da affetto e gratitudine, mi sporgo in avanti e lo abbraccio. Lui, stupito, esita inizialmente, ma poi inizia a stringermi a sua volta.

«Grazie per avermi salvata» , mormoro.

Adagia il capo sulla mia spalla. «Davvero sono tutto per te?»

Sbarro gli occhi e mi solleva il pensiero che, in questo momento, non possa vedere la mia espressione. Mi sento in imbarazzo.

«Certo, lo sei come lo sono gli altri. Siete i miei punti di riferimento» , rispondo dopo qualche minuto di riflessione.

Mi sento incredibilmente in imbarazzo. Devo inventarmi qualcosa.

«Hai una maglietta orribile.»

Si allontana di scatto da me.

«Come, scusa?» , domanda, confuso, inarcando un sopracciglio e inclinando il capo da un lato.

La superficie in legno alle nostre spalle si spalanca. «Nick, dobbiamo andare, Niall ci sta aspettando» , afferma Joe.

«Andare?»

«Non te lo ha detto?» , mi chiede il castano.
«C'è un Jenkins a Portland. Andiamo a fargli qualche domanda.»

Meravigliata, sbarro le palpebre. Hanno già iniziato a fare ricerche.

«Abbiamo chiamato almeno trentasette Jenkins senza ottenere alcun risultato, è la nostra ultima speranza» , si intromette nella discussione il biondo. «Troveremo la tua famiglia, te lo prometto» , aggiunge, baciandomi la fronte ed alzandosi dal letto.

«Tu, intanto, riposa» , sentenzia Joe.

«Ancora?» , domando, stufa.

Ho passato quasi un giorno intero in camera.

DownfallDove le storie prendono vita. Scoprilo ora