So quanto costa per te

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Bucky tornò a casa felice dopo la festa e si chiedeva come era possibile volere così tanto una persona. Conosceva Steve da nove mesi, nove mesi in cui per la maggior parte del tempo le cose erano rimaste in sospeso e poi in una botta sola aveva cominciato a mostrargli interesse. Da quel giorno il biondo si fece sempre più vicino. Quasi ogni mattina lo chiamava con una scusa e poi stavano ore al telefono. Non si stancavano mai, avrebbero potuto restare così per tutto il giorno e quando il pomeriggio si incontravano al ristorante erano sempre insieme.
Quella sera a lavoro, mentre Bucky parlava con Sam, Steve si avvicinò a loro.

- Ehi, scusate se interrompo. Volevo solo dirvi che io e gli altri andremo ad una festa in paese giovedì, vi va di venire con noi? - sorrise. L'invito era esteso ad entrambi ma il biondo aveva lo sguardo puntato sul moro.

- Credo sia una buona idea, almeno passiamo diversamente il nostro  giorno libero - accettò Bucky.

- Verrò se mi assicuri che ci saranno anche gli altri, non vorrei fare la candela - intervenne Sam. I due arrossirono alla velocità della luce e fecero una risata imbarazzata.

- Tranquillo, ci saranno tutti - rispose alla sua battuta ancora rosso in viso e scappò via. Aspettarono finchè non si allontanò abbastanza e Sam dette un pugno sul braccio del moro.

- L'invito era solo per te, stronzo - rise.

- Ma va, ha invitato entrambi - rispose poggiando la mano sul punto in cui aveva ricevuto il pugno.

- Si, ma solo perché sono qui anche io e sono suo amico, altrimenti mi avrebbe chiesto di allontanarmi e poi ti fissava quindi era per te e basta - gli puntò il dito verso il petto e poi gli sorrise. - Sai che è cotto, vero? Te ne sei accorto? - .

- Me ne sono accorto - sorrise.

- Allora? Perché non ci parli e non vedi cosa ha deciso? - gli chiese.

- No Sam, lascia stare. Non ha ancora una risposta definitiva, quando la avrà verrà lui da me - rispose.

- Bucky, non lo farà - cercò lo sguardo dell'amico che lentamente si era posato sul pavimento.

- Vado  a prendere gli ordini, al tavolo due avranno deciso già cosa prendere - e così si diresse ai tavoli. Sapeva bene che il biondo non si sarebbe mai azzardato così tanto. Lo avrebbe tenuto sulle spine e probabilmente era solo gentile con lui. Il moro aveva un sacco di domande perché a volte proprio non capiva il comportamento di Steve. Una volta lo ignorò per tutto il giorno, così senza motivo e lui ci rimase malissimo. Odiava questa parte di lui, un giorno sì e l'altro forse. Era fatto così e parte di lui proprio per questo non si sarebbe spinto oltre quei piccoli gesti.  Inoltre era troppo organizzato ed era sicuro che per adesso lui non faceva parte dei piani di Steve. Bucky pensava sempre al fatto che nonostante tutti quei gesti, le sue parole, lui non era compreso nel programma del biondo, lui non faceva davvero parte di quella vita. Era un pò come un cameo, una comparsa di dieci minuti e basta. Il moro se ne stava fermo, non diceva nulla, non ne voleva neanche parlare di quella situazione perché gli faceva male. Non sapeva nemmeno se il suo comportamento dolce fosse dovuto al fatto che ricambiava qualcosa oppure semplicemente un approfittarsi di un cuore tenero. Bucky voleva chiudere i suoi sentimenti in un baule, gettare il baule nel mare e trattare Steve come una merda perché se lo meritava, o forse no? Non lo sapeva, ma fino al punto di gettare lo scrigno nel mare gli sembrava un'idea magnifica. Eppure con lui non riusciva a fare lo stronzo, non riusciva a toglierselo dalla testa, non riusciva a rispondergli male ogni volta che lo trattava di schifo. Lo odiava perché questo significava che era troppo tardi per chiudere il suo cuore. Gli stava permettendo di fargli del male, dannato Steve.  

Per il resto del tempo, durante il suo turno, si limitò a prendere ordini, portare i piatti e dire "buona cena". Il peso dei suoi pensieri era aumentato così tanto che gli aveva bloccato tutto. Di solito lui era il cameriere felice, quello che saltava da un lato all'altro, quello che si fermava a chiacchierare per poco, quello gentile e disponibile. Non aveva voglia, non riusciva a staccare il cervello dal cuore. Appena terminato il turno, prese le sue cose e andò via senza salutare, senza fermarsi ad aspettare Sam. Si mise in macchina, accese la radio e cominciò a guidare senza meta. Continuava ad alzare il volume, era stanco di sentire cosa gli diceva la voce nella testa e la musica era così alta che avrebbe potuto spaccare i vetri se possibile. Si fermò in un punto isolato, sbatté le mani sul volante con forza e si mise ad urlare. Scoppiò.

 Dopo mesi, buttò fuori tutte quelle emozioni che lo stavano divorando. Si era illuso e Steve si stava prendendo gioco di lui e tutta quella rabbia, quell'amore, lo avevano mangiato vivo. 


Ti Dedico il SilenzioDonde viven las historias. Descúbrelo ahora